LIBERO FORUM SULLA STUPIDITA'

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UTILE PREMESSA

At the University RKansas (URK!), we're proud to be helping politicians and social policy makers reach their goal: 100% stupidity, with zero tolerance for reason !!

No longer will our peerless leaders have to labor under any burden of vestigial rationality; no longer will they merely waste your tax money; with the help of the URK's Artificial Stupidity Labs' improved methods of misinformation, psychological manipulation and physical control, they will now be able to use your taxes to create an atmosphere of dishonesty, injustice and intolerance, superior to, and slightly more efficient than, that which caused the "RED MENACE" to sink under it's own weight! [1].

The recently declassified results of our Pilot Project indicate a smashing success, despite public apathy and ignorance[2]: in the past ten years, the number of U.S. citizens incarcerated in State and Federal prisons has doubled to become the highest per-capita rate of any country in the world[3], and the crime rate has not gone down at all[4]! We should therefore be able to continue the causative policies until everyone is safely behind bars or murdered, including YOU, dear reader!

The Artificial Stupidity Labs of the University of RKansas

As ye olde English folksong sez:"Just as every cop is a criminal,  and all the sinners saints,  as heads is tails just call me Lucifer,  'cause I'm in need of some restraint"

SULLA STUPIDITA' DELLE ISTITUZIONI (Politiche ed accademiche) William Hazlitt 

Le istituzioni sono più corrotte e più guaste degli individui, perché hanno più potere per fare del male, e sono meno esposte al disonore e alla punizione. Non provano né vergogna, né rimorso, né gratitudine, e neanche benevolenza. La coscienza individuale o naturale del singolo componente viene soffocata (non possiamo avere un principio morale nel cuore degli altri), e non si pensa ad altro che a dirigere meglio lo sforzo comune (liberato da scrupoli inutili) per ottenere vantaggi politici e privilegi, da spartirsi poi come bottino. Ciascun membro raccoglie il profitto, e rovescia la colpa, se c'è, sugli altri......Se uno dei membri solleva un'eccezione del genere opponendosi al gruppo, viene subito zittito, si fa il sangue cattivo, e non conclude niente: viene considerato un intruso, una pecora nera nel gregge, e lo cacciano via, oppure lo obbligano a sottostare alle convinzioni e ai desideri di coloro ai quali si è associato e che si aspettano la sua cooperazione. Le sottigliezze del giudizio individuale sono assegnate a una commissione, che le vanifica, mentre i progetti e gli interessi dell'istituzione trovano un segreto, ma potente appoggio nell'amor proprio dei diversi membri. Rimostranze e opposizioni non danno frutti, sono fastidiose, irritanti. Non portano a nulla. Conformarsi al modo di vedere della compagnia è necessario tanto per continuare a essere considerati socievoli, quanto per avere una vita tranquilla......Così restringe la vaga e insignificante qualifica di Uomo nel più enfatico titolo di Cittadino onorario e Assessore Comunale. Sente che gli obblighi verso l'umanità indefinita si allentano sempre più, man mano che si lega più strettamente ai nuovi impegni. A mano a mano perde di vista senso e sentimenti comuni, immerso com'è tra litigi, intrighi, beghe e arie: meschinità che ormai lo coinvolgono intimamente e a cui attribuisce enorme importanza. E' diventato un altro. "La società gli deve veramente molto per quest'ultimo affare"; cioè, per qualche squallido inghippo, qualche manovra sottobanco per usurpare i diritti del prossimo, o per calpestarne le ragioni. Nel frattempo mangiano, bevono e gozzovigliano insieme. Affogano nei boccali di una pinta tutte le piccole animosità e le inevitabili differenze d'opinione. Le lagnaze della moltitudine si perdono tra il rumore delle stoviglie e i "lunga vita al re!", sbraitati alle riunioni trimestrali, o ai pranzi offerti dal sindaco.........
Da queste piccole debolezze, e dai «risvegli di coscienza», i membri sono efficacemente protetti dalle regole e dai regolamenti della loro società e dallo spirito che la domina. L' individuo è la creatura di tutti propri sentimenti, il gingillo dei propri vizi e dell proprie virtù. E' rivestito di un abito multicolore come il buffone in Shakespeare, ma le istituzioni son rivestite di una uniforme morale: non hanno senti menti complessi, la debolezza è trasformata in sistema, «le malattie diventano merce». Del naturale e genuino impulso personale viene ammesso soltanto quel tanto che è comprensibile alla coscienza collettiva dei membri, o che risulta utile agli interessi (veri o presunti), all'importanza, alla rispettabilità e ai fini dichiarati della società. Oltre questo confine l'energia è bloccata, la coscienza disseccata, e tutta questa massa inerte è come una torpedine che paralizza i migliori sentimenti e indurisce il cuore. Si dice che il riso e le lacrime siano i segni caratteristici dell'umanità. Il riso è abbastanza comune nelle alte sfere perché dà risalto per contrasto alla recita dell'austerità, ma chi ha mai visto un'istituzione pubblica in lacrime? Sol un affare o qualche furfanteria può tenerli seri per più di dieci minuti consecutivi.

