Narrativa Varia Umoristica Comica

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Breaking News. Italia del cazzo, 2 Luglio, Anno del Signore 2013 - La riunione plenaria di cardinali e vescovi della Congregazione delle Cause dei santi ha approvato il secondo miracolo attribuito all' intercessione di Giovanni Paolo II. Pertanto il nostro grande ed instancabile viaggiatore, il mitico e sempre presente Papa Wojtyla, sarà dunque confermato e canonizzato santo, con tutta probabilità entro la fine di quest'anno. Il miracolo è stato compiuto dal rappresentante polacco la sera stessa della beatificazione, il Primo maggio 2011. La consulta medica e la commissione dei teologi avevano naturalmente gia' approvato l'evento miracoloso. E' dunque con estrema e vibrante soddisfazione che, in un periodo di cosi vasta e profonda crisi religiosa, economica, finanziaria, morale, sociale, e, perché no, di vocazioni, questa rallegrante e confortante notizia dell'ultima ora giunge come un'inconfutabile e rassicurante conferma divina ad una delle più prodigiose ma al tempo stesso semplici teorie del famoso teologo Carl William Brown, che in una delle sue tante e ormai celeberrime disquisizioni ebbe a confermare, con un seppur celato velo di umile orgoglio, pacata soddisfazione, e moderato mistico ottimismo, che mentre il paradiso è sempre più pieno di santi, la terra purtroppo è sempre più piena di pirla!
Carl William Brown

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Il cibo attraverso i secoli...
... a parte la scontata conclusione che marcisce, ed anche a metterlo nel frigorifero non e' che si mantenga poi tanto bene... passiamo ad una analisi gastronomica della storia del mondo. Pensando al passato remoto ed al presente imperfetto ci sovviene che l'uomo discende dalla scimmia, anche se mi e' francamente difficile pensare cosa ci fosse andato a fare, sopra la scimmia. Questa particolarita', che gli etologi, gli antropologi, i paleontologi, i filosofi e gli alcolisti hanno ampiamente dimostrata e' forse la questione piu' importante da considerare quando si parla di cibo attraverso i secoli. E' praticamente impossibile che a questo punto non venga in mente a tutti la scena di 2001 Odissea nello spazio in cui le scimmie lanciano in aria l'osso spolpato... Per evitare di essere scambiati davvero per alcolisti, proviamo a ricominciare...
"In principio fu la mela..." - Come incipit (certo che questa parola mi piace, eh ? Ma da qualche parte bisogna pure cominciare, come disse quello che si accingeva a trombare Claudia Koll) ci sembra storicamente appropriato, ma abbastanza poco indicato visti gli effetti catastrofici del primo assaggio. La mela e' uno dei cibi piu' disprezzati. Basti pensare che le volgarissime "chiappe" in alcuni luoghi vengono appunto dette "mele". Un proverbio afferma testualmente che un delinquente e' null'altro che una "mela marcia". Inoltre i semini sembra siano abbastanza velenosi se mangiati in grosse quantita' (circa 15-20 chili, non vi preoccupate... Come diceva qualcuno, anche l'acqua puo' essere pericolosa se te ne bevi 50 litri). L'unico elemento a loro discolpa e' che con le mele si produce il sidro, le torte di mele e qualche altra ghiottoneria dello stesso genere. Ma facciamo un salto in avanti nel tempo.
Gli Ebrei attraversano il deserto, ad un certo punto rimangono senza cibo. Ok essere il popolo eletto (da chi, poi ? Uno, o anche un popolo, che si autoelegge ha diritto alla carica ?), pero' certo che andare a farsi un viaggetto di diverse settimane nel deserto e non programmare accuratamente la quantita' di vivande da portarsi dietro piu' che da popolo eletto mi sembra un'azione da bischeri. Fatto sta che il Gran Dio che a tutto pensa ed a tutto provvede (anche a fornire le merendine ai suoi figlioletti piu' distratti), zot, e manda loro La Manna dal cielo (invece di fulminarli subito e risparmiare tanti conflitti successivi). Ora, ancora si discute di che cosa si trattasse esattamente: Potrebbe essersi trattato di Carmelo La Manna, noto ristoratore palermitano, sembra addirittura l'inventore delle "Sarde a pappafico", che avrebbe sfamato gli itineranti ebrei con un pasto a base di specialita' siciliane. Potrebbe anche essersi trattato di un assortimento di cispie agli occhi, che sebbene schifose sembra siano commestibili. Tale teoria ha un supporto linguistico, visto che in vari dialetti meridionali "manna" vuol dire appunto "cispia". Se tale supporto sia vero o falso, non si sa, rimane comunque interessante constatare come cio' darebbe una possibile spiegazione della futura miopia storica degli ebrei (con gli occhi incispiati non avrebbero visto tanto bene nel passato...).
