SAGGIO CONTRO

IL POTERE E L'AUTORITÀ.

Ovvero contro la stupidità.

di CARL WILLIAM BROWN

(Tratto dal libro Aforismi contro

il potere e l'autorità della stupidità)

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AFORISMI DI CARL WILLIAM BROWN ONLINE


AFORISMI CONTRO IL POTERE E L'AUTORITÀ. Ovvero contro la stupidità.

di CARL WILLIAM BROWN

(Tratto dal libro Aforismi contro il potere e l'autorità della stupidità)


PREFAZIONE
Contenuto, stile e intenti del libro.


Se l'ipotetico lettore dovesse trovare queste pagine iniziali troppo noiose, complicate o inutili, può sempre saltarle e passare direttamente agli aforismi, del resto si sa, tutto è utile, ma niente è necessario; inoltre si può anche ritornare sui propri passi in un momento successivo, sempre che non sia troppo tardi, evidentemente!

Il Buddha disse: " Vidi una casa. Bruciava....dentro c'era gente....Uno mi chiese, mentre la vampa già gli strinava le sopracciglia, che tempo facesse, se non piovesse, per caso se non tirasse vento, se un'altra casa ci fosse e così via. Senza dare risposta, usci di là ".
L'importante è dunque uscire, andarsene da una situazione infelice e se non è possibile uscire, si deve protestare e se non è consentito protestare o ribellarsi allora bisogna necessariamente distruggere. Distruggere per creare, come diceva appunto Eliot; cominciamo dunque col diventare responsabili della nostra condizione e poi vedremo il da farsi (1).
Certo il problema non è di facile soluzione anche perchè come diceva Orwell: " Finchè non diventeranno consapevoli non si ribelleranno, e fino a che non si saranno ribellati non potranno diventare consapevoli" (2). In ogni caso, è proprio perchè permangono ancora delle serie difficoltà, che è stato scritto questo libro e altri ne seguiranno.
J.G. Fichte, come molti altri filosofi del resto, condivideva l'idea che "... solo la libertà è il primo, immediato oggetto di un sapere: ovvero, il sapere comincia solo dall'autocoscienza" (3). Ecco un buon punto di partenza per rendere l'uomo accorto del suo stato di abbruttimento. E' ovvio che molti preferiscono non avere l'onere della responsabilità (ciò è chiaramente meno impegnativo) e così si affidano alla guida degli stupidi che, proprio grazie alle loro deficienze, sono ben felici di assumere il comando di questa nichilistica nave di folli, più volgarmente conosciuta col nome di terra, o per gli amanti di Voltaire, "cesso dell'universo" (4).
Tutti gli abitanti del pianeta sono in qualche modo obbligati ad ubbidire all'autorità di qualcheduno, la società umana è infatti una piramide gerarchica, tutti abbiamo dei capi, dei comandanti, dei direttori, dei tutors, dei consiglieri, degli aguzzini, dei rompicoglioni; tutti dobbiamo sottostare al potere, alla legge, alla norma, alla convenzione, alla tradizione, nessuno è in effetti libero, e anche il più autonomo degli individui deve comunque sottostare al dominio della stupidità, anche il più ricco e potente deve inchinarsi al volere dell'imbecillità, alla crudeltà della regina dell'universo, anch'egli è infatti suddito e schiavo della dittatura dell'ignoranza.
Sin dai tempi più remoti, l'ignoranza è in realtà il peggiore dei mali e ciò venne riconosciuto sia da Aristotele sia dal Buddha e questo è ancor oggi un parere largamente condiviso, per lo meno da tutti coloro che hanno un minimo di buon senso.
Questo libro è dunque una specie di trattato (il primo di una serie piuttosto copiosa, che ne comprende diversi altri), di manuale, di vademecum, di saggio, di testo sacro, elaborato con l'intento di aiutare l'uomo, tutti gli uomini, nessuno escluso, a contrastare il tremendo potere e l'immensa autorità della stupidità. E' un testo di rivolta ed il suo spirito, come diceva Camus (5), sta nella protesta dell'uomo contro la condizione dell'uomo, soprattutto, aggiungo io, dell'uomo stolto.
Un libro, dunque, per aiutare il prossimo a rimanere sveglio, attento, vigile e magari farlo diventare più consapevole (Beata inconsapevolezza umana, recitava il Carducci); un libro che stimoli il lettore a meditare, a riflettere e che contemporaneamente lo faccia anche arrabbiare o che comunque lo convinca che oggi più che mai sono valide le parole di un profeta come M.L. King che esortava: "Vi supplico di essere sempre indignati", indignati per le ingiustizie del mondo, sdegnati per la nostra stupida condizione di sofferenti animali di un universo senza senso.
Purtroppo non è così semplice riuscire nell'intento, perchè come si sa l'uomo è abituato ad essere stupido, e l'abitudine, come ci insegnano Koestler, Lorenz (6) e tanti altri filosofi (il termine va inteso in senso lato, e si riferisce a tutti gli studiosi di ogni disciplina che amano il sapere in generale), è una brutta bestia; è la prima forma di memorizzazione e permane quasi indelebile nella mente della specie; si deve quindi disabituare l'uomo alla stupidità, indurlo a rinunciare a questa tradizione, che costituisce la componente statica e più deleteria della nostra cultura, cultura dell'imbecillità ovviamente.
Il compito è senz'altro estremamente arduo, quasi una missione impossibile, anche perchè la stupidità è così familiare alla stragrande maggioranza degli individui che nella realtà finisce per diventare invisibile; la sua percezione viene offuscata, lentamente sfuma, si dissolve e non viene più avvertita. A complicare la situazione subentra anche il vezzo di considerare stupide tutte le cose che eccedono la propria comprensione e poiché la comprensione dell'uomo è molto limitata, ne risulta che il panorama che ci si presenta non è altro che una terra desolata (vedi T.S. Eliot) colma di stupidità.
Se è pur vero che di certo a questo mondo non c'è niente e che tutto ha un valore molto relativo, ipotetico e convenzionale, è altresì altrettanto vero che l'arroganza umana conduce gli esseri viventi a credere proprio il contrario e cioè che a tutto c'è una spiegazione, che alla fine tutto andrà per il meglio e che il nostro buon Dio in un modo o nell'altro ci salverà. Avendo dunque appreso in passato la divertente lezione di Voltaire e del suo Candido (7), impegnato a sopravvivere nel migliore dei mondi possibili, ho voluto, seguendo il suo esempio, dare corpo a delle critiche, a delle osservazioni, a delle riflessioni che consentissero di non dimenticare e di non eludere o peggio ancora di non emulare la stupidità del reale e al contempo stimolassero in qualche modo gli individui a combatterla, anche perchè ribellarsi è giusto, è possibile e per di più gratifica e da un senso alla nostra esistenza. (Lotto dunque sono, è uno dei tanti meccanismi psichici di difesa che non negano, che non rimuovono, che non sublimano, ma che divertendosi nella tristezza cercano di migliorare il mondo).
Forse è tragico dover ammettere la propria condizione, la propria impotenza, il nostro orgoglio lo vieta, ma d'altronde se non si fa lo sforzo, si è inevitabilmente relegati a rimanere nel limbo dell'inconsapevolezza e questo di certo non aumenta la nostra sensatezza, né tanto meno la nostra spensieratezza.
Per questo ho cercato di colpire la stupidità in tutte le sue manifestazioni, di attaccarla su tutti i fronti. Contemporaneamente ho fatto anche in modo di far arrabbiare tutti coloro che sono quotidianamente vittime della stessa, con l'evidente scopo di indurli a rifiutare la loro passiva condizione di sudditi del tremendo e tirannico regno dell'imbecillità.
"Essere libero", evidentemente non vuol solo dire "poter scegliere", ma anche "saper scegliere" ed è proprio per questo che ho deciso di scrivere, per consigliare a scegliere, a voler fortemente la scelta giusta, a saper fare la scelta giusta, ovviamente secondo la mia ricetta, seguendo la mia visione del mondo, affidandomi agli insegnamenti di tanti studiosi, ma non certamente di tutti. Oh, sicuramente tante cose sono già state dette, ma siccome nessuno ascolta, dobbiamo ritornare indietro e ricominciare, come sostiene A. Gide, e poi c'è anche da dire che come ci ha suggerito Pascal, le buone massime ci sono già, ma si devono applicare e dunque non è un lavoro inutile cercare di ripeterle, magari cambiando la forma, lo stile, e divulgandole convincere la gente, persuaderla a tramutarle in concreti gesti comportamentali e non solo a sfoggiarle come abili esercizi di fatua retorica. In questo l'opera letteraria trova appunto la sua ragione d'esistere.