Queste sono le qualifiche e il tirocinio necessari a un uomo per essere tollerato in un'istituzione, dove però è ammesso come una semplice unità numerica, conta zero. Per essere un capo o un dittatore deve essere diplomatico nella sfacciataggine e delicato nel lavoro più sporco. Non deve semplicemente conformarsi ai pregiudizi correnti, deve anche adularli. Non deve solo essere insensibile alle richieste di moderazione e di equita, deve gridare forte contro di esse. Non soltanto deve lasciarsi coinvolgere nel complotti
e negli intrighi più spregevoli, dev'essere anche infaticabile nel fomentarli e nel seminare zizzania. Non solo deve ripetere le menzogne, ma inventarle. Fare discorsi e scrivere programmi, dedicarsi ai desideri e agli scopi della società, esserne la creatura, lo sciacallo, il ficcanaso, il portavoce, il suggeritore. Deve essere pratico di processi, di rinvii, di privilegi, di tradizioni, di luoghi comuni, di logica e retorica, di tutto, fuorché di buon senso e di onestà. Deve (come dice Burke) «vuotarsi delle sue viscere naturali e riempirsi di miserabili, sudici fogli di pergamena riguardanti i diritti» di pochi privilegiati. - Dev'essere un'essenza concentrata, un rappresentante ben truccato e incipriato dei vizi, delle assurdità, dell'ipocrisia, della gelosia, dell'orgoglio e della presunzione del suo partito. Un individuo del genere, a forza di intrigare, darsi importanza e distribuire lodi sperticate, adulando i presenti, e denigrando gli assenti, prestandosi alle debolezze di alcuni, e incoraggiando le cattive inclinazioni di altri, ìn una società ristretta passerà per un grand'uomo. l'età non migliora la moralità delle pubbliche istituzioni. Si attaccano sempre più tenacemente ai loro piccoli privilegi, e alla loro insensata credenza di essere importanti. L'ostinazione aumenta di pari passo con l'indebolimento.........Lo scopo inevitabile di tutte le istituzioni culturali non è di diventare sapienti, o di insegnare la sapienza ad altri, ma d'impedire a chiunque altro di diventare o sembrare più sapiente di loro. In altre parole, la loro infallibile tendenza è, in fondo, di soffocare le indagini ed oscurare il sapere, mettendo dei limiti alla mente dell'uomo, e dicendo al suo fiero spirito: "Fin qui arriverai, e non oltre!"
Sarebbe un esperimento istruttivo pubblicare la lista dei lavori pubblicati nel corso dell'anno dai membri delle università. C'è da fare qualche tentativo per abborracciare un sistema sbilenco in campo legislativo e politico, o circa il governo della Chiesa? Ci pensa un membro dell'università. Bisogna compiere una riflessione su qualche argomento da lungo tempo esaurito «incuranti della
vergogna, e dell'error della ragione»? Ci pensa un membro dell'università. Viene annunciato un progetto per conservare gli antichi pregiudizi adattandoli per opportunismo a usanze moderne? JA progetto è di un membro dell'università. Così ogni anno ci arriva una fornitura fissa di Rimedi contro il calo dei titoli obbligazionari, Pensieri sui mali dell'educazione, Trattati sulla predestinazíone, ed Elogi di Malthus, tutti da un'unica fonte, e tutti dello stesso tenore. Se venissero da qualsiasi altra parte nessuno li degnerebbe di uno sguardo, ma hanno l'Imprimatur della noia e dell'autorità: sappiamo che sono innocui, e così vengono esposti nelle vetrine dei librai e letti (nell'intervallo tra un'opera di Byron e un romanzo scozzese) nelle città sedi di vescovadi e nei borghi vicini!

Suppongo e so che nelle più moderne istituzioni per l'incoraggiamento delle belle arti le condizioni sono pressappoco le stesse. Non si pensa agli scopi ma ai mezzi; le regole prendono il posto della natura e del genio; intrighi, beghe e lotte per graduatorie e precedenze sopraffanno lo studio e l'amore per l'arte. Un'Accademia Reale di pittura è una specie d'ospedale o d'infermeria per le stranezze del gusto e della spontaneità, un luogo di sosta nel quale l'entusiasmo e l'originalità si fermano e stagnano per non spandere più la loro influenza: invece dovrebbe essere una scuola che incoraggi il genio, un tempio dedicato alla fama. Tutti quelli che si agitano, strisciano e pregano per ottenere un posto, vivono poi sugli attestati di merito fino alla vecchiaia, dopo la quale è raro che se ne senta più parlate. Se capita fra di loro un uomo veramente capace, che segue la sua strada, non conta niente. Consigli, risoluzioni, discorsi, votazioni: mai che compaia il suo nome. Se si presenta con progetti e idee per il bene dell'Accademia e per lo sviluppo dell'arte, viene subito trattato come un visionario, un fanatico con idee ostili all'interesse e al credito dei membri della società. Se incoraggia gli allievi a dipingere soggetti storici, fa diminuire all'istante le entrate dei professionisti, che sono quasi tutti (per volontà di Dio) pittori di ritratti. Se elogia l'arte antica e i classici antichi, credono che sia spinto dall'invidia verso i pittori moderni e i talenti naturali. Se poi insiste sulla conoscenza dell'anatomia perché la ritiene essenziale al disegno, sembra che voglia implicitamente criticare i nostri eminenti disegnatori. Qualunque piano, suggerimento o discussione che abbia come oggetto i propositi generali e i principi dell'arte, viene ostacolato, disprezzato, messo in ridicolo e calunniato, perche dà l'impressione di ledere i profitti e le pretese della grande massa dei rispettabili e prosperosi artisti del paese. Questo suscita irritazione e risentimento da tutte le parti. L'ostinazione delle autorità costituite cresce di pari passo con la violenza, e la stravaganza
degli oppositori, e danno tutta la colpa alla follia e agli sbagli che loro stesse hanno provocato o aggravato. Ogni cosa è un fatto personale, non una questione di pubblico interesse, e percio la dignità dell'istituzione entra in gioco più quando è minacciata dai passi
falsi e dalle sbadataggini dei suoi membri, che quando si tratta di promuovere i loro obiettivi comuni e dichiarati........
Sappiamo che esiste tra i ladri un senso d'onore, ma pochissima onestà verso chi non è dei loro. Il loro senso d'onore consiste nel dividere equamente il bottino fra di loro, non nell'acquistarlo onestamente. In genere non si tradiscono l'un l'altro, ma tendono agguati a uno straniero, o spaccano la testa ad un viandante. Danno l'allarme se uno dei loro covi corrre pericolo di essere scoperto, e si sosterranno a vicenda fino a versare l'ultima goccia di sangue per difendere i loro illeciti guadagni. Eppure formano una società, e sono rigorosamente responsabili della loro condotta tanto l'uno verso l'altro, quanto verso il loro capo........
Gli eccessi ai quali va soggetta hanno origine appunto da quella mancanza di previsione e di sistema che è la prova della rettitudine e della bontà che anima le sue intenzioni. In breve, l'unica classe di persone alla quale non si può rivolgere l'accusa di essere disonesta o corrotta è quella società composta di individui che va in genere sotto il nome di popolo!  Indice Pagina    Indice Forum