Per la par condicio, ci rechiamo immediatamente nel mondo arabo. E quando si pensa al mondo arabo ed alla sua cucina, una parola viene subito in mente: "Cuscus" (o Couscous o come altro lo volete chiamare). La creazione di tale vivanda risale ad una visita del tenente Lafayette, francese di Francia, ma di stazione presso la Legione Straniera nel deserto algerino, ad un suo amico arabo. In tale occasione infatti, l'amico arabo di Lafayette si trovo' preso di sorpresa, e non avendo particolarmente a cuore l'appetito del francese, invento' e gli cucino' a vapore un piatto con quanto di piu' economico si ritrovasse in casa, cioe' farina di semolino e stufato di montone. Lafayette, che aveva una fame da muflone sardo (mai mangiato in un forte della Legione Straniera ?!? Ah, ecco perche' ridete...), si avvento' sulla pentola quando questa comincio' ad esalare uno stuzzicante profumino, e chiese, con gli occhi umidi dall'emozione (o sara' stata fame pregressa ?!?!), all' amico arabo: "Quoi c'est ce ?" (piccola parentesi: tale domanda sara' anche scritta male e sgrammaticata, ma dovete ricordarvi che Lafayette era una vita che stava nel deserto, ed ormai il francese se l'era quasi scordato, comunque la cosa piu' importante e' quello che capi' il suo amico arabo, visto che la pronuncia e': Cheschesse' ? Piu' o meno, per l'amor di Dio, non vorremmo offendere a morte i puristi...). L'amico arabo era ancora rincoglionito dai bagordi della notte prima (c'era un harem in liquidazione e non si era fatto sfuggire l'occasione di farsi un abbondante giro di prova prima di acquistarlo), e pertanto si lascio' sfuggire il punto interrogativo alla fine della frase, credendo si trattasse di una affermazione. Intimorito dalla fama di grandi gourmet dei francesi, non contraddisse l'amico, limitandosi ad un laconico "Oui...", dando per scontato che "Couscous" (come senti' lui la pronuncia di Lafayette. Si sa infatti, io lo so da poche settimane, cioe' da quando Ammo Stefo l'ha spiegato su ihu, che gli algerini hanno una pronuncia araba piuttosto strana, e di conseguenza recepiscono il francese in modo erratico) fosse il nome della vivanda in francese. Quando Lafayette torno' al forte narro' quanto fosse buono il piatto che gli aveva preparato l'amico, e cosi' inizio un flusso regolare di legionari che andavano a visitare l'amico di Lafayette, per scroccare un piatto di Couscous. L'arabo fece fortuna facendo pagare un prezzo simbolico ai legionari per ogni piattata di cibo, ed in seguito emigro' in Francia, dove introdusse definitivamente tale ricetta nella cultura locale delle banlieu parigine, pullulanti di algerini (si ringrazia Daniel Pennac per l'affitto della parola banlieu e degli algerini. Come dite ? Non l'ha inventata lui ? Non erano suoi ? Ma chi se ne frega...).
Ma andiamo a guardare gli scheletri nel nostro armadio. Gli armadi italiani, come e' arcinotorio, traboccano di spaghetti. Per associazione di idee, i vispi ihuisti (I.H.U. italia.hobby.umorismo) avranno gia' afferrato... Certo, come no, Marco Polo. Il nostro bravo giovanottone veneziano (che da pensionato si dedico' all'industria dell'abbigliamento, sfondando in Scandinavia con la griffe Marc O'Polo) aveva una sola passione: quando si dice il destino in un nome... voleva fare l'esploratore polare, arrivare perlomeno al Polo Nord. Cosi' un bel giorno attrezzo' la sua enorme gondola d'altura e parti' via mare. Attraverso' l'Adriatico, usci' dal Mediterraneo, circumnavigo' l'Africa (incrocio' Cook dalle parti del Capo di Buona Speranza e Cook, grande gastronomo, anche lui il destino in un nome, gli disse che in Cina si mangiava da Dio, anche se la frase originale era: Nel Catai si mangia da Buddha), risali' l'Africa orientale, costeggio' l'Arabia e l'India, giro' attorno al Siam, si riverso' nel Mar della Cina, ma inavvertitamente continuo' il suo viaggio (la gondola aveva un' inerzia mostruosa), e pertanto arrivo' alle Isole Aleutine. Notando che la strada verso il Polo gli era cosi' sbarrata, prosegui' imperterrito (o impermarito ?) lungo la costa pacifica dell'America, risvolto' di nuovo l'angolo presso Capo Horn (mai sentito della fama di gran cornutoni degli argentini e dei cileni che vivono nella Terra del Fuoco ? No ? Neanche io, comunque la toponomastica non e' un' opinione), dove incontro' Magellano e Drake che facevano a botte per stabilire chi fosse stato il primo a passarci (la vecchia tradizione marinaresca del "te meno tanto finche' non mi dai ragione"), continuo' su per l'Atlantico, giro' a sinistra presso Terranova e si inoltro' nella Baia di Hudson. Qui, quando ormai era ad un paio di remate dal Polo Nord, decise