Come il poeta tragico secondo l'arte è anche comico (Socrate nel Simposio di Platone), così anche lo scrittore deve colpire sia gli stupidi che comandano, sia coloro che non si ribellano, magari senza odiarli, ma costringendoli a vedere, a diventare consapevoli, ed è appunto in questa operazione che la tragedia diventerà commedia e le forze in gioco, sommandosi, daranno una risultante umoristica.
"Scrivo commedie per convincere gli altri alle mie idee." diceva G.B. Shaw e la volontà di descrivere, di analizzare il mondo in cui siamo immersi con l'intento di diffondere sapere, osservazioni, rimandi, sberleffi, battute e un indomito desiderio di conoscere, di apprendere, di studiare, di leggere, con la recondita speranza di avvicinare gli altri alle proprie opinioni è da sempre l'intento di ogni buon scrittore, che perlomeno si auspichi che le sue opere costituiscano il pretesto per un dialettico e vantaggioso confronto di punti di vista.
La scrittura dona poi l'illusione di essere vivo, di servire a qualcosa, e serve comunque a consolare sia l'autore sia gli eventuali lettori; offre la speranza che le parole diventino fatti, e che le azioni seguano i pensieri, serve inoltre a far divertire qualcuno e a far arrabbiare qualcun'altro e oltre ad essere un buon aiuto per affrontare il male di vivere, offre anche, ad un prezzo del tutto irrisorio, l'occasione di passare il tempo, di ucciderlo, di ripercorrerlo in avanti e all'indietro, e ciò, a mio modesto parere, non mi sembra poco.
E così ho iniziato ad abbozzare la teoria, poi eventualmente seguirà la pratica, mia o di altri, poco importa. (La protesta armata è poca cosa rispetto alla protesta ideologica e allo spettacolo di una cultura che si rinnova e pervade tutto l'universo e consente che le cose maturino, quando i tempi finalmente saranno maturi.) Il libro si propone dunque di sviluppare, non la verità, che come ci hanno insegnato Nietzsche e gli altri è illusoria, ma, la capacità di riconoscere la stupidità, il che mi sembra già un buon punto di partenza.
La scelta dello stile e del modo di esprimersi, visto la mia forma mentis e la mia visione filosofica della vita, non poteva che essere indirizzata verso una modalità di espressione breve, che risultasse incisiva e sintetica, in pratica una scrittura molto concentrata, col preciso scopo di lapidare in quanti più modi possibile il potere e l'autorità, vale a dire la stupidità. La decisione di scrivere aforismi (Chi sa scrivere aforismi può fare a meno di scrivere saggi, diceva K. Kraus), motti di spirito, riflessione succinte, massime, definizioni e sentenze, esprime anche la volontà di spogliare la scrittura di tutte quelle parole inutili che oggi giorno riempiono la nostra vita, è un modo per tornare o se preferite per giungere all'essenza. Tale formula si presta inoltre a molteplici giochi verbali, e impiegando tutte le tecniche della retorica consente di raggiungere un'alta figuralità e rappresentatività del discorso, che a loro volta consentono al testo di avvicinarsi alle intuizioni della poesia e alle critiche polemiche della satira e dell'umorismo. E' inoltre fuor di dubbio che questa formula consente al lettore di esercitarsi parecchio da un punto di vista linguistico-filosofico e gli permette dunque alla lunga di migliorare notevolmente le proprie conoscenze culturali e le proprie capacità espressive.
Questa letteratura ricorda e risale a quella delle origini, la cosiddetta letteratura sapienziale, che sin dall'antichità ha raccolto il fior fiore dell'esperienza e dei consigli dei saggi, da Confucio e Lao-tzu, dal Buddha ai testi biblici, da Ippocrate e Epicuro, e passando attraverso Bacone, Erasmo, Swift, Pascal, La Rochefoucault, Chamfort, Vauvenargue, Lichtenberg, Flaubert è giunta fino ai moderni Nietzsche, Wittgenstein, Adorno, Kraus, Beirce, Cioran, Canetti e molti altri. È talvolta la letteratura delle opere religiose, della Bibbia e del Corano, delle parabole e degli “exempla” a carattere didattico, che esprimono la saggezza e la sentenziosità di pensatori come Socrate, Eraclito, Epitteto, e Seneca o di arguti popolani che inventano magari proverbi e detti destinati a durare nei secoli. E' la letteratura che rende immortali certi autori come Aristofane, Shakespeare, Molière, Goethe, Wilde o Shaw che grazie alla loro abilità linguistica ed ai loro raffinati giochi verbali hanno reso sublime l'uso della parola. E' anche la letteratura dei manuali come il Kamasutra e costituisce inoltre la parte più saliente dei romanzi e delle opere teatrali di ogni epoca.
La forma di espressione breve che acquista il carattere di sentenza e di critica morale riveste anche molta importanza nelle raccolte di favole, si ricordino ad esempio quelle di Fedro, di Esopo e di La Fontaine o in tempi più recenti le splendide poesie di Trilussa. L'aforisma, che da Ippocrate in poi racchiude delle verità generalizzate o presunte tali, stretto parente delle citazioni e delle massime, ha infarcito ogni tipo di letteratura ed ha dato luogo a vere e proprie raccolte che, oltre a brillare di luce propria, hanno consentito ad altri scrittori di arricchire le proprie opere ed il proprio stile.
In tempi più recenti i libri di massime hanno consacrato alla gloria letteraria molti autori, e le riflessioni brevi sono diventate il modo di espressione favorito dai filosofi più innovatori, oltre che il mezzo preferito di tutti quegli scrittori che, come me, non amano parlare a vanvera e sprecare fiato per arricchire la pletora di stupidaggini che inquinano il mondo delle lettere e dei mass media in generale, ma amano al contrario veicolare idee, commenti, riflessioni, critiche ed invettive. Come ben sottolinea Federico Roncoroni (8), "l'aforisma (il nome deriva dal greco aphorismos e significa definizione) infatti è una frase che compendia in un breve giro di parole il risultato di precedenti riflessioni, osservazioni ed esperienze, dunque è qualcosa di più di una semplice definizione, è un perfetto meccanismo espressivo che, in equilibrio tra eleganza e sostanza di pensiero, a metà strada tra il gioco di parole e la massima filosofica, aspira a divertire e a far riflettere....nella sua apparente semplicità mira ad avere un massimo di densità concettuale in un minimo di brevità formale....concilia insomma la ricchezza del significato con la concisione del significante." Come si vede è dunque proprio il contrario della prolissa letteratura di quelli che non hanno niente da dire.
Molti sono anche gli scrittori italiani che nel corso dei secoli hanno coltivato il genere, da Leonardo a Galileo, da Campanella a Vico, da Beccaria a Leopardi, da Dossi a Longanesi, per continuare con Marchesi, Flaiano, Gervaso, Bufalino, Ceronetti, Sgalambro, Bellocchio, Quinzio, Pontiggia fino a Busi (9) per citarne solo alcuni e per non citare poi tutti quelli che ne hanno curato delle raccolte. Forse come sosteneva Flaubert è proprio giunto il momento di dare all'arte il valore delle scienze esatte e la sinteticità delle definizioni aforistiche ci ricorda appunto da vicino la brevità delle formule fisiche o delle regole matematiche. La produzione artistica diventa così la testimonianza di un'osservazione oggettiva della realtà e del comportamento umano e quindi prova sperimentale della stupidità del più pernicioso essere vertebrato.
La grande caratteristica morale degli autori di frasi brevi sembra che sia proprio racchiusa nel genere aforistico che si presta ad entrare in società con l'intento di debellare i sofismi, l'ipocrisia e la tirannide della stupidità umana. (persino Napoleone amava racchiudere i suoi principi in frasi sentenziose). Il genere facilita infatti la diffusione dei concetti, delle idee chiave, delle concezioni basilari che si spera abbiano per lo meno un po' di buon senso. Prendendo di mira la realtà più vasta e globale, queste frasi si prestano ad essere lette ed assimilate in tutto il mondo proprio perchè aspirano ad essere di una qualche utilità a tutti gli uomini della terra, che non dovrebbero mai dimenticare di ricordarsi che: "Chi va in giro a persuadere la gente che non è così ben governata come dovrebbe, non mancherà mai di ascoltatori attenti e benevoli.", come si auspicava forse troppo ottimisticamente il nostro Richard Hooker.
La forma breve ricorda altresì l'invettiva, lo psogos, spesso velata, ma chiaramente rancorosa e come diceva Amleto è l'anima del motto di spirito, è la sostanza del motto cinico di Freud che apre le porte alla spiegazione psicologica e filosofica dell'umorismo, tecnica che al pari della satira, anche se in modo più intellettualmente sofisticato, attacca il potere e le sue false pretensioni al rango, che devono chiaramente essere eliminate ed abbattute. (10)

L'umorismo dell'attività psichica più elevata (si vedano a questo proposito Il Motto di Spirito di Freud ed il suo saggio sull'umorismo.) ed arguta non ama le differenze tra il mondo ideale e quello reale e cercherà quindi di denunciarle (come fecero a loro tempo gli autori satirici, romantici, surrealisti ed esistenzialisti.) smascherando la falsità dei comportamenti e dei buoni proponimenti, sostituendo ai conflitti delle guerre sanguinose e violente quelli dell'intelligenza per riuscire finalmente a far emergere il buon senso. L'umorismo che si avvicina alla scienza e alla religione in quanto non si ferma davanti a nulla, ma cerca anzi di abbattere qualsiasi dogma per poter così creare le condizioni più favorevoli per sconfiggere appunto il virus più pericoloso che insidia le nostre esistenze, vale a dire il virus della stupidità.
Quell'umorismo che ama la brevità, per Shakespeare anima della saggezza, proprio quella brevità che spinse Nietzsche ad affermare: "La mia ambizione è di dire in dieci frasi quel che chiunque altro dice in un intero libro." (11) Forse è proprio pensando a questa brevità che Voltaire affermava: "...alcune righe di alcuni autori valgono di più di intere biblioteche." o che faceva pensare a George Mikes (a cui tra l'altro questo libro è anche dedicato) di non poter mai raggiungere una vera e propria gloria letteraria, ma che in certi casi consente però di ottenere una vasta diffusione ed un certo apprezzamento tra il pubblico dei lettori, come dimostrano per esempio i libri di Gino e Michele. (12)
La brevità dell'aforisma rimanda sempre ad un contesto più vasto, in quanto le sue parole sono quasi sempre connotanti e ci obbligano necessariamente alla riflessione intellettuale. Oltre a ciò, tale forma di scrittura consente una rapida lettura dei testi, e questa è una caratteristica fondamentale se anche Calvino oserà dire che proprio la rapidità sarà uno dei valori del prossimo millennio (13), rapidità che serve appunto a svelare
l'ovvio prima che sia troppo tardi.
I grandi aforismi anche se riaffermano cose già note le dicono comunque in maniera ignota e sorprendente (infatti come ci insegna N. Chomsky, da un numero finito di lettere, si può creare un numero infinito di frasi, proprio come accade con i geni) e non dimentichiamo in ogni caso di ricordare che come recita Ippocrate: "La vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione fuggevole, l'esperienza fallace, il giudizio difficile."
Sperando di poter essere di qualche aiuto, o almeno di dilettare il volenteroso lettore, vorrei inoltre, prima di concludere questa prefazione, scusarmi con quei credenti che trovassero qualche battuta un po' troppo volgare, ma voglio rassicurare loro che non è assolutamente mia intenzione offendere l'eterno, anche perchè per me non esiste, e quindi avvertirli che ogniqualvolta si trovi nei miei scritti la parolina "Dio", è preferibile interpretarla come il Dio creato dagli uomini, e dunque poco affidabile, cattivo e per alcuni addirittura anche già morto.
Ora voglio concludere augurandomi che la letteratura, e quindi a lungo andare anche i miei libri, possa contribuire a far si che, come auspicava Francesco Orlando citando Freud (14), "...gli uomini connettano a tal punto la loro vita a quella degli altri, in modo da riuscire ad identificarsi tra loro così intimamente, che l'accorciamento della durata vitale propria risulti sormontabile.", e si distrugga quindi la stupida angoscia creata dalla concezione antropocentrica che a fatica tollera l'idea di una nascita, di uno sviluppo e di una morte inappellabile.
Ecco perchè in ultima analisi i miei libri si possono considerare di natura filosofica, in quanto come diceva Montaigne la filosofia deve insegnare a morire e quando uno ha imparato a morire, e quindi non teme più la morte, ha anche imparato a non servire più, ed è diventato così un uomo libero, libero da ogni cosa, e soprattutto dalla stupidità, pronto quindi a combattere contro ogni forma di potere, di schiavitù e di conformismo verso tutti gli abusi dell'autorità.