IL SERVILISMO DEGLI ACCADEMICI. Francesco Alberoni

Francesco Alberoni, recentemente, nella sua rubrica "Pubblico e Privato" che tiene sul Corriere della Sera ha inteso incorniciare: "Ecco che cosa ti aspetta se vuoi insegnare all'Università". Nel mondo universitario l'imperativo tra gli accademici è uno solo, vale a dire la carriera. La carriera universitaria docente, sostiene Alberoni nel suo articolo, produce: "dipendenza, incertezza e servilismo". Tutto nasce in realtà dal cosidetto sistema di esplicita cooptazione dei docenti che, sempre secondo Alberoni, così si esemplifica: "Il laureato di solito, incomincia la carriera universitaria con un assegno di ricerca. Decide una commissione giudicatrice. In realtà il professore (ordinario) che presenta il suo candidato, e i suoi colleghi lo promuovono in quanto lui promette di promuovere uno di loro. Così il giovane incomincia a lavorare con quel "maestro" da cui dipenderà, d'ora in avanti, tutto il suo futuro. Dopo un tirocinio di alcuni anni, gli dicono di prepararsi al concorso statale per diventare Ricercatore. Qui la commissione è eletta da tutti i professori italiani della materia, con un meccanismo elettorale complicatissimo che, però, è governato da un ristretto gruppo di potere politicamente orientato, e decide in anticipo chi dovrà essere promosso e chi no. Perciò al nostro giovane andrà bene solo se il suo maestro è inserito nella cordata giusta. Mettiamo che riesca. Ora è diventato Ricercatore. Ha circa 35 anni, uno stipendio da fame e deve aspettare tre anni per la conferma. Tre anni sulle spine. Ma è la regola: deve sempre sentirsi sotto giudizio, chinare la testa, fare il bravo.
Dopo qualche anno, se ha fatto le ricerche gradite ai superiori, lo autorizzano a partecipare al concorso di professore associato. Anche questa commissione giudicatrice nazionale viene eletta dallo stesso gruppo di potere che ha scelto quella del concorso precedente ed ha già stabilito, in anticipo, chi vincerà e chi no. Supponiamo che lo facciano vincere. È sui 45 anni e deve fare altri tre anni per avere la conferma. Quindi pazienza e prudenza. Passa altro tempo e, al nostro amico, resta solo l'ultima tappa, quella di professore ordinario, la più difficile. Ora deve assolutamente essere nella cordata giusta, aver dato le giuste garanzie politiche, non avere nemici ed essere stato inserito con molto anticipo nell'elenco di coloro che saranno promossi. Se si comporterà proprio per bene può farcela, entro i 55 anni. Più i soliti tre anni per la conferma. Così, verso i settant'anni sarà finalmente libero di creare e di scrivere quello che pensa, prima di andare in pensione a 65". Alla fine Alberoni conclude con un'esortazione fatta al ministro dell'università: "Signor ministro, mi creda, oggi chi fa carriera universitaria in Italia è come un cane tenuto al guinzaglio per tutta la vita. Una condizione umiliante. Ma non sono gli uomini ad essere malvagi, sono sbagliate le regole, le istituzioni. L'autonomia non esiste, la concorrenza non esiste, le elezioni del CUN (Comitato Universitario Nazionale) e delle commizzioni dei concorsi sono
manovrate". Indice Pagina    Indice Forum

PECORE E UNIVERSITA'  Carl William Brown

In genere all'università si sta bene, ed i docenti universitari sono chiaramente dei privilegiati, sui quali potremmo dirne veramente delle belle e prima o poi ne diremo di certo, ma in questa occasione riportiamo in parte la lettera di un professore che insegna alla sapienza e che è apparsa su un quotidiano nazionale nello spazio dedicato alle lettere dei lettori.  "..........Voglio darvi qualche indicazione sulla mia Facoltà: Lettere. Come tutte è sovraffollata e squallida. Il dipartimento di Italianistica (il più gande e gremito) affoga da decenni in una sopraelevazione con muratura di plastica, sempre più scomoda, pericolosa e fatiscente; il glorioso "Teatro Ateneo" è chiuso e dimenticato. La Facoltà è governata da nove anni da un Preside, ......., che non ha mai scritto un libro ( ve ne sono tantissimi in Italia di questi personaggi) e si vanta di essere il primo allevatore di pecore della provincia di Roma. Gli altri professori sono in maggioranza, quelli che lo hanno eletto te volte. E comunque, che si riconoscano nella "dirigenza" o meno, formano una massa di tenuta dalla colla sistemica dei legami familiari, di ogni tipo, e dai loro intrecci ed alleanze......Il resto della lettera, come l'inizio del resto, invitata a non iscriversi alla Sapienza, forse in questo modo l'allegro docente spera di poter lavorare un po' meno, ma questa è solo un'ipotesi.  Indice Pagina    Indice Forum


LA STUPIDITA' DEI CONCORSI  Autori Vari

Anche la vecchia pelliccia pende al vecchio chiodo e mi ricorda le sciocchezze che insegnai, allora, a quel ragazzo e delle quali egli, un giovanotto ormai, si nutre ancora oggi. O cappa dal lungo pelo, mi prende veramente il desiderio di darmi, ancora una volta unito a te, l'importanza del docente, come quando si pensa di aver completamente ragione. Ai dotti ciò riesce, al diavolo è passata la voglia da un pezzo. (Scuote la pelliccia che ha tirata giù dal chiodo. ne vengono fuori tignole, scarafaggi e farfallette.)
Mefistofele

Ahimè!, ho studiato, a fondo e con ardente zelo, filosofia e giurisprudenza e medicina e, purtroppo, anche teologia. Eccomi qua, povero pazzo, e ne so quanto prima. 

