| ELENA  TRA MITO E TRAGEDIA di
			Rosaria Sicignano 
			Albalibri Editore Collana:
			L'Universo Dei Saggi Sicuramente Elena è un libro che
			rapisce, per il suo stile scorrevole, per le sue anotazioni
			sapientemente raccolte dai più importanti autori che trattano
			dell'argomento. Un lavoro da certosini che ha richiesto anni di
			preparazione e che riserva nuove piacevoli scoperte anche al più
			erudito dei lettori. 
 Çlirim Muça
 
 Premessa
 
 Personaggio singolare, sempre oscillante tra passione e rimorso,
			Elena attraversa la storia segnata dal marchio ambiguo della
			fatalità. Vittima o colpevole che sia è lei, essenza della
			femminilità, il prototipo della donna bella e "maledetta", divina
			nell'aspetto ma scandalosa nella condotta e causa di rovine, di
			lutti, di pianto. Nell'immaginario collettivo, modellatosi sull'auctoritas
			di Omero, Elena è l'origine della guerra di Troia, guerra per
			antonomasia, e la seduttrice la cui fama le vale un posto tra i
			lussuriosi nell'Inferno dantesco ; in realtà le tante varianti del
			suo mito suggeriscono un ritratto a più facce che dimostra come ella
			sia stata, per i Greci, qualcosa di più di una donna leggera della
			quale scrivere con la massima esaltazione o con altrettanta
			brutalità! Nel corso dei secoli la sua leggenda è stata oggetto di
			aggiunte, di assottigliamenti, di revisioni così radicali da
			produrre, accanto al già complesso racconto primitivo, innumerevoli
			altre versioni: da quella laconica, che perpetuava il ricordo della
			"divinità" di Elena, a quella omerica/ionica, cui per l'autorità di
			Omero ameranno affiancarsi molti poeti successivi, fino ad arrivare,
			attraverso la rivisitazione del mito da parte dei grandi
			tragediografi dell'antichità, alle interpretazioni letterarie,
			teatrali e cinematografiche del nostro tempo. Per gli antichi era
			naturale ritornare periodicamente sui propri miti; essi
			rappresentavano il patrimonio religioso e culturale dell'intero
			popolo e per tanti aspetti erano anche la sua storia, la storia dei
			suoi avi e delle sue divinità. Di miti erano intessute l'epopea (che
			se ne impadronì per il diletto dei suoi ascoltatori), la lirica
			corale (in cui il mito acquistò un significato in rapporto al
			vincitore celebrato e al paradigma da proporre), la tragedia (che
			attinse al mito per riflettere sui grandi temi della condizione
			umana, sollevando su di essi il dubbio), l'arte in tutte le sue più
			disparate manifestazioni… Tuttora il ricorso al mito è continuo e
			sistematico, ma non avviene più con lo stesso animo né mai per gli
			stessi motivi, assumendo aspetti e significati diversi secondo le
			esigenze dei tempi. Dunque, una donna sconvolge il mondo solo con la
			sua bellezza…e se Elena non fosse mai esistita o non fosse mai stata
			a Troia? E se il mito fosse solo un modo per oscurare un'altra
			realtà? O altre realtà?
 
 ELENA Note Conclusive: fortuna di
	una "donna".
 Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre. Sallustio Degli Dèi e del
	Mondo
 