Carl William Brown

Note:

1) Per quanto riguarda alcune di queste idee potete leggere: A. Camus L'uomo in rivolta, Mondadori, Milano, 1956 V. Mathieu La speranza nella rivoluzione, Armando, Roma, 1992
A.O. Hirschman Lealtà, defezione, protesta, Bombiani, Milano, 1982 F. Alberoni Genesi, Garzanti, Milano 1989
2) G. Orwell 1984, Mondadori, Milano, 1950 (?)
3) J.G. Fichte La missione del dotto, Mursia, Milano, 1987
4) Che la terra sia governata dalla stupidità, dall'ignoranza, dal non senso e dall'assurdo è una tesi che cerco a più riprese di dimostrare in tutti i miei scritti.
5) Si vedano L'uomo in rivolta, op. cit. e dello stesso autore Il Mito di Sisifo, Bompiani, Milano, 1947
6) A. Koestler L'atto della creazione, Ubaldini, Roma, 1975 K. Lorenz Tutte le opere
7) Voltaire Candide ou l'optimisme, Hachette, Paris, 1980
8)F. Roncoroni Il libro degli aforismi, Mondadori, Milano, 1989
9)Per gli scrittori italiani di aforismi dal duecento all'ottocento si veda il testo a cura di G. Ruozzi Scrittori Italiani di Aforismi, Mondadori, Milano, 1994; per gli altri autori si vedano le rispettive opere.
10)Si veda a questo proposito il testo Sorriso e riso di F. Ceccarelli, Einaudi, Torino, 1988
11) F.W. Nietzsche Opere Complete, Adelphi, Milano, 1977
12) Si vedano a questo proposito i piccoli libri di Gino e Michele, Matteo Molinari Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano vol. I, II e III, pubblicato il primo da Einaudi, Torino, 1991 e gli altri da Baldini e Castoldi, Milano 1992 e 1993.
13) I. Calvino Lezioni Americane
14) F. Orlando Per una teoria freudiana della letteratura, Einaudi, Torino, 1973


INTRODUZIONE
(Fondamentale la lettura)


I°) ALCUNE DEFINIZIONI

"Una causa piccolissima che sfugge alla nostra attenzione determina un effetto considerevole che non possiamo mancare di vedere.",diceva il matematico francese Henri Poincaré; a questa affermazione certamente non priva di fondatezza dobbiamo però, purtroppo, aggiungerne anche un'altra, infatti vi sono cause maestose, che sfuggono all'attenzione della maggioranza della popolazione del pianeta e che pur producendo effetti catastrofici non preoccupano più di tanto la specie che continua imperterrita il suo cieco peregrinare. Il mio intento sarà dunque quello di rischiarare un po' le tenebre e di gettare un po' di luce nei meandri della nostra stupidità.
La scelta del titolo che recita appunto Aforismi contro il potere e l'autorità, ovvero contro la stupidità, individua immediatamente i macroscopici responsabili del nostro malessere esistenziale e le somme cause delle gravi problematiche che assillano il nostro pianeta e vediamo subito il perchè cominciando a ricordare o a spiegare, per chi non ne avesse idea, cosa sono appunto il potere e l'autorità o meglio la stupidità. (Questo è solo il primo di una serie di almeno una trentina di libri che, con vari stili e impostazioni diverse, affrontano il problema in tutti i suoi aspetti.)
Senza un'analisi un po' approfondita le similitudini possono sembrare arbitrarie, gli accostamenti ed i paragoni indecenti, ma dopo aver valutato a fondo la questione le tesi sostenute appariranno del tutto lecite e non prive di fondamento.
Ormai da molto tempo l'uomo vive in società "organizzate", si fa per dire ovviamente, dove l'ordine politico è alla base delle istituzioni e delle ideologie necessarie a mantenerne e ad ampliarne l'assetto civile; or bene, il potere è uno dei primi elementi fondamentali di tale ordinamento, ed è dunque il cuore della politica, ma poiché la politica pervade ogni cosa, il potere risulta quindi essere l'elemento costitutivo della nostra esistenza. (al potere, all'autorità, così come alla stupidità saranno dedicati in seguito vari testi generali e varie ricerche particolari).
Il potere perciò è, come ci insegna Weber :" La possibilità di far valere entro una relazione sociale anche di fronte ad un'opposizione, la propria volontà, quale che sia la base di questa possibilità." (1); oppure in contesti più estesi, il potere può essere interpretato alla maniera di Parsons come: "La capacità di una società di mobilitare le proprie risorse in vista di determinati obiettivi." e ancora "Il potere è anche la capacità di prendere e far valere decisioni che sono vincolanti", il potere è dunque per Parsons qualcosa di simile al denaro, è una specie di risorsa, è insomma la capacità che ha un sistema di "Far fare le cose”(2); si potrebbe inoltre continuare fornendo una marea di definizioni (quasi tutti i filosofi hanno scritto sul potere e l'autorità) ed analizzando le varie diramazioni del potere, quali ad esempio il potere legislativo, giudiziario, esecutivo, economico, dell'informazione e via dicendo, ma per il momento fermiamoci qui e passiamo al concetto di autorità.
Sempre Weber definisce l'autorità come la "possibilità di trovare obbedienza, presso certe persone, ad un comando che abbia un determinato contenuto.", dunque l'autorità può essere concepita come una forma di potere legittimato ed istituzionalizzato che assume varie tipologie; Weber la classifica in tre categorie e cioè: L'autorità carismatica, quella tradizionale e infine quella razionale-legale. L'autorità carismatica è fondata sulla devozione, l'ammirazione e la fedeltà ad una persona o ad una entità che si crede dotata di qualità superiori, quasi soprannaturali, (leaders carismatici sono stati per esempio: Confucio, Buddha, Cristo, Gandhi, Hitler, Mussolini, ecc); l'autorità tradizionale è basata sulle tradizioni ed i costumi, sulle convenzioni e le abitudini, sulla prassi e la passività; l'autorità razionale-legale poggia sull'esistenza di regole prestabilite e su determinate posizioni formali ritenute fondamentali per il vivere sociale e stabilite via via dagli organi competenti di governo, abbiamo così l'autorità giudiziaria, legislativa, burocratica, militare, ecc. ecc. (3).
Queste denominazioni sono tratte da quella disciplina che viene comunemente chiamata sociologia (4), ma già da molto tempo prima negli ambiti letterari e filosofici l'idea di tali concetti era piuttosto chiara e veniva logicamente espressa con più abilità linguistica (in questo si nota appunto la differenza tra la letteratura, la filosofia e la più recente sociologia); Shakespeare ad esempio nel suo King Lear (5) vede l'autorità come un "cagnaccio", "un cane che è obbedito nelle sue funzioni, quand'è in carica." Avendo fatto ricorso al linguaggio metaforico di un grande artista come il poeta e drammaturgo inglese, scommetto che la spiegazione comincia ad acquisire dei tratti più nitidi e significativi.
Se dunque all'interno dei gruppi sociali il potere e l'autorità fossero servite per il bene dell'uomo e per la sua felicità, non ci sarebbe alcunchè da ridire, e l'idea del comando sarebbe indiscutibilmente positiva ed il "capo" o "i capi", i moderni "boss", cioè coloro che hanno potere e autorità sarebbero al servizio di coloro che li obbediscono e che magari li hanno anche nominati, e questo proprio in virtù delle loro qualità ben particolari. In veste di individui superiori alla normalità, essi agirebbero quindi nell'interesse generale e la specie umana ne trarrebbe indubbi vantaggi; questa era la bella idea di Senofonte (6), un filosofo greco, da cui deriva la teoria del potere come servizio, purtroppo però le cose non stanno proprio così e senza indugi vediamo anche il perchè.
Perchè in primo luogo il potere, l'autorità e quindi tutti coloro che sono investiti del comando non agiscono nell'interesse generale, già questo sarebbe un motivo sufficiente per contestare e criticare i "capi", ma c'è di più, non solo non agiscono nell'interesse generale, ma sembra proprio che il più delle volte si comportino nei modi più assurdi ed inconcepibili e riescano quindi a difondere il male, il dolore e l'infelicità sulla faccia della terra, magari giustificando il loro operato come la suprema via da percorrere per raggiungere il "sommo bene".
Per tale ragione la mia tesi, già peraltro enunciata da innumerevoli pensatori, dai quali io ho appreso e ai quali darò spazio e voce nelle mie differenti opere, è che la suprema forza che condiziona tutto l'apparato umano, e perchè no, universale, sia la stupidità, che può assumere forme e valenze molto diversificate a seconda di chi la osserva e la descrive; ad esempio viene indicata come il male o il maligno, come follia o assurdità, come corruzione o ingordigia, come peccato o crimine, come dolore o disperazione, come arroganza, saccenteria o prepotenza, come avarizia, avidità o inconsapevolezza, come preghiera o sacrificio, come ingratitudine e falsità come morte e infelicità , come ribellione, delitto e castigo, come potere o autorità e via dicendo.
E' dunque ovvio che l'unione del potere e dell'autorità con la stupidità costituisca un coktail micidiale, una terna vincente e diabolica che non promette all'uomo niente di buono.
Questa è dunque la premessa, ma cerchiamo di argomentare meglio il discorso con l'aiuto di quei famosi pensatori che più volte nel corso della storia hanno fatto sentire il loro accorato grido d'allarme.
Parlando della stupidità, in una conferenza tenuta a Vienna nel 1937, Robert Musil (7) dice una cosa molto saggia: "....non so cosa sia. Non ho scoperto nessuna teoria sulla stupidità con cui accingermi a salvare il mondo. Anzi, entro i confini della riservatezza scientifica non ho trovato neppure una ricerca specificatamente dedicata alla stupidità, e nemmeno nello studio di argomenti analoghi ho trovato il minimo accordo sulla definizione del suo concetto."; l'autore tedesco ha ragione, è praticamente impossibile sapere cosa sia la stupidità, ma noi cercheremo di fare del nostro meglio, di andare più in là, e consapevoli di poter vedere anche quelle cause che sfuggono al genere umano, cercheremo di elaborare proprio una teoria della stupidità, cercheremo insomma di spiegare cos'è.
Aiutati dalla nostra fantasia e dal concetto fisico di punto di vista, che stava particolarmente a cuore anche ad Einstein (8), inizieremo ad osservare quali sono le ripercussioni della sua triste presenza tra gli esseri viventi e da lì cercheremo di dedurre tutte le considerazioni e le spiegazioni che ci consentiranno a sua volta di classificarla, di riconoscerla, di combatterla e perchè no, alla fine, di eliminarla. Questo è dunque un lavoro che meriterebbe quantomeno la creazione di una Associazione per la ricerca e la lotta contro la stupidità, (ma evidentemente da parte dei vari stati e dei loro governanti non c'è molto interesse a favorire questo tipo di ricerche), un virus che dalle origini dell'uomo sta imperversando incontrastato ampliando sempre di più il suo raggio d'azione.
In tempi più recenti lo storico C.M. Cipolla (9) ci offre un piccolo, ma significativo, contributo e in un suo libricino dal titolo - Allegro, ma non troppo - arriva addirittura ad enunciare delle leggi fondamentali della stupidità, che a suo dire sarebbero: "1) Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione; 2) La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona; 3) Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza al contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita."Cipolla sostiene anche che la stupidità sarebbe determinata geneticamente da madre natura e questo lo porta considerevolmente vicino alla mia tesi che considera appunto la stupidità una caratteristica innata dell'universo e della materia stessa.
Applicando queste sue leggi al contesto sociale, Cipolla, da buon economista, afferma che l'intera società subisce forti perdite e si impoverisce enormemente a causa dell'operato degli stupidi, che vengono quindi considerati dallo studioso, molto, ma molto pericolosi.
Il testo in questione non è che risolva interamente i nostri dilemmi o i nostri interrogativi di fondo, ma ci aiuta tuttavia a fare un passo avanti importante nella comprensione del fenomeno, infatti a pagina 65 leggiamo: "Il secondo fattore che determina il potenziale di una persona stupida deriva dalla posizione di potere e di autorità che occupa nella società. Tra i burocrati, generali, politici e capi di stato si ritrova l'aurea percentuale di individui fondamentalmente stupidi la cui capacità di danneggiare il prossimo fu (o è) pericolosamente accresciuta dalla posizione di potere che occuparono, (od occupano). Al proposito anche i prelati non vanno trascurati."
E abbiamo così trovato in queste considerazioni una riprova ed un sostegno alle ricerche che il sottoscritto intende dedicare alla malefica triade, vale a dire al potere, all'autorità e alla stupidità. Il teorema tuttavia si va complicando, in quanto non è gioco forza che i potenti siano stupidi, a meno che non si consideri la questione da un punto di vista morale e non si parta dalla concreta verità che la società è basata su dei privilegi concessi ad alcuni e negati contemporaneamente a tutti gli altri, vale a dire, a meno che non si assuma proprio il punto di vista che guarda caso adotteremo noi.