Già, quello che si chiama sapere! A chi è permesso chiamar le cose con il loro nome? I pochi che ne capirono qualche cosa e, abbastanza ingenui, non frenarono l'empito del loro cuore e rivelarono alla folla i loro sentimenti e le loro visioni, li hanno sempre messi in croce o sopra un rogo. Vi prego, amico, è notte fonda, per questa volta dobbiamo interrompere.

Prima parte'della tragedia

Notte
Una piccola stanza gotica, con una volta alta Faust, inquieto, sulla sua poltrona, davanti al leggio

FAUST. Ahimè!, ho studiato, a fondo e con ardente zelo, filosofia e giurisprudenza e medicina e, purtroppo, anche teologia. Eccorni qua, povero pazzo, e ne so quanto prima! Vengo chiamato Maestro, anzi dottore e già da dieci anni meno, per il naso, in su ed in giù, in qua ed in là, i miei scolari. E scopro che non possiamo sapere nulla! Ciò mi brucia quasi il cuore. Ne so, è vero, un po' più di quelli sciocchi, dottori, maestri, scribi e preti; non mi tormentano né scrupoli, né dubbi, né ho paura del diavolo o dell'inferno. Però mi è stata tolta in cambio di ciò ogni gioia; non mi metto in capo di sapere qualcosa di buono, non mi illudo di poter insegnare qualcosa, di saper render migliori o convertire gli uomini. Oltre a ciò non ne ho né beni, né danari, né onori, né le pompe del mondo. Nemmeno un cane potrebbe continuare a vivere cosi. Mi sono dato pertanto alla magia, se mai il potere o la parola dello Spirito mi rivelassero qualche segreto. Per non dover dire, dopo così amare, sudate fatiche, quello che non so, per poter scoprire ciò che, nel profondo, tiene insieme l'universo e contemplare ogni attiva energia ed ogni primitiva sostanza e smetterla di rovistare nelle parole.

J.W. Goethe


L'UNIVERSITA' E LA FINZIONE DEI CONCORSI

L'università italiana ha molti meriti, ma anche tanti difetti, quantomeno se confrontata con altre università occidentali. Un difetto grave è che essa è in parte finta, non in senso denigratorio, ma nel senso proprio: di una cosa più apparente che reale, o che appare come non è. Sono finti certi professori, che lavorano più fuori che dentro l'università (debitamente autorizzati!); finti molti studenti, che non frequentano i corsi e sono presenti solo agli esami (senza loro colpa, perché sarebbe impossibile ospitarli tutti se decidessero di frequentare); finte molte riunioni plenarie di organi accademici, dove si discute di problemi in realtà già decisi in riunioni più ristrette; finti spesso i rapporti tra docenti, e così via. Nel nostro sistema universitario il progressivo sviluppo del principio di apparenza rispetto a quello di realtà si è legato al progressivo sviluppo della quantità rispetto alla qualità. Fino a poco tempo fa, erano abbastanza veri i concorsi universitari (almeno quelli di I e II fascia), perché, essendo pochi nel tempo e centralizzati, di solito si svolgevano in un regime di reale concorrenza. ma il nostro legislatore deve aver pensato che i pochi e veri concorsi costituivano un'anomalia nel quadro di un sistema universitario ormai inflazionato e sempre più tendente verso il principio della finzione. Allora ha elaborato un nuovo regime concorsuale (l. 210 del 1998) che, con un ingegnoso pasticcio fra centralismo e autonomismo, ha prodotto concorsi numerosi e rigorosamente finti. Una serie combinata di fattori (l'appetito localistico di molte università, la triplice idoneità, il sistema delle commissioni, la facilità del voto di scambio, la chiamata diretta degli idonei ed il minor costo per le facoltà nella chiamata dei docenti interni rispetto agli esterni) ha dato come risultato la eliminazione totale della concorrenza, sia fra i commissari che fra i candidati. In altri termini, una riforma in in nome dell'autonomia ha avuto un esito paradossale: un'autonomia senza competizione e senza responsabilità, e quindi senza qualità. L'aspetto più curioso è che quasi tutti i colleghi criticano il nuovo meccanismo concorsuale, ma pochi protestano a voce alta. molti per rassegnazione, ma forse anche perché tale meccanismo in fondo torna comodo, permettendo ad ognuno di poter sistemare facilmente i propri allievi (preferiti). Oppure perché in alcune discipline consente a ristrette oligarchie ben organizzate di controllare le elezioni dei commissari: cosa che il sorteggio o la commissione unica nazionale rendeva ben più difficile. Conclusione: anche nell'università, come altrove, la quantità ha più successo della qualità, e i ricercatori validi, cresciuti fuori dall'università, non avranno più chances di essere cooptati.

Riccardo Pisillo Mazzeschi Univ. di Siena
Francesca Farabollini Univ. di Siena
Riccardo Fubini Univ. di Firenze
Giorgio Chittodini Univ. statale di Milano


Da un articolo di giornale

Tutti sanno che Carlo Rubbia è nato in Italia e ha vinto il premio Nobel. Non tutti invece sanno che Carlo Rubbia non avrebbe mai potuto, in base alle leggi esistenti, essere chiamato per chiara fama a insegnare in una università italiana: non tutti sanno, infatti, che alla fine degli anni sessanta il giovabe Rubbia, bocciato in un concorso a cattedra, scelse di insegnare ad Harvard, dove restò per 19 anni, dopo i quali ha assunto una posizione eccellente al Cern di Ginevra. Ora la legge è cambiata e Rubbia ha potuto così diventare professore all'università di Pavia per chiamata diretta. Il caso di Rubbia potrebbe innescare una benefica reazione a catena, convincendo altre università a reclutare altri studiosi degni di questo nome e a rimettere in movimento la ricerca e la didattica.
Si creerebbe un clima di buona competizione tra gli atenei, verrebbe potenziata la mobilità dei docenti, si indebolirebbero le antiche ma tenaci forme di lottizzazione. E, in una università meno rigida e più aperta al mercato, si creerebbero quelle opportunità per i giovani che, negli anni passati, sono state sacrificate alle cordate dei portaborse e dei mediocri. Forse, il Comma 112, in cui si dichiara la possibilità di una chiamata diretta di eminenti studiosi non solo italiani che occupino analoga posizione in un'università straniera o che siano insigniti di alti riconoscimenti scientifici in ambiti internazionali, è il segno di un'inversione di tendenza.