 Il mito di Elena ha avuto una risonanza grandissima fin dall'antichità,
	nella letteratura come nelle arti figurative. Nell'iconografia antica le
	rappresentazioni riguardanti il suo mito si riferiscono soprattutto al
	rapimento da parte di Teseo, all'incontro e al rapimento da parte di Paride,
	al confronto con Menelao che la minaccia e che, in alcune raffigurazioni,
	lascia cadere la spada incantato dal suo fascino. Col passare del tempo
	diventa centrale il rapimento da parte di Paride. Questa scena si ritrova
	già, in riferimento al "Ronian de Troie" (1165) di Benedetto di St. Maure,
	in un pavimento a mosaico del tardo XII secolo nel Duomo di Pesaro, e sarà
	ripreso spesso, a partire dal primo Rinascimento italiano, da pittori come
	Antonio Vivarini, Benozzo Gozzoli, Fra' Angelico o Liberale da Verona. Altre
	rappresentazioni sul mito di Elena si ritrovano, tra il Manierismo e il
	Rococò, negli affreschi di Giulio Romano o nei dipinti di Tintoretto, Guido
	Reni e Luca Giordano. Elena e Paride sono celebrati come coppia di amanti in
	un celebre quadro di David del 1788, mentre Antonio Canova, nel 1811, creò
	per la spartana uno splendido busto in marmo. Nei pittori simbolisti, per
	esempio in Burne-Jones e in Moreau, Elena si presenta sola, unica
	depositaria di un destino tragico.
 Per quanto riguarda la letteratura, la figura di Elena assume quasi sempre
	tinte fosche e negative. Da Virgilio (Eneide, 11,577-587) è descritta come
	una traditrice che contribuì all'invasione di Troia da parte dei Greci e,
	non diversamente, Orazio (Odi, 111,18-36) ricorda come Giunone si lamentasse
	della cattiva scelta di Paride e della colpevolezza di Elena nella caduta di
	Troia. Nella letteratura medievale, influenzata da quella latina, la.
	Tindaride diventa il simbolo di quella smania che la forza sovrana e
	indifferente della natura suscita negli uomini per rovinarli e la sua figura
	viene nuovamente riabilitata solo con la letteratura rinascimentale. Nel
	dramma in versi, del 1604, "The tragical history of doctor Faust"
	dell'inglese Christopher Marlowe, l'Elena evocata dal protagonista diventa
	simbolo del risorgere della bellezza antica e della poesia, godimenti di
	ordine superiore ai quali aspira ansiosamente il dannato, ormai stanco di
	godimenti materiali. Anche nel "Faust II" di J.W. Von Goethe (1832), Elena è
	la bellezza assoluta cui si sacrificano addirittura l'anima e la salvezza.
	Durante il Decadentismo e il Simbolismo, ella è presentata come
	personificazione della bellezza fatale (per esempio in una poesia del 1831
	di Edgar Allan Poe), come eterna meretrice (in Oscar Wilde, 1879) o come
	prostituta perversa (Gabriele D'Annunzio, 1893). Nello stesso periodo
	vengono sottolineati, però, anche aspetti positivi: per De Vigny (1822)
	Elena era il simbolo della civiltà greca, per Leconte de Lisle (1852) una
	vittima della seduzione di Paride, per Verhaeren (1909) una martire dei
	propri desideri che ne "La guerre de Troie n'aura pas lieu" (1935) di J.
	Giraudoux resta impotente davanti alla propria natura. Più tardi ricompare
	il motivo della presenza apparente a Troia e di quella reale in Egitto (per
	esempio in una poesia del 1961 di Doolittle) e varianti del mito si
	affacciano in numerosi componimenti di poeti greci contemporanei: Seferis,
	Ritsos, Kazantzakis, Skipis... Il premio Nobel per la letteratura Jorgos
	Seferis (1900-1971) ha riletto la "favola" di Elena alla luce degli
	avvenimenti politici del secondo dopoguerra: «un grande dolore si era
	abbattuto sulla Grecia: tante vite furono ingoiate in pura perdita per una
	tunica vuota, per un'Elena! » Quello del doppio è un tema molto sfruttato
	nella letteratura mondiale di ogni tempo e dopo aver avuto un ruolo primario
	nell'Elena euripidea si è imposto con grande successo nei secoli successivi
	fino ai nostri giorni; spesso legato al genere fantastico ("Gli elisir del
	diavolo" di Hoffmann; "William Nelson" di Edgar Allan Poe; "Il sosia" di
	Dostoevskij... ), o a quello parodico ("Despair" di Nabokov), o a quello
	allegorico ("Petrolio" di Pasolini), esso ha ottenuto i suoi più brillanti
	risultati soprattutto nella commedia (da Plauto a Moliere e persino a Totò).
	L'enorme tradizione letteraria, religiosa e folklorica del doppio, insieme
	ai motivi affini dello specchio e dell'ombra, è stata oggetto degli studi di
	Freud ("Il perturbante") e del suo allievo Otto Rank, che aveva spiegato il
	fenomeno in termini di narcisismo e di paura della morte. Jung interpretava
	la figura di Elena come una figura dell'archetipo dell'Anima, uno stadio