che in fondo non gli interessava poi tanto di arrivare al Polo, e poi non voleva privare Spencer Tracy della fama futura che avrebbe raccolto con il suo "Passaggio a Nord-Ovest", visto che poi nel film sarebbe apparso anche lui, e Marco credeva che un tale anacronismo non sarebbe passato inosservato neanche ad Hollywood). Cosi' decise di tornare sui suoi passi (o sulle sue correnti, o remate, o come vi pare). Se proprio doveva scegliere un posto dove fermarsi, beh, allora tanto valeva fare una pausa in Catai, dove si mangiava davvero bene (in fondo Cook godeva di un minimo di credibilita', non per niente poi fondo' una banca, di credito appunto, internazionale che sopravvive fino ai nostri giorni, eh, il buon Thomas... che un pochino si approfittava delle splendide donzelle che venivano a chiedere un prestito, in onore al suo nome proprio, Tommaso, usava accoglierle con un esplicito: Se non tocco, non credito..).
A questo punto occorre fare una digressione. Nel Catai era successa una tragedia: erano scomparsi gli spaghetti. Si', proprio cosi', uno stregone mongolo aveva scavalcato la Grande Muraglia (ovviamente nottetempo) ed aveva fatto scomparire gli spaghetti da tutte le pentole cinesi. Questi erano disperati, non sapevano cosa mangiare, avevano perso il riso (no, non era sparito anche quello, erano semplicemente tristi da morire... di fame). Quando Polo sbarco', volle essere introdotto al regnante cinese perche' credeva di avere la soluzione. Si fece portare una pentola dove erano a bollire gli spaghetti e, miracolo, pesco' una bracciata di spaghetti di soya !!! Lo stregone mongolo infatti non aveva fatto veramente sparire la pasta, ma aveva usato un trucchetto da maghetto di serie B, da prestidigitatore, da Silvan insomma: nello spazio di una sola notte aveva passato in rassegna tutte le case dove si stava cucinando, ed aveva sostituito gli spaghetti "regolari" con spaghetti di soya, che diventano invisibili in acqua dopo soltanto un paio di minuti di cottura. Ecco cosi' che miliardi di mandibole cinesi ripresero alacremente a funzionare. Ed a Polo, quale premio, fu offerto di diventare in vero scopritore degli spaghetti, e primo importatore ufficiale e rappresentante per l'Europa. Dopo un leggero spuntino a base di chop suey ed involtini primavera, il nostro riparti' e torno' a Venezia, dove visse felice e contento fino alla sua dipartita (uno spareggio in due partite, andata e ritorno, tra Mestre e Venezia per la permanenza in serie A).
Altro cibo che grande seguito ha avuto anche nella cucina moderna viene dal lontano e civilizzato Regno Unito che, a dir la verita', nei secoli non e' mai stato cosi' unito come puo' sembrare. Grandi differenze dilaniavano il cuore della grande isola; differenze culturali, religiose e culinarie. Alla grande raffinatezza delle "volpi in salmi'" inglesi (non mi dite che erano lepri, perche' io non ho mai sentito un inglese fare la 'caccia alla lepre'), si contrapponeva la truculente cucina degli high-landers. Tant'e' che nella meta' del XVI secolo, la dolce, acculturata, longeva e vergine Elisabetta I decise di donare una sua personale ricetta ai ribelli scozzesi. Allenata nei gusti succulenti dalla sorellona Maria (di cui pero' non condivideva il trend religioso. Infatti mentre Maria, per le amiche Mary la Cattolica, per le nemiche Bloody Mary (che diede il nome ad un noto cocktail, ma questa e' un'altra storia) era per l'appunto cattolica e perseguitava i protestanti, Litz era Protestante e mandava a morte i cattolici), Elisabettina preparo' un poltiglione sanguinolento che rappresentasse le tradizioni e non solo del suddito popolo suddetto. Il poltiglione era cosi' composto: una pecora, spezie varie, frattaglie scozzesi; nel primo esemplare queste appartenevano alla fuggitiva Maria Stuart (o Stuarda quando lavorava in aereo): i gonnellati pensarono che scozzesi fossero le pecore stesse e continuarono a cucinarlo con tali. Restava solo il dubbio del nome da dargli. Naturalmente doveva essere qualcosa di pratico, nazionale e possibilmente poco costoso. Un simpaticone barese, assaggiato l'intruglio esclamo' "Ma ci ha chiss'? 'St'nghimm'ridd' fasc'n' sckif'!" "What's?" "C'hia Chiss!". Naturalmente i Tartanati erano rozzi e non capirono l'idioma e lo confusero con il vero nome del piatto: l'haggis. Ai nostri tempi, un pronipote di quelli che per primi provarono l'essenza della Scozia, ne hanno ricavato una versione piu' compatta e veloce da preparare ma che conserva l'idea del piatto del tempo che fu. Il signore e' un nobile il cui nome pare essere Donato (o Donald per gli amici, con il prefisso Mac nelle ricorrenze ufficiali).