Messina, retata nell'ateneo. Le cosche gestivano corsi ed esami, arrestati anche medici e docenti.
Secondo i Pm i professori erano collusi o intimiditi. Solo una parte ha resistito. L'ateneo sempre al centro degli interessi mafiosi. Agguati, estorsioni e l'omicidio di un professore. Lezioni e canne mozze, il supermarket degli affari.

P.S. In ogni caso la storia di Carlo Rubbia non è che l'eccezione che conferma la regola, infatti molti validissimi studiosi non hanno mai ottenuto una cattedra universitaria in Italia, si ricordi per esempio il caso di Zeri, ma anche all'estero non scherzano, si veda per esempio il caso di Peirce.

CHARLES SANDERS PEIRCE

Charles Sanders Peirce (Cambridge, Massachusetts, 1839 - Milford 1914) filosofo statunitense. Al padre Benjamin, famoso matematico della Harvard University dovette soprattutto la sua grande cultura fisico-matematica, e alle proprie letture quella logico-filosofica. Dopo aver frequentato Harvard per due anni, dal 1859 al 1891, lavorò per il servizio geodesico e costiero degli stati uniti. Si considerò soprattutto un logico e tentò invano di ottenere una cattedra di questa disciplina; né riusci a pubblicare La grande Logica, la sola opera da lui portata a termine. Ebbe solo alcuni incarichi annuali di logica e filosfia della scienza all'università John Hopkins di Baltimora, al Lowell institute di Boston e nella stessa Harvard. Visse gli ultimi vent'anni isolato e poverissimo e lasciò una massa di manoscritti, acquistati dalla Harvard University. Essi furono parzialmente pubblicati, insieme agli articoli più importanti sparsi in varie riviste. La logica è intesa da Oeirce in senso così lato da includere anche questioni psicologiche, gnoseologiche, metafisiche e perfino teologiche. Due sono le dottrine logiche fondamentali da lui opposte sia alla logica aristotelica kantiana, sia a quella hegeliana: la semiotica, o dottrina dei segni, e la faneroscopia, o dottrina delle categorie........
Il significato concettuale di "durezza" (cioè la sua verità non astratta), per esempio è espresso dalla seguente proposizione generale condizionale: "Se una certa sorta di sostanza è sottoposta a una certa sorta di azione ne conseguirà una certa sorta di risultato conforme all'esperienza sinora acquisita"...e in generale "il concetto di tutti i possibili effetti prodotti da un oggetto è il concetto completo di quell'oggetto". Soprattutto a causa di questa tesi Peirce è considerato il fondatore del pragmatismo. A differenza di James, pone l'accento non sulla singola azione, o sul risultato immediato, o sulla volontà di credere, ma sulla generalità delle persuasioni via via raggiunte, e continuamente verificate e corrette, dalla comunità dei ricercatori, ossia sulla razionalità e chiarezza delle nostre idee, condizione prima della loro operatività. La ricerca, o interpretazione, collettiva dell'esperienza procede all'infinito, sempre più approssimandosi, mediante l'autocorrezione, all'interpretazione finale, ossia alla verità, tuttavia mai raggiunta.
Primo è il caso, lo spirito, l'eterno presente, la pura possibilità logica, la coscienza immediata; secondo è la necessità, la materia, il passato, l'attuazione, l'esperienza; terzo è l'evoluzione, l'abitudine, il futuro condizionale, la potenzialità, l'interpretazione. Frammentario e spesso oscuro, ma profondo e originale, il pensiero di Peirce è all'origine non solo del pragmatismo, ma di tutte le correnti più vive della filosofia americana contemporanea: dal realismo critico alla filosofia dell'emergenza, dall'empirismo logico al comportamentismo, alla filosofia del linguaggio. Notevoli anche i suoi contributi di logica matematica, in specie la teoria delle matrici.
Nynfa Bosco

TALENTI PERDUTI

L'ostracismo al nobel Rubbia, un nobel bocciato dall'università italiana. E' la storia di Carlo Rubbia, tornato in Italia nel 1997, dopo 30 anni di ostracismo da parte degli atenei del nostro paese.

Nel 1993 il Nobel Dulbecco lanciò un appello contro la fuga dei giovani ricercatori all'estero. I migliori se ne vanno, nell'università italiana non si può lavorare.

In vent'anni l'Italia ha perso centinaia di scienziati. in una ricerca del 1989 i ricercatori emigrati negli States denunciavano: "Cacciati dai baroni dell'università".

Chi emigra non torna. per molti ricercatori riapprodare in Italia è impossibile: gran parte dei titoli esteri non servono come curriculum per la carriera universitaria.

Uno dei casi più recenti di fuga scientifica è quello di Antonio Giordano, medico italiano che in Usa ha scoperto un gene anti-cancro. Non torno, troppa burocrazia.

Antonio iavarone racconta il caso di nepotismo che l'ha obbligato a varcare l'oceano. Da noi la bravura non paga ce ne siamo dovuti andare. Ad allontanarci dall'Italia, racconta Iavarone, è stato un vero e proprio caso di nepotismo. Già nel 95 a Roma le ricerche avevano dato i primi importanti risultati.....poi il primario di oncologia pediatrica, il professor Renato Mastrangelo, ha cominciato a renderci la vita impossibile. Ci imponeva di inserire il nome del figlio nelle nostre pubblicazioni scientifiche. Ci impediva di scegliere i collaboratori. non lasciava spazio alla nostra autonomia di ricerca. per alcuni anni abbiamo piegato la testa. sono circa 25 le pubblicazioni illegittimamente firmate dal figlio del professore. Poi, un giorno, all'inizio del 99 abbiamo denunciato tutto. ne hanno parlato i giornali e le radio. da quel momento, era chiaro, non potevamo più mettere piede nel laboratorio, ce l'avrebbero fatta pagare. Il professore infatti ci ha fatto causa per diffamazione e ha scritto decine di lettere ai colleghi per mettere in ridicolo le nostre accuse. I vertici dell'università cattolica hanno fatto quadrato attorno a lui......Noi siamo emigrati ed il figlio del professore ora lavora col padre ed insegna in diverse scuole di specializzazione della cattolica.