	della cultura dell'eros: mentre Eva è la terra, il puramente biologico,
	Elena è l'eros ancora prevalentemente estetico, con caratteri romantici; è
	l'incarnazione del femminile su cui è proiettata l'immagine dell'amore da
	parte dell'uomo. Ogni uomo che Elena ha incontrato nella sua vita, ha visto
	nella sua bellezza solo il riflesso della propria anima ed è questo che la
	condanna da una parte ad essere il simbolo del tradimento e dall'altra
	l'oggetto d'amore irraggiungibile proprio perché idealizzato. Ma Elena, che
	nell'immaginario occidentale resterà sempre paradigma di bellezza magnetica
	(dal "Faust" di Goethe all'operetta di Offenbach) paradossalmente maledirà
	il proprio aspetto fisico essendo esso fonte di tutti i suoi mali. Lo stesso
	motivo ritornerà nel poemetto "Elena" composto da Ghiannis Ritsos, uno dei
	maggiori poeti greci contemporanei scomparso nel 1991; qui la Tindaride
	appare vecchissima, sola e malandata, e monologa su come sia «tutto senza
	senso, senza scopo, né durata, né sostanza - ricchezze, guerre, gloria e
	invidie, gioielli e la mia stessa bellezza». La confessione di Elena si
	dispiega con un libero flusso di coscienza davanti ad un visitatore anonimo
	che rimane muto: i pensieri, le emozioni e i ricordi del tempo che fu si
	susseguono in maniera disordinata e libera. La sua Elena si distacca
	notevolmente dai vari modelli: è una dorma sempre dominante ma anche
	attuale, una donna di oggi che sta valutando con straordinaria lucidità la
	propria esistenza. Ritsos segue si le tracce della Elena mitica, ma ci
	presenta una donna "diversa", consumata e turbata dai ricordi, in una
	scenografia di totale degrado. In pratica egli compone il canto del cigno di
	Elena, la sua definitiva uscita di scena!
 Nonostante i tributi dell'arte,
	della letteratura e del cinema, è nel teatro che il mito di Elena ha trovato
	sin dall'inizio il terreno più fertile e naturale per esprimersi in tutta la
	sua grandezza; e se con Euripide nasce quella torva moralità matrimoniale su
	cui si articolerà poi tutto il melodramma, l'inaugurale colpa adulterina di
	Elena, così sproporzionata rispetto alle conseguenze, continuerà a colpire
	fino a Debussy ("Pellàs et Mélisande") e Hofmannsthal ("Die Frau ohne
	Schatten"). In particolare Hoftmannsthal, il cui libretto fu musicato da
	Richard Strauss'°', arriverà a dipingere la storia di Elena attraverso un
	brillante gioco barocco tra sogno e realtà. Trionfo dell'intelligenza e
	trionfo dell'amore sfociano nell'esaltazione del quartetto e del concertato
	con cui Mozart e Rossini hanno rappresentato l'estasi della coppia
	ricongiunta (discendenti diretti del noto duetto euripideo). Con lo sviluppo
	dell'opera lirica molti testi "classici" furono musicati innumerevoli volte,
	con una particolare attenzione per le storie di donne infelici e
	perseguitate. Nel tardo Ottocento l'opera francese trattò il mito nella
	brillante operetta parodica di Offenbach "La belle Hélène" (1864) e in "Les
	Troyens" di Hector Berlioz (di cui si è avuta una recente edizione alla
	Scala di Milano). Della fine dell'Ottocento sono l' "Hélène" di Ernest
	Chausson e quella dallo stesso titolo di Saint-Saéns (1906). Tra i vari
	rifacimenti diretti della singolare tragedia euripidea vanno ricordate l'
	"Elena casta" di Pier Jacopo Martello, amplificazione neoclassica in cui
	l'idolo compare in scena, la "Menelaiade" di John Barth, riscrittura post
	moderna tutta incentrata sui paradossi della comunicazione e la
	rappresentazione, su traduzione di Caterina Barone, di Marco Sciaccalunga
	che ha accentuato lo spunto narrativo offerto dal testo euripideo per
	sviluppare la trama drammatica in chiave grottesca e sul filo del paradosso.Ancora oggi, di fronte a qualsiasi ragionamento su Elena e a qualsiasi sua
	rappresentazione antica o moderna, continuiamo a restare affascinati dalla
	sua bellezza e coinvolti nella sua "storia". La sua bellezza ha resistito ad
	ogni maldicenza e ad ogni moralistica riabilitazione, a decine di
	riproposizioni romanzesche, drammatiche e cinematografiche ...(forse perché
	per molti la vera Elena è una specie di indistinta fonte di luce e di
	emozione...) La sua storia non si è mai conclusa, ci sarà sempre un'altra
	versione da scrivere..........
 
 Tra i film sono da ricordare "La caduta di Troia" di G. Pastrone del 1911, "Helen
	of Troy" di R. Wise del 1955, "La guerra di Troia" di Ferroni del 1961.
	deludenti le ultime pellicole hollywoodiane: "Elena di Troia" di John Kent
	Harrison del 2003 e "Troy" di Wolfgang Petersen del 2004.
 
 
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