Ma questa e' storia moderna. (Una coproduzione Peppe Cortese-Andrea-CarloIV)
Ma cos'è un organismo transgenico, una cosa che si mangia? Siiiiì! dicono alcuni. Fossi matto! dicono altri. Io faccio fatica a capire, c'è confusione. Così ho chiesto a un mio amico professore come stanno le cose. Mi ha detto che un transgenico è un organismo ottenuto in laboratorio dagli ingegneri molecolari. Prendono una cellula di canguro, di lumaca o di carciofo, tirano fuori certi pezzi di certe molecole e le sparano in una cellula di patata, di pettirosso o di cinghiale. Poi cercano di farla crescere. Quasi sempre la cellula muore, vorrei vedere voi se vi cangurassero il DNA, anche solo un pochettino.... Però una su mille di queste cellule di pettirosso carciofate sopravvive. Se è sfigata si sviluppa e diventa un esserino. Il risultato è un organismo transgenico. La natura da sola non lo farebbe nemmeno in miliardi di anni. Loro lo fanno in tre mesi. Sono vere e proprie creazioni. Siamo passati dai creatori di moda alla Armani alla moda della creazione alla Monsanto. A volte gli ingegneri molecolari cercano di fare cose che sembrano sensate. Sembrano. Per esempio un riso transgenico con vitamina A, quella che normalmente sta nelle carote e nei pomodori. Ma non è più semplice farsi un bel risotto con le carote o i pomodori, piuttosto che un riso in bianco con la vitamina A incorporata dagli ingegneri? E non ci avrà i suoi buoni motivi il riso per non avere la vitamina A? Il buon motivo degli ingegneri è che mentre gli indonesiani il riso e le carote naturali ce li hanno già, le sementi artificiali del riso vitaminizzato dovrebbero comprarle ogni anno dagli ingegneri statunitensi. Ma poi durerà? Hanno inventato eucalipti transgenici con il legno fatto su misura per le cartiere. Peccato che sono così smidollati che non stanno più in piedi da soli e sono così deboli che se li pappano le formiche. Altro che le cartiere! Insomma se la natura ottimizza un organismo in milioni di anni, siamo sicuri di fare meglio noi in tre mesi? Gli ingegneri potrebbero anche accontentarsi di poco. Dai, un trapiantino di due genietti da una carota a una rapa... non si nega a nessuno. No, loro vogliono strafare. Geni di antigelo di merluzzo nei pomodori, per coltivare i Sanmarzano sull'Adamello. Geni di lucciola nel tabacco, per trovare le sigarette anche al buio. Insomma si sono un po' montati la testa. E se uno di questi scarraffoni gli scappa? Se è un cinghiale cangurato è facile beccarlo. Boing, boing, boing.... Pum! Ma se è un branzino viperato? Chi lo becca più? Chi fa più il bagno? Se è un insettino, un microbino, un'amebuccia con qualche vizzietto nuovo, chi li trova più? Gli ingegneri genetici statunitensi hanno creato un pecora che produce seta. Hanno preso un gene di ragno e lo hanno sparato in una cellula di pecora. Ci credereste? La cellula pecoreccia è sopravvissuta a questo stupro aracnoide. Per sua sfiga è diventata un vera "pecora". Anzi un pecoragno. Fa la lana e la seta. Con una piccola modifica farà anche le uova. Ma la seta pecoreccia non è dove la avrebbe messa un ingegnere figlio di contadini. E' dove la metterebbe un ingegnere figlio di ingegneri: si munge dalle mammelle del pecoragno. Serve all'esercito statunitense per fare giubbotti antiproiettile più leggeri e resistenti. Il filo di seta del ragno ha una resistenza superiore a quella di qualunque filo di qualunque materiale prodotto dall'uomo. Nessuno conosce ancora la resistenza biologica delle pecore arragnate. Non ci sono limiti alla fantasia degli ingegneri. L'unico limite è la sopravvivenza. Solo un esserino sperimentale su mille gli sopravvive. Voi chiamereste ingegneri quelli che su mille case gliene cadono 999? Praticoni, pasticcioni forse li chiamerste. O la va o la spacca. Per questo è più giusto parlare di manipolazioni che non di modificazioni genetiche. Anni fa gli uffici marketing delle multinazionali transgeniche avevano escogitato questa storiella. Da sempre l'uomo crea specie nuove: ha creato il mulo dall'asino e dal cavallo; ha creato le specie dei cani; ha creato le rose; ha creato gli ibridi del mais. Gli ingegneri genetici fanno la stessa cosa che gli antichi agricoltori e gli antichi allevatori. Continuano quest'opera di miglioramento della natura, aiutandola a creare nuove