Parla il medico Paolo Cornaglia Ferraris, autore di Camici e Pigiami
E' vero, i concorsi di casa nostra li vincono figli, mogli e nipoti.... Che dimensione ha il fenomeno? Per rendersene conto basta leggere gli annunci pubblicati sulle riviste scientifiche internazionali che cercano di attrarre docenti e ricercatori, offrendo cattedre e direzioni di laboratorio. Non c'è mai un annuncio italiano. Perché? Non c'è interesse ad affidare le cattedre ai migliori, perché possono far ombra a chi ha già una posizione dominante e potrebbero conquistare le risorse finanziarie destinate alla ricerca. Tutto a danno della qaulità della ricerca. una qualità che dovrebbe essere attentamente valutata da chi eroga i finanziamenti: sanità e ricerca scientifica, per evitare frodi scientifiche. Esistono commissioni di verifica? Certo, nelle università americane sono molto attente e severe. Da noi non esistono. Negli usa chi firma una ricerca deve dimostrare qual è stato il suo apporto specifico al lavoro. Qui si infilano i nomi in base a quello che dice il direttore e c'è una lotta furibonda. A lei è successo? Si, ecco perché sono stato cacciato fuori. I miei guai sono cominciati quando mi rifiutai di aggoiungere nei miei lavori scientifici i nomi dei protetti del direttore del dipartimento.

Gli Usa sono al primo posto fra le mete dei cervelli in fuga dalle università italiane, seguiti da francia e gran bretagna. pochi invece scelgono il giappone. I ricercatori che lasciano l'Italia sono soprattutto ingegneri e fisici, poi medici e biologi.

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I PRIVILEGI DEI DOCENTI UNIVERSITARI

Intervista al ministro, a conclusione del nostro forum "Basta col fuori ruolo, sì agli incentivi per chi produce"
Zecchino spara a zero sui prof.  "Poco lavoro, troppi privilegi"  di Sabina Minardi

ROMA - Ne ha per tutti, il ministro Ortensio Zecchino: in primo luogo, si dichiara contrario ad alcuni storici "privilegi" dei docenti universitari, come la pensione molto ritardata (attraverso il meccanismo del "fuori ruolo") o le troppe poche ore lavorative (350, meno della media europea); e poi prosegue accusando l'eccessivo "ipergarantismo" del sistema, che di fatto ha congelato il licenziamento per assenteismo reiterato. Ma non basta. Accettando di rispondere alle domande di Repubblica.it, a conclusione del forum "I professori devono lavorare di più", il responsabile dell'Università, nel governo di Massimo D'Alema, annuncia anche alcune future riforme: ad esempio, l'introduzione della valutazione dei "prof" da parte degli studenti; o la creazione di meccanismi di controllo sull'attività didattica effettivamente svolta, pur escludendo il cartellino da timbrare. E quanto alle retribuzioni, Zecchino lascia poche speranze alla categoria: "Gli stipendi attuali sono adeguati - sostiene - ma bisogna dare incentivi solo a chi produce di più".

La maggior parte dei partecipanti al nostro forum ritiene che il tempo dedicato dai docenti all'insegnamento sia in genere troppo poco, o comunque più breve rispetto al resto d'Europa...
"E' un fatto oggettivo. Il numero di ore che i docenti europei dedicano all'insegnamento è più alto delle nostre 350 ore".

Lei ha dichiarato recentemente che "bisogna elevare la soglia dei doveri dei docenti e del loro tempo dedicato alla didattica". Nel disegno di legge approvato di recente dal Consiglio di ministri non c'è, però, alcun riferimento ad un aumento del numero di ore per l'insegnamento...
"No. Quel disegno di legge riguardava la valutazione. Questo è un problema più complesso a se stante".

In che senso?
"Nel senso che non potevamo, in quella sede, elevare soltanto il numero di ore. Occorre una ridefinizione dello stato giuridico dei docenti. Che non poteva, però, avvenire nell'ambito di quel disegno di legge".

E a che punto è la definizione dello stato giuridico, che i docenti attendono da tempo?
"E' un'operazione alla quale mi accingo. Ma i problemi sono numerosi, complessi, e le posizioni molto diversificate: sul tema potremmo aprire un altro forum".

Dunque, non sarà una questione risolvibile nel giro di poco tempo...
"Vede, è dal '68 che resiste l'idea del docente unico. E molte convinzioni sono dure a morire. Stiamo mettendo a fuoco un'ipotesi operativa".

Insomma, lei non ritiene sufficiente il vecchio minimo delle 350 ore. Solo che non era quella la sede legislativa più appropriata per stabilirlo...
"Esatto. Anzi, io ritengo urgente la questione del minimo. Noi oggi abbiamo una distinzione, tra docenti a tempo pieno e docenti a tempo determinato, che non ha più senso. Intanto, perché il 93 per cento dei docenti è a tempo pieno. E non si può seriamente dire che quel 93 per cento faccia più di quella che è la soglia minima imposta al restante 7 per cento dei docenti".

"Perché i professori universitari non sono soggetti a controlli, perché l'orario dei lavoratori deve essere controllato attraverso procedure come il timbrare cartellini?". Così scrive un nostro lettore, lei che ne pensa?
"Il problema del cartellino è una finta battaglia. Ci sono diverse categorie di persone che non timbrano il cartellino. E credo che neanche i professori dovrebbero timbrarlo. Altrimenti, per un'esigenza egualitaria, l'introduzione di questo sistema dovrebbe riguardare tutti i lavoratori. Credo che siano indispensabili certi meccanismi di controllo. Ma non credo che lo siano strumenti come il cartellino".