II°) POTERE E AUTORITÀ; FOLLIA O STUPIDITÀ ?

Forse senza il potere della stupidità, o se preferite senza l'autorità della follia l'uomo non sarebbe neanche venuto al mondo, ed è perciò che come ben sottolinea Erasmo da Rotterdam nel suo Elogio della follia (10), il panorama occupato da questa divinità è universale. Seguendo lo scritto di Erasmo ci convinciamo che l'uomo, da sempre alla ricerca della felicità e del benessere, non può far altro che agire sotto il controllo della follia, perchè solo così può riuscire nel suo intento, ma tale postulato è certamente sarcastico e l'intento è ovviamente morale e satirico. Tuttavia però ne risulta una verità quasi incontrovertibile, e cioè che tutta l'umanità agisce in preda alla stupidità , e naturalmente chi può agire di più, vale a dire chi può comandare e far agire, è di conseguenza necessariamente più stupido e quindi più pericoloso per il bene comune della specie.

Il mondo è dunque in mano agli stolti, come si legge nel Talmud, l'antico testo ebraico ed è anche normale che sia così, perchè è la legge della natura, vale a dire, il più grande mangia il più piccolo, il più stupido governa sul meno stupido, il più forte comanda sul più debole e questo delirio di onnipotenza, di continua ricerca del dominio conduce l'essere umano ad instupidirsi, come sosteneva appunto il nostro Nietzsche.
Tutto ciò porta gli uomini a commettere bestialità atroci e sin dalle origini della nostra storia ne abbiamo prove innumerevoli. Con l'ausilio dell'inganno e della menzogna, nonchè della forza, alcuni individui hanno sottomesso alla loro schiavitù milioni di altre persone, tanto che, per citare un dato, tra il II° secolo a.C. ed il II° secolo d.C. su 60-70 milioni di abitanti dell'intero mondo mediterraneo, non più di due milioni, vale a dire il 3% della popolazione potevano considerarsi effettivamente liberi. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e le folli manie di grandezza dei governanti hanno lastricato il cammino umano di innumerevoli guerre. "Dal 1496 a.C. al 1861 d.C. per esempio, leggiamo in Davien, si sono avuti 227 anni di pace e 3357 anni di guerra....nei tre ultimi secoli sono state combattute in Europa ben 286 guerre. Dall'anno 1560 a.C. all'anno 1860 d.C. furono conclusi più di 8000 trattati di pace destinati a durare per sempre; la loro durata media di validità fu di due anni." Carty ed Ebling scrivono ancora : "dal 1820 al 1945 ben 59 milioni di uomini sono stati uccisi in guerre o altri conflitti mortali". (11) e si potrebbe continuare all'infinito, citando i due conflitti mondiali del novecento, lo sterminio nei lager nazisti dove furono atrocemente eliminati più di cinque milioni di ebrei, le deportazioni nei Gulag siberiani dei dissidenti russi del periodo comunista, le guerre etniche e via dicendo, ma non è tutto. La guerra non è altro che il culmine della sofferenza umana, la quale è in ogni caso sempre ben alimentata anche nei periodi di pace dai soprusi, dagli abusi che i potenti infliggono ai più deboli ed ai più saggi e qui basta pensare a tutte le persecuzioni religiose, alla crocifissione di Cristo, o alla condanna di Socrate, all'imprigionamento di spiriti liberi come Campanella, alle persecuzioni degli eretici e ai roghi sui quali persero la vita filosofi come Giordano Bruno, o ai processi durante i quali scienziati come Galileo Galilei furono costretti ad abiurare le proprie teorie o allo sfruttamento economico di milioni di individui in ogni parte della terra e si potrebbe non finire mai.
L'evidenza dei fatti sembra innegabile, l'umanità è schiava della stupidità e la follia è la sovrana dei nostri peggiori nemici, ma a proposito di nemici, ancora una volta troviamo una tragica affermazione nelle parole di un grande illuminista come D. Diderot: "I nemici hanno abitato da sempre i templi, i palazzi e i tribunali, tre ricoveri donde sono uscite le miserie della società." Addirittura i sovrani del passato, con tutti i loro guerrieri e cavalieri, con i loro oratori e poeti adulatori capaci di diffondere soltanto una marea di menzogne, si definivano tali niente meno che per autorità divina, e grazie a questa favola hanno continuato a perpetrare per secoli e secoli le più orrende malvagità.
Nonostante tutto ciò, sin dall'antichità si è anche cercato di giustificare questo miserevole stato di cose e così vari pensatori si sono prodigati per spiegare il reale stato della nostra condizione: Eraclito per esempio arrivò a dire che la guerra è comune a tutto e la lotta è giustizia, tutte le cose nascono e muoiono attraverso la lotta. La guerra è madre di tutte le cose, di tutti re; e gli uni disvela come dei e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi e gli altri liberi (12). Col passar del tempo Eraclito ha trovato dei sostenitori e si è giunti a Shakespeare che affermava: "La guerra uccide più cornuti di quanto non la pace generi uomini." (13) o Marinetti che nel suo manifesto futurista (14) esaltava la guerra come sola igiene del mondo o l'ideologo nazista Von Bernardi che dichiarava:" la guerra è una necessità biologica....decide in modo biologicamente giusto, poiché le sue decisioni poggiano sulla vera natura delle cose", oppure Lord Elton che nel 1942 in pieno conflitto mondiale asseriva tranquillamente: "La guerra, per quanto la possiamo odiare, è ancora il fattore supremo del progresso evolutivo." e anche l'antropologo Keith sosteneva: "La natura fa prosperare il suo frutteto sfrondando e potando, la guerra è il suo falcetto potatore; non possiamo fare a meno dei suoi servizi." (15).
Dunque sembra proprio che avessero ragione i futuristi a considerare la guerra come sola igiene del mondo, peccato però che non sia ancora riuscita ad eliminare il vero parassita della terra; l'uomo consciamente o inconsciamente continua a servirsene, dimostrando così la sua natura duale, sadica e masochistica e dando come sempre alla stupidità lo scettro assoluto del potere incontrastato.
Come vedremo anche in seguito la guerra è comunque in ogni caso una sanguinosa lotta per il potere, per il dominio, è l'egoistica ricerca dell'autorità e della ricchezza, è la sete di territori e di controllo sull'operato umano dei nostri simili, è praticamente una malattia del corpo e della mente, è una patologia dello spirito che non sembra destinata a guarire, a questo proposito non si dovrebbe infatti fare troppa fatica a ricordare per esempio i conflitti medio-orientali, la guerra del Vietnam o quella della ex-Iugoslavia per non parlare dei conflitti in Ruanda, Somalia, Afghanistan, Curdistan e via dicendo.
In ogni occasione vi sono dunque dei comandanti che decidono della sorte di altri uomini , delle milizie o masse informi che non esitano ad obbedire. Obbedire all'autorità è infatti la condizione necessaria affinché il potere possa venire esercitato ed è anche la condizione indispensabile perchè la stupidità possa esercitare il suo governo o meglio ancora la sua tirannide. Mi sembra dunque impossibile non sostenere che le società di ogni tempo si sono basate sul conflitto, ed è per questo che alcuni studiosi, tra cui Marx e più tardi Dahrendorf, hanno elaborato proprio una "teoria del conflitto" che tra le altre cose ci spiega anche che la struttura sociale è basata sul dominio di alcuni gruppi da parte di altri; come vedete nulla di nuovo sotto il sole.
Forse dev'essere proprio così, qualcuno deve comandare, deve condurci, il rischio però è che ci conduca allo sfacelo, alla catastrofe, e ci faccia giungere all'apocalisse tra i dolori più laceranti ed atroci. Arrivati a questo punto c'è un'osservazione di un certo rilievo che può aiutarci a capire molte cose; Federico II° di Prussia (anche i governanti talvolta sanno riconoscere la stupidità), un potente sovrano, non c'è dubbio, una volta esclamò: "Se i miei soldati cominciassero a pensare, nessuno più rimarrebbe nelle mie file." e questa breve e sarcastica frasetta ci spiega dunque che i potenti hanno bisogno, per portare a termine i loro nefasti progetti, di gente fedele e ossequiosa che, per paura o per denaro li segua ciecamente nelle loro folli imprese di conquista e di sterminio; ma allora non sono solo i potenti che non hanno cervello, come ipotizza Hugh Freeman nel suo libro Le malattie del potere (16), ma a quanto pare sono anche i loro seguaci ad avere qualche problema.
Certamente il mondo ha bisogno di azione, per progredire deve essere dinamico e a questo proposito Freeman cita John Maynard Keynes, il famoso economista, il quale dopo lunghe frequentazioni dei leader politici si era convinto che :"Il mondo non potrebbe mai essere guidato dagli scettici.....inclini a sospendere il giudizio.... l'origine dell'azione va ricercata nell'ignoranza profonda e nella follia." Tutto sembra collimare con le mie tesi iniziali ed è perciò che oggi più che mai mi appare rivelatoria la storiella dei pesciolini.
In un suo celebre esperimento, Erich von Holst tolse ad un pesciolino della specie dei Cabacelli la parte anteriore del cervello, dove sono situate tutte le funzioni di gruppo. Konrad Lorenz ci racconta l'accaduto. "Il cabacello senza cervello anteriore, vede, mangia e nuota come uno normale, l'unico particolare aberrante nel comportamento è che non gliene importa niente se esce dal branco e nessuno dei compagni lo segue. Gli manca quindi l'esitante riguardo del pesce normale che, anche se desidera nuotare con tutta l'intensità in una determinata direzione, già dopo i primi movimenti si volta verso i compagni e si lascia influenzare dal fatto che alcuni lo seguano e quanti. Di tutto questo al compagno senza il cervello anteriore non gliene importa assolutamente niente; quando vedeva qualcosa da mangiare o se per qualsiasi altra ragione voleva andare da qualche parte, nuotava via con decisione, ed ecco, l'intero branco lo seguiva. L'animale senza testa era diventato appunto, per via del suo difetto, il capo indiscutibile." (17).
Se leggiamo l'esperimento come una metafora letteraria ne deduciamo che come già più volte abbiamo sostenuto la stupidità e la follia sono in massima parte presenti nei potenti, e dunque ne risulta che chi comanda praticamente risulta essere senza una parte di cervello, il guaio però è che nelle comunità umane anche chi obbedisce e segue l'autorità non sembra averne molto di più.
La sicurezza del potere, come ci ricorda Leonardo Sciascia, si fonda sull'insicurezza dei cittadini, e così la loro ignoranza frammista alla loro codardaggine fa si che gli individui che hanno meno scrupoli, più malvagità e meno senso morale, praticamente i più egoisti e intraprendenti conducano i loro simili verso il baratro dell'infelicità.
L'istinto di morte che pervade la nostra specie, come aveva rilevato giustamente Freud (18) , è anch'esso associabile al dilagare della sofferenza, del masochismo e dell'imbecillità, infatti chi più ha paura di morire più cerca di sopravvivere e tale spinta all'autoconservazione non fa altro che riaffermare sempre di più la valenza mortale della specie umana. Eros contro thanatos dunque. Questa tesi è condivisa tra gli altri da Norman Brown (19), e da un altro grande antagonista del potere, vale a dire Elias Canetti che nella sua opera Massa e Potere (20) sostiene che il potere significando appunto autoconservazione sia necessariamente stupido e violento, poiché non esiste istinto di conservazione che non abbia una tendenza aggressiva. D'accordo con Canetti sembra essere anche Arno Gruen che in un suo saggio afferma: "Chi si è votato al potere non avvicinerà mai i suoi simili su un piede di parità quantunque a voce dichiari il contrario: per costui, i rapporti con gli altri sono definiti soltanto in termini di potere o di debolezza, ed egli stesso deve accumulare potere il più possibile per diventare invulnerabile e dimostrarsi tale." (21).
Dunque il potere significa contemporaneamente autorità e violenza, vale a dire ancora una volta follia e stupidità. Questa tesi viene ulteriormente ribadita da Barbara Tuchman che nel suo libro sulla guerra intitolato La marcia della follia scrive: " La follia è figlia del potere (vi ricordo che per Erasmo la follia era figlia del denaro). Noi tutti sappiamo che il potere corrompe. Siamo meno coscienti del fatto che esso genera follia; che il potere di decidere spesso provoca la latitanza della riflessione (22).

III°) DISOBBEDIENZA, PROTESTA E RIBELLIONE. GLI ANTIDOTI CONTRO LA MALATTIA DEL POTERE.