specie dove lei non arriva da sola. Negli ultimi anni è stato anche questo argomento pubblicitario, secondo cui un mulo e un pecoragno sarebbero egualmente naturali o egualmente innaturali, a minare talmente la credibilità delle multinazionali transgeniche che le azioni di molte di loro sono crollate. La Deutsche Bank ha consigliato la sua clientela di disinvestire dal transgenico, rendendono il crollo ancora più pesante. La maggioranza degli europei non ne vuole proprio sapere di cibi transgenici. Ormai a queste aziende la gente non crede più nemmeno quando dicono la verità. Se leggi un giornale britannico ti rendi conto che quei giornalisti hanno spiegato bene ai loro lettori la differenza tra un mulo e un pecoragno e la necessità di diffidare della propaganda commerciale. In Italia invece è l'opposto. Molti dei maggiori giornali conducono una campagna militante a favore dei cibi transgenici. Usano però argomenti che gli stessi pubblicitari delle multinazionali transgeniche hanno abbandonato perchè controproducenti. Qualche tempo fa si poteva leggere su un giornale italiano (i punti esclamativi sono miei): "I nostri alpini durante la ritirata di Russia si nutrirono a malincuore dei carissimi muli, caduti stremati. Era carne transgenica (!), ottenuta artificialmente (!) accoppiando un asino a una cavalla. Il mulo è un animale il cui DNA ibrido è identico (!) a quello che gli scienziati creano in laboratorio tra tanta paura. Nessun alpino soffrì per il cibo transgenico (!), molti ne ebbero salva la vita." (...) "... i cani e i gatti che amiamo, le specie di ovini, bovini e suini che proteggiamo con cura non sono "naturali" (!). Sono ibridi, innestati, selezionati, da antichi ingegneri genetici (!) che si chiamavano contadini e pastori." Ma perchè se compro un giornale inglese mi chiariscono le idee ma se compro un giornale italiano me le confondono? Quando il risultato di un articolo è di fare confusione invece che chiarezza, siamo di fronte a una mutazione, a un giornalismo transgenico. Definire "cibo transgenico" la carne di mulo e "ingegneri genetici" gli antichi contadini e pastori è una tale sciocchezza, che non salverebbe uno scolaro delle medie dalla insufficienza in un compito in classe. Definire non naturali gli ovini e suini ottenuti facendo copulare diverse varietà, non è solo ostentazione di ignoranza. E' anche socialmente pericoloso. Secondo la stessa logica anche il bambino mulatto di un piemontese e di una nigeriana sarebbe non naturale. Capisco che un giornalista non specialista possa avere le idee così confuse sulla biologia e le aziende transgeniche. Ma non capisco chi lo obblighi a scriverci sopra un editoriale. Il giornalista transgenico attribuisce la diffidenza verso i cibi transgenici alla "paura" (tre volte), alla "irrazionalità" (due volte) e alla "fobia". Forse non si rende conto che è proprio la confusione il terreno più favorevole per la irrazionalità. Definisce "innoqui" i cibi transgenici e assicura che questi ridurranno l'uso dei pesticidi e sfameranno il mondo. Ma come fa un giornalista a sapere cose che gli stessi scienziati e le stesse multinazionali transgeniche ammmettono di non sapere? Lo hanno scritto anche in internet: nessuno - nemmeno loro - può ancora accertare se una pianta o un cibo transgenico siano innoqui oppure no. Le due speranze "meno pesticidi" e "più cibi per gli affamati" sono già state smontate da numerosi biologi e agronomi e anche dalla lettera aperta scritta agli inglesi dal loro futuro re, il principe di Galles, sul Daily Mail. Le stesse multinazionali sono ora più prudenti con questi argomenti. Il giornalista transgenico però ha una sicura attenuante che depone per la sua incorruttibilità: la sua teoria della "carne di mulo transgenica". Questa per me è la prova del nove. Se un propagandista delle multinazionali dell'ingegneria genetica scrivesse ancora queste cose nei suoi comunicati stampa, probabilmente verrebbe licenziato in tronco e citato per danni dal suo ex-datore di lavoro. (Beppe Grillo)
GALATEO: POCHE E SEMPLICI REGOLE PER FARVI FARE SEMPRE LA VOSTRA PORCA FIGURA... A TAVOLA
-Non tenere entrambi i gomiti poggiati sul tavolo, perché potrebbe venirvi la tentazione di poggiare la testa sulle mani e, se si perde l'appoggio, potreste finire con la faccia nella minestra.