Ha già in mente questi altri meccanismi di controllo?
"Li stiamo valutando. Ma non è la mancanza del cartellino che caratterizza negativamene il docente".

"Cos'è il lavoro di un docente universitario? Esiste il pensiero ad ore? Esiste la ricerca sperimentale 8-17?", si domanda un nostro lettore. Crede sia davvero possibile davvero "misurare" l'attività didattica?
"Certo. E i sistemi di valutazione sono da anni oggetto di studio. Come gli esami degli studenti tendono a radiografare le capacità e la preparazione con una certa dose di convenzionalità negli schemi di giudizio, così sarà anche per la valutazione dei docenti".

"I professori lavorano moltissimo, ma per loro stessi. Anzi, sfruttando la qualifica di "prof" per triplicare il loro onorario". Molti partecipanti al nostro forum sostengono che i docenti italiani hanno troppi altri incarichi. Non andrebbero stabilite precise regole di incompatibilità?
"Anche qui entrano in gioco i problemi legati allo stato giuridico. Perché molte volte sarebbe un impoverimento della cultura del docente precludergli totalmente l'esercizio della professione. Io sono per una verifica dell'attività didattica, in modo che non patisca compressioni da attività professionali".

Insomma, attività professionale sì, purchè non condizioni l'insegnamento.
"Il problema è che oggi nessuno controlla effettivamente quanta attività didattica si svolga. Per una tradizione di eccessiva autonomia dei singoli docenti di organizzare il proprio corso. Anche questa delle incompatibilità sarà una questione affrontata al momento di definire lo stato giuridico dei docenti".

"Nelle nostre università gli ordinari frequentemente muoiono in cattedra, nel senso che continuano ad insegnare in pratica fin quando ne hanno voglia. La loro età di pensionamento è notevolmente superiore a quella dei comuni lavoratori dipendenti"... Secondo lei, i docenti universitari vanno in pensione troppo tardi?
"Sì. Credo che il fuori ruolo debba essere ormai considerato un privilegio da rivedere".

"Oggi un preside, un presidente di corso di laurea o di diploma, o anche un Rettore non può prendere provvedimenti nei confronti di docenti inadempienti". Davvero non si può licenziare per assenteismo reiterato?
"Gli strumenti per assumere provvedimenti severi esistono. La verità è che noi veniamo da una lunga stagione di protezione pansindacale, che vale non solo per gli universitari ma per tutti i lavoratori. E' un fatto culturale: dalla difesa del più debole siamo passati a forme di garanzie rigide che hanno obiettivamente portato a degli abusi. Questo ipergarantismo non sempre rende possibile la esemplarità di alcuni provvedimenti".

Molti lettori accusano "quelli che tengono più cattedre, togliendo così la possibilità di inserimento agli altri", "quelli che non insegnano ma stanno in congedo, tenendosi il posto indefinitamente in caldo". Insomma, l'opinione comune è che i docenti godano di "privilegi esagerati". Che ne pensa?
"Che l'università sia un regno incontrollabile per vocazione antica, dove l'ipergarantismo ha trovato la sua espansione massima".

Lei ha proposto che i docenti siano valutati anche dagli studenti. In che modo gli studenti potranno dire la loro sulla qualità e la capacità d'insegnamento dei professori?
"L'organo di valutazione di ciascuna università dovrà avvalersi anche dell'opinione degli degli studenti, attraverso meccanismi di monitoraggio. Ovviamente questo non significa che deve fondare il giudizio solo sulle opinioni degli studenti, perché sarebbe fuorviante."

E gli studenti, che strumenti avranno per esprimersi?
"Saranno le singole università ad organizzarsi. Nella legge è scritto solo che deve trattarsi di opinioni 'raccolte sistematicamente'. Potranno essere, per esempio, schede distribuite ai ragazzi a fine anno".

"So già dove andranno le incentivazioni prospettate dal ministro: ai soliti maneggioni lobbisti che hanno fatto dell'Università il loro feudo personale". Così ci scrive un ricercatore universitario. Come replica?
"Dicendo che i soldi andranno agli atenei, che li destineranno poi ai docenti. Io mi auguro che il sistema degli incentivi possa funzionare. Ma l'incentivo è per chi fa di più rispetto alla soglia del dovere".

Secondo lei gli stipendi dei docenti, finora, sono stati troppo bassi?
"Non credo. Anche rispetto ad altre retribuzioni pubbliche, non darei un giudizio negativo. Mi pare che siano adeguati alle funzioni svolte. Noi ora, con il sistema degli incentivi, abbiamo voluto correlare gli stipendi alla resa". Indice Pagina    Indice Forum


DOCENTI UNIVERSITARI E CONCUSSIONE. (Un caso)

Premessa

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E' ora di dire basta a queste disuguaglianze !!!!
Popolo dei prof. mobilitatevi !!!!!!!
Le università fanno contratti e ci insegna Costanzo (con tutto il rispetto, manca solo Laurenti) mentre i prof. di scuola sono contestati.
Basta con queste lobby e questi giochi di potere.
Gente svegliatevi e date una occhiata agli atenei!!!
I prof. arrivano quando vogliono e fanno ciò che vogliono.
A scuola invece non si sgarra.
APRITE GLI OCCHI!
W i PROF DI SCUOLA!!!!!!
Grazie

Messaggio recuperato da un forum

'sta storia dei dottorati, perfettamente corretti nella forma e truccati nella sostanza, perchè tanto all'orale quando esponi il tuo progetto il prof. è libero e sovrano di fare passare il suo cocco beh questa è una cosa che affratella tutti i prof. universitari i quali si comportano come una casta chiusa a riccio (e in questo caso comunisti o fascisti non importa, non è questione di colore ma di casta). Io dottorati per questi non ne faccio sono una gran presa per il sedere...comunque ora se sei disposta a pagare 2 o 3 milioni all'anno puoi fare quelli senza borsa..cioè se davvero ti serve per lavoro il titolo di dottorato, se no lascia perdere sono soldi buttati che tanto i prof. al corso di dottorato rimasticano le solite vecchie lezioni che fanno comunemente all'università.
della serie ora capite perché zeri, il più grande storico dell'arte italiano di questi ultimi hanni non ha mai avuto una cattedra in Italia...