"Le generazioni peggiorano sempre più. Verrà un tempo in cui saranno talmente maligne da adorare il potere; il potere equivarrà a diritto per loro, e sparirà il rispetto per la buona volontà. Infine quando l'uomo non sarà più capace di indignarsi per le ingiustizie o di vergognarsi in presenza della meschinità, Zeus lo distruggerà. Eppure, persino allora, ci sarebbe una speranza, se soltanto la gente comune insorgesse e rovesciasse i tiranni che la opprimono."
In queste parole del mito greco sull'età del ferro troviamo una strana premonizione, infatti sin dai tempi più antichi l'uomo ha capito che per ottenere giustizia, dopo che i terrestri avevano conosciuto il potere e la stupidità, ci si sarebbe dovuti ribellare. Da allora la storia del genere umano oltre che dalle guerre e dallo sfruttamento è costellata anche da innumerevoli sommosse e ribellioni. Dalle rivolte più o meno efficaci degli schiavi greci e romani, tra i quali spicca il famoso nome di Spartaco, alle proteste successive dei contadini, alle critiche dei filosofi e dei letterati, alle varie guerre d'indipendenza per liberarsi dagli invasori stranieri, alle vere e proprie rivoluzioni per eccellenza, come quella inglese di O. Cromwell del 1649, quella americana del 1776, quella francese del 1789, quella russa del 1917, quella cubana del 1959, per citarne solo alcune tra le più note.
Ci sono voluti migliaia di anni affinché gli individui che costituiscono la base della piramide sociale conquistassero un po' di libertà e conferissero alle loro esistenze una dignità accettabile, ma ahimé questo si è verificato soltanto in alcuni luoghi del pianeta, mentre ancora pietose rimangono le condizioni della stragrande maggioranza della popolazione terrestre.
Come ha giustamente rilevato E. Fromm :" Esattamente come il mito giudaico di Adamo ed Eva (che cogliendo la mela disubbidiscono al volere divino e commettono il peccato originale che li obbliga a confrontarsi con l'asprezza della vita terrena, ma li rende al tempo stesso liberi e responsabili delle loro azioni) quello ellenico di Prometeo concepisce la civiltà umana basata tutta quanta su un atto di disobbedienza. Rubando il fuoco agli dèi, Prometeo pone le fondamenta dell'evoluzione umana. Non ci sarebbe storia umana senza il "delitto" di Prometeo. Il quale, al pari di Adamo ed Eva, è punito per la sua disobbedienza; ma Prometeo non si pente, non chiede perdono. Al contrario, afferma orgogliosamente di preferire "essere incatenato a questa roccia che non essere il servo obbediente degli dèi" (23).
La follia e l'imbecillità hanno asservito milioni di uomini per edificare i loro monumenti e mantenere i loro vizi, perciò i grandi movimenti rivoluzionari della storia, primo fra tutti il cristianesimo, hanno lottato fino al martirio per diffondere idee di giustizia, di uguaglianza, di fratellanza e di libertà, ma sono alla fine sempre stati sconfitti da sua maestà la stupidità, che ha sempre fatto del suo meglio, e ogni qualvolta veniva scacciata dal trono dei vecchi governanti si insediava nella testa dei nuovi paladini del benessere universale che potevano così continuare nella più fastosa tradizione; i dissidenti venivano emarginati, si costituivano nuove gerarchie, nuovi sudditi, nuovi padroni e nuovi schiavi. In questo modo è anche accaduto che persino i seguaci di una delle filosofie più umanitarie che mai siano state elaborate, vale a dire il cristianesimo, riuscirono a scatenare le guerre più feroci e le persecuzioni più crudeli.
Con la Riforma protestante dei primi anni del XVI° secolo (praticamente un'altra rivoluzione) e le forti critiche di Lutero nei confronti della corruzione e dell'ipocrisia della chiesa si inaugurò un'altra epoca in cui il denaro ed il capitale si sposano con la religione e diventano il segno della predestinazione divina al successo terreno e alla beatitudine eterna (24). Mentre la chiesa predica la povertà e si veste di ori passano i secoli e le disuguaglianze sociali vengono solo in minima parte mitigate, tanto che restano sempre valide le parole di Platone: "Tieni conto che la grande ricchezza e l'estrema povertà rendono l'uomo infelice in quanto l'una produce lusso, pigrizia e moti rivoluzionari, e l'altra grettezza, lavoro scadente e moti rivoluzionari (25).
Ecco perchè ai potenti sono sempre serviti dei deterrenti per sedare pericolose eventuali rivolte, e questi furono realizzati grazie all'oppio anestetizzante della religione prima e dei mass media in seguito, alla forza degli eserciti prima e della polizia poi, e alla rigidità delle leggi e delle pene. Così l'autorità e la divina stupidità riuscirono ancora a tenere a bada il desiderio di felicità e lo spirito di libertà dell'intera umanità.
Gli esseri umani aspirano sì alla fratellanza, all'uguaglianza, all'amore e alla giustizia, ma vi è sempre stato qualcosa che ha impedito la realizzazione di tutto questo e visto che "non si riusciva a fortificare la giustizia, si giustificò la forza." (26).
La guerra di tutti contro tutti continuava, la chiesa cercava di rafforzare i suoi dogmi e la sua morale, le leggi dei governanti e dei nobili facevano il resto. Ogni azione dei benestanti era intesa ad asservire la plebaglia, ma si sa "Finché vi saranno dei miserabili vi sarà all'orizzonte un'immagine che può diventare un fantasma e un fantasma che può divenire Marat" come scrisse V. Hugo. A poco a poco la gente comune, grazie all'impegno di vari filantropi acquisì una maggiore coscienza, capì che le leggi non erano altro che stratagemmi per conservare ricchi privilegi e che la morale cristiana non era altro che una favola per imporre determinate volontà ai sudditi del regno (27).
Anche nell'ambito intellettuale si cominciò a demistificare l'autorità e a denunciare le varie favole create ad hoc per istupidire la folla; si cercava insomma di rendere chiaro che :
" E il primo di tutti i rimedi contro la tirannide, ancorché tacito e lento, egli è pur sempre il sentirla; e sentirla vivamente i molti non possono, (benché oppressi ne siano) là dove i pochi non osino appien disvelarla." (28). Perchè il vero guaio è proprio lì, al potere vi erano degli stupidi, che distillavano le loro frenesie da qualche scribacchino accademico di pochi anni addietro e la grande massa, anch'essa sotto l'influsso della facente funzione terrena della stupidità, vale a dire l'ignoranza, un po' per forza e un po' per amore li seguivano.
Molta acqua è passata sotto i ponti e nelle società moderne industrialmente e culturalmente avanzate, si fa per dire, le cose sono leggermente migliorate. Gli insegnamenti dei grandi pensatori sono serviti a qualcosa, ma i problemi rimangono. "Forse l'intero genere umano è diventato nevrotico per effetto del suo stesso sforzo di civiltà" diceva Freud (29) e capita così che non appena l'uomo riesce a liberarsi da un'idea o da un'autorità che lo opprime ne inventa subito un'altra per riuscire a stare ancora male come prima, o magari anche peggio.
Praticamente ogni misfatto non è che la fine di un nuovo principio e benché per fare qualcosa di giusto si debba sbagliare molo, nulla vieta di supporre che la nostra specie sia succube di qualche sadico e infimo progetto. Nel frattempo l'etica continua a predicare invano e la stupidità fa il suo corso travolgendo ogni buon proponimento. Probabilmente, come credevano anche Popper, Lorenz, Monod, e altri illustri pensatori, non esiste una legge del progresso che spinga necessariamente l'umanità verso il meglio, ragion per cui ci si deve arrangiare.
Certo la preoccupazione maggiore consiste nell'ipotesi che l'uomo, come sostenevano Freud, Reich, e altri, sia per natura masochista, voglia cioè tramutare le sua sconfitte in vittorie e da qui trarne magari anche piacere e godimento; è ovvio che questo complicherebbe di non poco la situazione. Negli ultimi trecento anni si sono infatti avute più rivoluzioni che nei venti secoli precedenti, ma al contempo se "gli inferiori si ribellano per poter essere uguali, gli uguali si ribellano per poter essere superiori" come ci insegna Aristotele (30) e dunque ne deriva una lotta senza fine che porta l'uomo da una parte a temere la morte e dall'altra a desiderare di sopravvivere a tutti gli altri, ad avere cioè sempre più potere. (Come avevano già ben intuito Canetti e altri, vedi note 11, 16, 17, 20, 21.)
Accade così proprio quello che aveva descritto Freud:" L'uomo vede nel prossimo non soltanto un eventuale aiuto e oggetto sessuale, ma anche un invito a sfogare su di lui la propria aggressività, a sfruttare la forza lavorativa senza ricompensarlo, ad abusarne sessualmente senza il suo consenso, a sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, ad umiliarlo, a farlo soffrire, a torturarlo, a ucciderlo." (31). Al masochismo generale della specie si associa ovviamente anche il sadismo degli individui e perciò leggiamo ancora in Freud: "Venendo alle restrizioni concernenti soltanto determinate classi della società, troviamo in esse condizioni aspre, sempre del resto apparse tali. C'è da attendersi che le classi neglette invidino ai più fortunati i loro privilegi e facciano di tutto per sbarazzarsi del più di privazioni loro imposto. Dove ciò non è possibile, si affermerà all'interno di tale civiltà un malcontento durevole, in grado di condurre a pericolose ribellioni. Ma se una civiltà non ha superato lo stadio in cui il soddisfare un certo numero di suoi partecipi ha come presupposto l'oppressione di altri suoi partecipi, forse della loro maggioranza (com'è il caso di tutte le civiltà attuali) è comprensibile che gli oppressi sviluppino un'intensa ostilità contro la civiltà, da essi consentita con il loro lavoro, ma dei cui beni ricevono una parte insufficiente......(32)
Coloro che non permettono dunque una rivoluzione pacifica, renderanno dunque inevitabile una rivoluzione violenta, ebbe a dire in seguito J.F. Kennedy e così visto che la stupidità è universale si auspicherebbe che anche la ribellione diventi un'efficace legge cosmica.

IV°) DAL CAOS DELL'ASSURDO ALLA STUPIDITÀ CONTEMPORANEA.