-Non usare il coltello per lanciare palline di mollica di pane agli altri commensali, usare il cucchiaio, l'effetto catapulta è migliore.
-A fine pasto, se vi esce un graziosissimo rutto, ricordarsi di mettere la mano davanti la bocca.
-Se, dopo essersi puliti i denti con lo stecchino, lo si mastica, non sputare i pezzettini di legno in faccia ai commensali, ma sputarli sul pavimento.
-Usare il bicchiere più grande per gettare acqua sulla sigaretta del commensale che la sta fumando.
-Dopo aver fatto lo sgambetto al cameriere, carico di piatti, è buona creanza chiedergli scusa.
-A tavola non infilarsi le dita nel naso per pulirselo, per questo ci sono i grissini.
-Se lo stomaco risente del cibo ingerito ed i gas intestinali cercano di uscire, fatela in un sacchetto, eliminerà molto del cattivo odore.
-Se al tavolo, i vostri vicini di posto, invadono parte del vostro, è buona regola dare loro una gomitata nelle costole, si sposteranno gentilmente.
-Usare la forchetta grande per infilzare le mani dei vostri commensali, quando cercheranno di prendere l'ultimo pezzo di pietanza, rimasto sul piatto di portata.
-Quando, cercando di infilarla con la forchetta, una oliva sfugge e si infila nella scollatura di qualche signora, pulirsi bene le mani con il tovagliolo, prima di recuperarla.
A volte, le donne fanno e/o dicono cose che mi fanno imbestialire. Le amo, le adoro, e tutte queste belle cose, ma questo non cancella la terribile verità: fanno cose per le quali le impalerei. La peggiore, in assoluto: quando ordini qualcosa in un locale (ristorante, pub, bar, ovunque), magari il dolce piu' buono del mondo, le chiedi se anche lei prende qualcosa ... e la risposta è sempre, o quasi, la solita: "No, semmai ne assaggio un po' del tuo". Ma cristo santo! Cazzo! Ma perchè? Voglio dire, è il dolce piu' buono del mondo, ho mangiato per un'ora pensando a questo momento, immaginando il sapore del dolce sulla mia lingua ... quei dolci buonissimi e piccoli, minuscoli, che si perdono in grandi piatti da nouvelle couisine. Ne hai cinque forchettate ben messe, o una decina, se le fai piccole per far durare piu' a lungo quel piacere. Già non ti basta la tua porzione ... e devi dargliene un po' a lei. Cazzo! Io non glielo voglio negare. Ma dico: porca troia, prendine una porzione e avanzala. Avanzala, non fa niente, butto via dei soldi ma almeno mi godo questo sottile piacere della vita. Macché ... lo mangi vivendotelo male. Malissimo. Perchè non sai quando attaccherà. E, come in tutti i dolci che si rispettano, c'è una parte buona e una meno buona. La logica, se tu fossi tranquillo a casa tua senza rompicoglioni appostati come avvoltoi, ti direbbe di mangiare prima la parte meno buona (per esempio la crosta se è una crostata) e poi goderti la migliore in poche ma favolose forchettate, in un piacere così totale che cancella per un minuto tutti gli orgasmi che hai avuto. Ma qui non puoi. Qui c'è l'incognita: lei. Bastardissima creatura senza cuore che fa finta di niente, ma ricorda tutto. Se la conosci da tempo, se siete già alle scoregge mentre siete soli, allora mangi tutto in velocità (ma comunque il piacere è inquinato da questa fretta) e alla fine