Camerino, video hard in ateneo - il professore perde la cattedra

CAMERINO - E' stretto nell'ascensore della Procura della Repubblica, ma sembra ancora in cattedra. "Voi giornalisti - dice severo - dovete praticare più attentamente la virtù della temperanza". Per non essere bocciati, meglio consultare il Nuovo Zingarelli. "Temperanza - spiega il vocabolario - è la capacità di moderarsi nell'appagare i propri bisogni, istinti, desideri e appetiti".

Non è male, il pulpito di Camerino dal quale arriva la predica. Il professor Ezio Capizzano, 66 anni, è stato infatti indagato per concussione, per avere esercitato la propria autorità al fine di ottenere favori sessuali. Ci sono film che lo ritraggono sul tappeto del suo ufficio, dentro all'ateneo, in compagnia di studentesse. La telecamera era nascosta sotto la scrivania. Lui, per ora, ha replicato da vero signore. "Può succedere che siano le studentesse a farsi avanti. Se un uomo capisce che una donna ci sta, e che si deve tirare indietro?".

Tutto per "amore", ovviamente. E per spiegare quali strani meccanismi scattino fra una studentessa e un professore, ha mostrato una foto di festa di laurea, con una ragazza che si appoggia a lui, maglia aderente e senza reggiseno. "E che vuol dire questo? Non è chiaro?". Ancora non sa, il professore, che non potrà più rientrare nell'università.

Ieri pomeriggio si è riunito il Senato accademico, che già lo aveva sospeso. "Dalle sue dichiarazioni, non smentite - dice il magnifico rettore, Ignazio Buti - abbiamo appreso che questo docente ha compiuto atti sessuali dentro all'università, e con studentesse sue allieve. Sembra fra l'altro che oggetti come il videoregistratore e altro siano di proprietà dell'ateneo. Questa è davvero una grave lesione al prestigio che un docente deve tenere come il patrimonio più prezioso. Il Senato, che aveva concesso due anni di proroga al pensionamento dopo il compimento dei 65 anni, revoca tale autorizzazione e il professor Capizzano è da oggi fuori ruolo".

Certo, l'ateneo di Camerino avrebbe preferito altra pubblicità. "Questo è il nostro 666esimo anno accademico - dice il rettore - e siamo pieni di storia. Il professor Capizzano? Ero già qui quando lui è arrivato nel 1971. Uno pieno di iniziative. Certo, si vociferava che fosse molto attratto dal gentil sesso, ma in tanti anni nessuna accusa concreta. Quando mi chiedevano referenze, riferivo di questa attrazione particolare e basta. Cosa potevo dire?".

Piccola città, bastardo posto, canterebbe Guccini. Camerino ha 7.500 abitanti e 2.500 studenti residenti, e quasi nessuno ora può dire: io non sapevo nulla. Anche perché basta andare in piazza Cavour, dove ci sono il duomo e l'università, per sapere tutto. "Le studentesse a luci rosse? Guardi quella targa che ricorda Gregorio XIII. Tutto è iniziato poco dopo". Ride, la ragazza e dice che l'unica novità, in tutta la vicenda, è la telecamera. "Si sapeva benissimo cosa volesse dire "andare in ufficio" dal professore. Non sapevo però che quello là si facesse anche i filmini". 
CAMERINO - Mette le mani avanti. "Io all'esame di diritto commerciale ho preso venti, ed era la terza volta che mi presentavo". Le parole della ragazza che chiameremo Rossana confermano che questa è una storia da prendere con le molle, in ogni senso. "Il professore? Sapevamo tutti cosa voleva dire 'andare in ufficio' da lui. Del resto, ci provava ovunque, anche al bar. Ma tutte noi sapevamo che era un...". Meglio non riferire nel dettaglio ciò che si ascolta fra la piazza e la Procura, dove tutte le ragazze - anche quelle sentite dagli inquirenti - dicono che "le altre" andavano "a letto con il professore, perché così era più facile".

"D'altro canto - sospirano in paese - se una ragazza è maggiorenne e consenziente sa quel che fa e ha sempre le sue ragioni...".

"A volte - dice Rossana - bastava una bella scollatura. Ti presentavi all'esame e c'era chi slacciava un bottone della camicetta. Veniva subito chiamata: la scollatura dava diritto di precedenza. Le gambe no, ininfluenti. Tanto, davanti alla cattedra, non si vedono". Adesso nascono anche quelle che potrebbero essere leggende paesane. "Una che era in appartamento con me si è lamentata perché è stata 'in ufficio' e ha preso soltanto diciotto. Un'altra ragazza, invece, non riusciva a laurearsi da anni poi, all'improvviso, ha presentato la tesi. Cinque giorni prima di discuterla anziché con i 15 giorni d'anticipo previsti dall'università".

"Comunque la prima cosa che ho imparato, appena arrivata a Camerino, è stata questa: non preoccuparti per l'esame di diritto. Se sei carina...". "Altro che leggende", quasi si arrabbia Rossana. "Una volta il professore mi ha guardato in faccia e mi ha detto: hai un brufolo, vuol dire che non fai abbastanza l'amore. Io avrei la ricetta, se vuoi venire in ufficio...".

La storia era così conosciuta che tanti - spiega la ragazza - si facevano accompagnare. "Io avevo un appuntamento nello studio, e ci sono andata assieme al mio fidanzato. Altre ragazze si sono presentate con il papà, e lui si arrabbiava".
...
Il professore era ammirato e anche temuto. "Davvero - dice un suo ex studente - conosceva tutti. Il suo corso è stato inaugurato dal ministro Enrico La Loggia, il 15 ottobre 2001. L'anno scorso si è presentato candidato per Democrazia Europea e presentava Andreotti ai suoi amici. Si sentiva onnipotente".  Indice Pagina    Indice Forum

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