J.P. Sartre diceva che il XX° secolo è il secolo del non sapere, come sempre perciò l'origine di tutti i mali va ricercata nell'ignoranza, nella follia e nella stupidità, ma tali entità non sono comunemente circoscrivibili, in più la loro natura più profonda ci è sconosciuta, ragion per cui è un po' difficile che si riesca a capire i loro segreti.
Il caos dunque ritorna o forse non se n'è mai andato e così l'unico modo per cercare di colmare i nostri dubbi è quello di affidarci all'assurdità del reale: "L'assurdo non è né dentro l'uomo, né dentro il mondo, ma dentro la loro presenza comune. Nasce dalla loro antinomia. E' per il momento il loro unico legame.", in questi termini si esprimeva A. Camus nel suo Mito di Sisifo (33). Il filosofo francese, da buon intellettuale come Sartre, visto la condizione umana, inciterà all'azione e inviterà a coltivare un pensiero modesto cioè liberato dall'ignoranza e dalla pretesa all'infallibilità, che si liberi al tempo stesso dall'egoismo, dall'ingiustizia, dallo schiavismo e dalla miseria. Si delinea così l'etica della rivolta e Camus appunto nel suo libro L'uomo in rivolta (34) scriverà che :" La rivolta nasce dallo spettacolo dell'irragionevolezza, davanti ad una condizione ingiusta e incomprensibile.......la rivolta genera appunto le azioni che si chiede di legittimare, in quanto l'uomo è la sola creatura che rifiuti di essere ciò che è." e ancora "L'uomo in rivolta non preserva niente, poiché pone tutto in gioco.", praticamente Camus giunge al paradigma "Mi rivolto, (lotto) dunque siamo" ed è in questo senso che "dobbiamo pensare Sisifo felice" poiché si può e si deve passare da una rivolta solitaria al riconoscimento di una comunità di cui bisogna condividere le lotte.
Queste sono certamente tutte belle parole, ma dobbiamo anche fare i conti con quello che ci offre tutti i giorni la realtà politica e sociale del nostro pianeta. La continua ricerca del progresso e della felicità stanno conducendo l'uomo della civiltà avanzata sull'orlo della catastrofe, ma ovviamente dovremmo rendercene conto.
Le moderne democrazie hanno sostituito le vecchie catene delle monarchie del passato con lacci invisibili ma ugualmente resistenti e dunque le magie dell'autorità che si trasforma in autoritarismo della stupidità sono sempre più subdole e raffinate. Le nazioni più industrializzate e quindi più potenti militarmente ed economicamente sfruttano e lasciano vivere in miseria, quando non muoiono di fame, i due terzi della popolazione terrestre; le grandi multinazionali industriali e finanziarie non guardano più in faccia l'uomo e l'unica legge che conta è quella dell'arricchimento più sanguinario, del profitto, del mercato, della massima produzione, della competizione più sfrenata, della sopravvivenza e del potere, con l'ulteriore aggravante della qualità totale, si, ma della stupidità.
Dopo che alcuni popoli hanno lottato per secoli allo scopo di ottenere uno standard di vita accettabile, un modello più o meno concreto di Welfare State, l'avidità dei potenti è riuscita ad instaurare un nuovo schiavismo in ogni parte del globo, inducendo i lavoratori dei paesi più poveri a produrre quasi gratuitamente ,e senza alcuna considerazione per i loro diritti più elementari, merci di ogni tipo; i capitali non hanno più alcuna frontiera e in un attimo possono mettere in ginocchio gli abitanti più deboli della terra; essi si nutrono di sangue umano e consentono ai potenti di riappropriarsi di tutta la loro più atavica e perfida arroganza.
Un quinto della popolazione mondiale ormai inebriata dalla droga del consumo e del successo spreca l'80% della produzione globale, l'inquinamento del pianeta sta arrivando alle stelle, tutti i paesi sono impegnati in una corsa sfrenata per battere la concorrenza e si giunge in nome del dio denaro a commettere ancora una volta, com'è nella più antica tradizione, i crimini più stupidi e insensati. I signori della guerra economica ormai dominano il mondo, così persino nelle zone con la più antica cultura ispirata alla saggezza buddhista ci si strangola di lavoro pur di incrementare il prodotto interno lordo e pur di esportare a basso prezzo per conquistare i mercati, insomma pur di rovinarsi l'esistenza.

I capitani d'industria hanno sostituito i capitani di ventura, gli operai i soldati degli eserciti votati al massacro, la ricerca del denaro quella dell'immortalità e così chi è dominato dalla fissazione del potere e dal bisogno di conquistarlo non fa altro che esibire un vuoto interiore talmente grande da far dubitare persino che l'uomo non sia altro che un automa impazzito creato da un'insaziabile e malefica potenza.
Il panorama mondiale sta diventando sempre più bizzarro, la mostruosa crescita demografica fa somigliare la specie umana ad un inarrestabile tumore maligno che ha colpito la terra e la sta distruggendo impietosamente. Nei paesi meno progrediti lo sfruttamento degli operai, bambini compresi, è atroce; in India per esempio i capannoni dove la gente lavora sono chiusi dall'esterno per evitare assenteismo e garantire una morte atroce in caso di disgrazia; in questi luoghi le vite umane si comprano a prezzo di mercato, tre o quattro dollari al giorno se va bene, niente contributi, niente assicurazioni, niente di niente, solo bestialità.
Il modello di successo con tassi di crescita a due cifre e con il costo del lavoro ridotto quasi a zero per resuscitare la pratica dello schiavismo puro sta per essere esportato in tutto il mondo, soprattutto nei paesi dell'ex-impero sovietico, dove le alternative più decenti a questo brutale asservimento sono la prostituzione per le donne e la criminalità per i maschi. Nessun accordo internazionale previsto dal Gatt per evitare lo sfruttamento viene rispettato e i paesi occidentali ormai in preda ad una crescente disoccupazione, che precede lo spettro della recessione, se vogliono competere non possono fare altro che adottare gli stessi metodi o sperare che un cataclisma, non importa di quale genere, distrugga l'altra metà del pianeta.
C'è da aggiungere che anche nelle grandi città occidentali o nei paesini degli stati più ricchi non è comunque semplice vivere decentemente; in alcune zone la criminalità, che del resto è l'industria con il maggior fatturato mondiale, rende l'ambiente del tutto simile ad un girone infernale dove la gente di buona volontà sconta le pene della moderna stupidità globale.
Il sistema non è mai stato così labile, al tempo dei greci si poteva al massimo distruggere una civiltà, ma oggigiorno il rischio è quello di una distruzione totale del nostro pianeta. Come denuncia E. Severino il mondo capitalista si è separato dalla totalità sociale e non teme neanche più il proprio annientamento, infatti: "Se il resto del mondo esisteva anche quando le cose che incominciano ad essere erano ancora un niente, e continuerà ad esistere anche quando le singole cose torneranno ad essere niente; ciò vuol dire che tra ogni cosa e tutte le altre cose del mondo non esiste alcun legame necessario, e che dunque l'azione dell'uomo scioglie legami che erano già sciolti, divide cose che erano già divise o che stanno insieme con la disponibilità o la vocazione ad essere divise." (35) e così grazie all'ontologia greca si può giustificare anche il gioco al massacro più crudele. E tutto questo forse per voler ad ogni costo creare un Nuovo Mondo, magari come quello descritto da A. Huxley (36), un mondo cioè esclusivamente dominato dagli automi e dagli apparati tecnologici, un mondo che ha ormai perso ogni suo residuo di umanità.