la guardi desolato e triste dicendole: "Cazzo, scusami, l'ho mangiato tutto e me ne sono scordato ... ne ordino un altro ...". Ti odierà. Cazzo, se ti odierà. Ma non dirà nulla e balbetterà un "Fa niente..." ingoiando un po' di bile. Ma se la confidenza è ancora a un livello basso non puoi. Cazzo, loro controllano tutte queste piccolezze. Noi uomini giudichiamo le donne per certi aspetti piu' profondi e complessi (le tette, il culo, fa i pompini, è troppo figa, e aperta dietro ...), ma loro no; loro osservano i dettagli e mica puoi scazzare su questo qui. E allora mangi questo dolce preso dal panico. Devi mangiarlo alla cazzo di cane. Non puoi mica partire dalla crosta ... Di solito, per uscire da questa situazione le ricordi il fattaccio. "Prendine pure un po'...", porgendole il piatto. Se ti va bene, ti prende i due pezzi migliori, ma almeno l'agonia è finita. Mangerai quello che ti rimane in tranquillità. Se ti va male, ti risponderà la seconda frase peggiore dopo "Ne assaggio un po' del tuo": "No, avanzamene un pò". Un pò?! Cazzo è "un pò"? Quantificami "un pò". Quanto le avanzo, e che cazzo le avanzo? Mica le posso dare la crosta. No, porca merda schifosa, la crosta me la mangerò io, e a lei dovrò dare la parte buona, per giunta un bel pezzetto, mica posso fare la figura del pidocchioso del cazzo. La terza versione vede lei che all'improvviso, come un felino, fa volare la sua forchetta (o il cucchiaio, dipende dal dolce) nel tuo piatto, portandosi via un bel pezzo, magari quello che avevi evitato di mangiare per gustarlo alla fine. E continua tranquilla e beata in questa sua tortura, afferrando ogni pochi istanti un altro dei pezzi migliori, fino a mangiarteli tutti. Tutti i tuoi pezzi migliori. Mi fa incazzare. Ho sognato quel dolce. Sono venuto in questo locale proprio per quel dolce. Io me lo sono ordinato e lo pagherò io. Tu non l'hai voluto. Cazzo, potevi prenderlo e non l'hai voluto. E ti sei mangiata il mio, brutta puttana.
Alcuni esempi.
- Compri un cornetto Algida all'amarena. Quello che nella foto ha una pianta di amarene infilata in una nuvola morbida di gelato cremoso e quando lo apri e togli il coperchietto di cartone ha un gelato di granito e una mezza amarena affogata in un suo stesso sputo. L'hai comprato in funzione di due cose soltanto: l'amarena merdosa in punta e il pimpirillino finale del cornetto, nel quale c'è quel milligrammo di cioccolato duro e squisito. Lei (o anche un tuo amico che però potrai - almeno - mandare affanculo) mangerà quelle due cose.
- Apri un saccottino del mulino bianco. Nella foto sulla confezione c'è questo saccottino aperto dal quale cola circa mezzo chilo di marmellata. Non è stato aperto, pensi, si è spezzato in due dalla pressione lavica della marmellata. Dentro c'è una fototessara di marmellata. Un c'era una volta della marmellata. Il suo ricordo. Devi mangiare il saccottino da tutti e quattro i suoi lati, un pezzo alla volta, impastandoti la bocca e immaginando l'ultimo centimetro nel quale ti aspetta una pellicola di marmellata che ti si scioglierà tra le labbra e quando finalmente ci arrivi, quando hai quel dannato francobollo tra le dita, arriva lei e se lo mangia.