La scienza si separa sempre più dall'unità totale e ricerca in branchie sempre più specifiche separate e l'uomo ormai non è diventato che la cavia dei potenti della terra. Certo, come hanno recentemente sostenuto Popper, Kuhn, Feyerabend (37) e altri non esiste una verità assoluta, il lavoro scientifico deve cercare di smentire le teorie su cui si basa per progredire, per avanzare; il sapere del passato serve solo come trampolino di lancio per elaborare sistemi più complessi, il modello ideale dunque non esiste o perlomeno è la trasmissione continua di modelli precedenti; ma siamo comunque sicuri di stare andando nel verso giusto ?
Ormai il mondo è una falsità unica, una grande idiozia e l' autorità di questo ne è più che mai orgogliosa; gli unici a cui da carta bianca sono gli scienziati, perchè questi devono essere liberi, come sosteneva appunto P.K. Feyerabend che affermava: "Gli scienziati lavorano meglio se sono al di fuori di ogni autorità, compresa l'autorità della ragione.", ma non è così, loro la ragione la seguono ed è forse per questo che ci condurranno alla rovina, infatti come ammoniva K. Marx (38) gli uomini geniali sbagliano genialmente e possono provocare danni terribili. Per progredire bisogna dunque violare il metodo, come ci ha insegnato Feyerabend, ma non in questo modo, non violando la dignità umana.
Ma la stupidità ordina la rincorsa all'arricchimento, e l'adorazione del denaro e l'uomo si fa incastrare, tanto che il giudizio severo di K. Lorenz recita: "Accanto alle ali dell'argo (è un uccello che sviluppa così tanto le sue ali da non riuscire più a volare), il ritmo lavorativo dell'uomo civilizzato occidentale (ora anche orientale) è il prodotto più stupido della selezione intra-specifica. La fretta in cui s'è intestardita l'umanità industrializzata è in effetti un buon esempio di evoluzione non funzionale, dettata esclusivamente dalla concorrenza fra appartenenti alla stessa specie (39).
Tali ammonimenti sembrano però essere assai vani, in quanto i signori controbattono: "Nel lungo periodo saremo tutti morti." e allora avanti. Fior di civiltà sono decadute, perchè dunque non dovrebbe decadere anche la nostra? Ma è proprio per questo che i signori del potere hanno paura e la paura fa brutti scherzi e allora bisogna tutelarsi conquistando sempre più ricchezza e autorità, nella folle illusione di sopravvivere per sempre.
" A cavallo della frontiera fra Stati Uniti e Messico c'è una grande fascia di officine di montaggio, la Maquiladora, che funziona a livelli ottocenteschi: vi lavorano bambini e bambine a salari irrisori e senza alcuna protezione. Maquiladora è un grande successo commerciale che riempie i tecnocrati di soddisfazione." scrive il canadese J.R. Saul nel suo libro I Bastardi di Voltaire (40), ed è proprio così, i veri padroni del mondo sono ormai gli industriali, i tecnocrati, i finanzieri, sono loro i veri tiranni. Essi si alleano poi con i politici e con i burocrati per dominare e sottomettere gli uomini ordinari, ed è proprio per tale ragione che creano eroi in grado di impersonare il potere agli occhi della gente, in modo tale da governare, attraverso leggi che più gli fanno comodo, tutto il sistema.
Concedendo alcune piccole, false ed irrisorie libertà individuali, che non influenzano del resto minimamente la loro dittatura, procedono indisturbati nel loro patetico progetto di asservimento planetario, e la gente li lascia fare, alcuni dirigenti e piccoli impiegati perchè riescono a guadagnare qualcosa dal losco affare e tutti gli altri perchè sono evidentemente troppo deboli per reagire contro il mostro dai mille tentacoli.
La corruzione è la prassi più collaudata, come pure l'addomesticamento delle masse attraverso i mass media, grazie cioè ai sicofanti del potere, come li chiama B. Russel (41). Gli individui vengono spersonalizzati, svuotai della loro dignità e delle loro capacità critico-dialettiche, in modo tale da avere persone completamente deresponsabilizzate e programmate per essere sempre pronte ad ubbidire passivamente, pena l'esclusione dal benessere, dalla corte, dai privilegi ed il temuto ingresso nel tunnel del fallimento sociale, psichico, morale ed economico.
Si creano così individui angosciati, intrappolati in una sfrenata corsa verso l'imbecillità, alieni che fanno comodo ai gerarchi proprio in quanto non sanno riflettere e quindi non costituiscono un pericolo concreto. Sono in primo luogo i persuasori occulti della pubblicità, della televisione, dei giornali a contribuire splendidamente a tale deplorevole progetto, fanno credere ai consumatori di fruire del piacere del benessere, agevolando così lo svuotamaneto di significato della nostra comunità. La massa si muove dunque sempre più irrazionalmente seguendo gli istinti più elementari, e risulta quindi sempre più uniformemente agglomerata e conformista, sempre più alienata e controllata dai detentori del potere economico e politico.
Dunque siamo in pesenza di una società sempre più ad una dimensione, come sosteneva H. Marcuse (42), dove il potere riesce a sopprimere le personalità individuali ottenendo così una ferrea organizzazione, con una rigida divisione del lavoro, in cui ogni uomo deve chinare il capo e obbedire pedissequamente, riuscendo così a fruire solo della sua stupidità, perchè a questo è stato abituato sin dalla nascita.
In conclusione ci troviamo a vivere in un mondo praticamente spaventoso; un mondo dove le coscienze sono eterodirette, dove imperversano la moda e le modelle, i calciatori ed i presentatori, i cantanti e i giornalisti, i politici e i delinquenti, i giudici e le ballerine, un mondo in cui questi personaggi guadagnano miliardi e miliardi, dove l'affarismo, la corruzione, le connivenze, il nepotismo, la criminalità e l'evasione fiscale dominano incontrastati e dove le persone, oltre che ad essere manovrate come marionette, vivranno sempre più in miseria. Un mondo dove ogni governo preposto alla esecuzione delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle, aggirarle od anche solo eluderle godendo al tempo stesso della più sicura impunità.
" E quindi, o questo infrangi-leggi sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore o legittimo; buono o tristo, uno o molti, a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo che lo sopporta è schiavo." come ammoniscono le parole sempre moderne dell'Alfieri (43). E alla tirannide c'è un solo rimedio, la ribellione.