- L'ultimo boccone. Vale per tutte le cose. Mangi con relativa velocità dividendo mentalmente tutti i bocconi che sono a tua disposizione, godendoteli con un leggero anticipo. Ogni morso di panino, ogni forchettata di pasta, ogni pezzetto di bistecca preannuncia quello che seguirà. Ma al penultimo boccone lei ti mangerà l'ultimo, lasciandoti totalmente spiazzato, come in un coito interrotto. (copyright 2001/2003 Matteo Avallone)
Arkansas, terra di duri. Stone City, paese di duri. Qui vive Johnny detto il Duro: non ha paura di nulla! Lui e’ un vero duro! Vicino al paese c’e’ una foresta e al centro una vecchia capanna dove nessuno ha mai avuto il coraggio di entrare. Si narrano cose truci su di essa che quindi viene ignorata dagli abitanti del paese. Ma Johnny il Duro ha deciso che non esiste nulla che gli faccia paura e un giorno decide di inoltrarsi nella foresta e di entrare nella capanna. Attraversa la foresta che diviene sempre piu’ tetra e buia man mano che ci sia avvicina alla capanna. Anche l’odore di verde che si riscontra nel resto della foresta diviene sempre piu’ cattivo fino a diventare una puzza attorno alla capanna. Ma Johnny il Duro non ha paura di nulla e si avvicina alla capanna. All’ingresso un cartello minaccioso: VIETATO ENTRARE. Johnny ovviamente entra e si ritrova in un ambiente umido, sporco, freddo e maleodorante. Sul pavimento una botola con un cartello: VIETATO ENTRARE. Johnny il Duro si dice fra se’ e se’: "Io sono un duro. Nulla mi puo’ fermare". Solleva la botola ed entra. Il buio e’ piu’ fitto, la puzza piu’ forte: si intravede solo una scala a chiocciola che scende nel buio piu’ profondo. Johnny incomincia a scendere centinaia di gradini nell’oscurita’ quasi completa e con la puzza che si fa sempre piu’ forte. Ogni tanto si sentono sinistri scricchiolii, ma Johnny continua a scendere. Finalmente arriva ad un pianerottolo dove trova un’unica porta. Su di essa una scritta: ‘E’ ASSOLUTAMENTE VIETATO SUPERARE QUESTA PORTA’. Johnny il Duro pero’ non si fa impressionare e la apre; al di la’ di essa un’altra scala piu’ ripida scende ancora piu’ in basso: il buio e’ molto fitto e non si vede il fondo della scala, ma il puzzo e’ ancora piu’ forte, a mala pena sopportabile. Johnny il Duro decide di proseguire. Scende centinaia di scalini: la puzza si fa sempre piu’ forte e un cupo e minaccioso brontolio sale dalle viscere della terra. La paura si fa sempre piu’ forte, ma Johnny non demorde: deve dimostrare di essere un vero duro! Finalmente arriva ad un pianerottolo con una seconda porta. La solita scritta minacciosa: ‘LASCIATE OGNI SPERANZA O VOI CHE ENTRATE’. Decisione difficile per Johhny il Duro, ma alla fine decide che essendo arrivato fino a li’ non si puo’ che proseguire. Apre la porta e intravede un’altra scala. Il buio e’ sempre piu’ fitto, la puzza insopportabile, il brontolio piu’ minaccioso. Comincia a scendere le scale; gli scalini sempre piu’ ripidi e coperti di una sostanza viscida e maleodorante, il brontolio piu’ minaccioso. Ma Johnny, che e’ un vero duro, riesce ad arrivare al fondo. Qui trova un nuovo cartello sull’ennesima porta: ‘VIETATISSIMO ENTRARE’ e subito sotto un’altra scritta: ‘PERICOLOSISSIMO PRONUNCIARE "FACCIA DI MERDA". Johnny il Duro comincia ad essere preoccupato, ma la sua e’ una sfida e lui e’ un duro ... e quindi supera la porta e cosa trova? Un’altra scala che scende nel buio piu’ profondo per centinaia di metri, il tutto avvolto in una puzza indescrivibile. Allora si fa coraggio e siccome lui e’ un duro grida, con quanta forza ha in gola: ‘FACCIAAAA DI MERDAAAAA!!!!’. L’urlo si propaga nelle viscere della terra e quando sembra scomparire nelle profondita’ si ode un boato spaventoso. Nella quasi totale oscurita’ nel fondo del pozzo si intravede un essere mostruoso, viscido, gelatinoso, fornito di innumerevoli tentacoli, avvolto da una sinistra luce verdastra e quel che e’ peggio sembra veramente incazzato (insomma assomiglia molto ad Alien 19). Sta salendo velocemente le scale sprigionando rumori raccapriccianti e avvolto da una puzza assolutamente disgustosa. Johnny il Duro ... se la fa addosso e comincia a scappare a rotta di collo. Sale le scale facendo i gradini a 3 a 3, ma il mostro e’ sempre piu’ veloce e si avvicina sempre piu’. Johnny e’ disperato, ma raccoglie tutte le sue forze e si lancia ancora piu’ veloce su per le scale. Supera la terza e la seconda porta... oramai il mostro (che e’ divenuto nel frattempo sempre piu’ mostruoso e immondo, cioe’ e’ diventato Alien 19.1 e poi 19.2) gli e’ alle calcagna e lo sta per ghermire. Con un supremo sforzo Johnny aumenta la velocita’ salendo gli ultimi gradini a 4 a 4, ma proprio mentre sta per arrivare alla superficie, scivola su uno degli ultimi gradini e il mostro si avventa su di lui gridandogli: ‘FACCIA DI MERDA SARAI TU!!!!’
 

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