Benchè la speranza risulti troppo spesso sorella della povertà, non dobbiamo neanche dimenticarci che essa è pur sempre l'ultima a morire; per esempio, in America, patria delle grandi contraddizioni, sta emergendo un movimento che intende vietare la permanenza dei politici nelle loro cariche elettive, ma questo non cambia poi molto la sostanza dei problemi, in quanto morto un papa se ne fa un altro e in questo modo il papa è comunque sempre in carica e allora dobbiamo nuovamente affidarci ai letterati che forse ci propongono situazioni più metaforiche, ma che hanno al tempo stesso una maggiore valenza significativa. Per esempio, un processo che aiuterebbe a raggiungere una forte autonomia potrebbe essere la "Decapitazione dei capi", un'idea tratta da un libro di I. Calvino (44) dove si propone un nuovo modello di società, cioè un sistema politico basato sull'uccisione rituale dell'intera classe dirigente a intervalli di tempo regolari.
Questa sarebbe di certo una soluzione molto più funzionale al miglioramento della vita civile, in quanto interromperebbe effettivamente l'avidità di potere, l'arroganza ed i progetti dell'autorità, la vanità della stupidità. Certo la procedura sembrerebbe un po' troppo categorica, ma è ora che l'uomo capisca che "dobbiamo smetterla con l'abitudine della deferenza verso i grandi uomini" come suggeriva K. Popper (45) poiché "A rovinare l'uomo è il servilismo, il conformismo, l'ossequio, non l'aggressività che è nell'ambiente più che dentro di noi." (R.L. Montalcini).
Un 'altro metodo è quello di diffidare sempre dello stato, "lo stato infatti, come avvertiva Nietzsche, è il più freddo di tutti i mostri. Esso mente freddamente. Dalla sua bocca esce questa menzogna: Io sono lo stato, sono il popolo." Ci si deve insomma rivoltare alle eliteés del potere che governano senza che il cittadino possa minimamente influenzare le loro decisioni e la rivolta non deve nascere solo dagli oppressi, ma deve nascere anche dallo spettacolo dell'oppressione di cui sono vittime gli altri (46).
E' pertanto obbligatorio attaccare l'addomesticamento perchè: "L'indottrinamento non è incompatibile con la democrazia, anzi è la sua stessa essenza. In uno stato totalitario poco importa ciò che pensa la gente. Ma in una democrazia è fondamentale sapere che cosa pensa la gente, orientarla e condizionarla ricorrendo alla fabbrica del consenso, alle illusioni necessarie." Ecco un potere, anzi il potere contro cui si scagliano intellettuali come N. Chomsky o K. Popper.
E' fuori discussione che per migliorare il mondo e rendere tutti i suoi abitanti più sereni si dovrebbero servire le vittime del potere e non il potere stesso. Ma ciò sembra ancora lontano da venire. Ricordiamoci comunque che anche l'uomo di potere per potente che sia non è un Dio e anche lui deve soggiacere alla volontà di un'autorità molto più potente di lui, vale a dire deve soggiacere alla vanità della stupidità.
La lotta deve quindi giustificare l'esistenza e la disobbedienza ne deve diventare l'arma per eccellenza. Ed infine amerei concludere con una piccola citazione biblica che si addice magnificamente ai ciarlatani del pensiero e ai ricchi adulatori (della stupidità) che dovrebbero interpretare queste frasi come un'atavica ed imperitura condanna: "Guai a voi, o ricchi, perchè avete già la vostra consolazione! Guai a voi che siete satolli, perchè patirete la fame! Guai a voi che accumulate casa a casa, campo a campo, tanto che non c'è più posto per gli altri, e tenete occupata tutta la terra per voi soli. " Perchè Allah è grande e vi punirà.

P.S. Questa non è che una piccola introduzione al progetto di ricerca di natura artistico-filosofica che comprenderà diversi libri di aforismi e di saggi tutti indirizzati contro il potere e l'autorità della stupidità. E' ovvio che nel prossimo libro ci inoltreremo più a fondo in queste tematiche e gli aspetti della questione ne risulteranno quindi sempre più evidenti. Alla fine della ricerca che sfrutterà tutte le indagine precedentemente svolte dai migliori pensatori della storia, si comprenderà più chiaramente la natura filosofica e letteraria della stupidità, e le mie teorie vi illumineranno in modo tale che anche per voi, così come ora per me, il potere e l'autorità non avranno più segreti e nemmeno vi potranno infastidire più di tanto, perchè sarete sicuramente in grado di difendervi egregiamente e sarete
in ogni caso in grado di lottare e di mettere in difficoltà il nemico molto meglio di prima, anche perchè avrete meno paura, infatti è sempre molto difficile spaventare chi non ha paura di morire, o chi ha magari già provato a morire.

Carl William Brown

Note:

1) M. Weber Economia e società, Ed. Comunità, Milano, 1961
2)T. Parsons Sistema politico e struttura sociale, Giuffrè, Milano, 1975
3) Vedi nota 1
4) Si vedano per esempio:
N.J. Smelser Manuale di sociologia, Il Mulino, Bologna, 1987
L. Gallino Dizionario di sociologia, Utet, Torino, 1978
N.Bobbio, N.Matteucci,G. Pasquino Dizionario di politica,
Utet, Torino, 1983
M. Prélot Storia del pensiero politico, Mondadori, Milano, 1975
5) W. Shakespeare Re Lear, Rizzoli, Milano, 1963
6) Senofonte I memorabili di Socrate .........
7) R. Musil Sulla stupidità e altri scritti, Mondadori, Milano, 1986; si veda anche dello stesso autore L'uomo senza qualità,
Einaudi, Torino, 1957
8) A.Einstein, L. Infeld L'evoluzione della fisica, Boringhieri,
Torino, 1965
9) C.M. Cipolla Allegro ma non troppo, Il Mulino, Bologna, 1988

10) Erasmo da Rotterdam Elogio della follia, Mursia, Milano, 1966
11) Si veda l'introduzione di G. Celli al libro di K. Lorenz
L'aggressività, Mondadori, Milano, 1986; si veda inoltre anche il testo di E. Fromm Anatomia della distruttività umana, Mondadori, Milano, 1975
12) G. Giannantoni I presocratici, Laterza, Bari, 1969
13) Si vedano: A.L. Zazo Aforismi sul gran teatro del mondo, Mondadori, Milano, 1992
L. Brioschi Massime per governanti, Guanda, Parma, 1992
M. Miner e H.Rawson (a cura di) Dictionary of Quotations
from Shakespeare, Penguin, London, 1995
14) F. Grisi I futuristi, Newton Compton, Roma, 1990
15) Si veda la nota 11
16) H. Freeman Le malattie del potere, Garzanti, Milano, 1994
17) K. Lorenz L'aggressività, Mondadori, Milano, 1986
18)Si veda di S. Freud Al di là del principio del piacere, Boringhieri, Torino, 1975
19) N.O. Brown La vita contro la morte, Adelphi, Milano, 1978
20) E. Canetti Massa e potere, Adelphi, Milano, 1981 e Potere e
sopravvivenza, Adelphi, Milano, 1974
21) A. Gruen La follia della normalità, Feltrinelli, Milano, 1994
22) B. W. Tuchman La marcia della follia, Mondadori, Milano, 1985
23) E. Fromm La disobbedienza e altri saggi, Mondadori, Milano, 1982
24)Si veda di M. Weber L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Rizzoli, Milano, 1991
25) Platone La Republica in Tutte le opere, Sansoni, Milano, 1993
26) B. Pascal Pensieri, Newton Compton, Roma, 1993
27) Si veda F. W. Nietzsche Opere complete, Adelphi, Milano, 1977
28) V. Alfieri Della Tirannide in Prose politiche a cura di P. Cazzani, Asti, Casa d'Alfieri, 1951
29) S. Freud L'avvenire di un illusione. Si veda nota 31
30) Aristotele La politica, Laterza, Bari, 1960
31) S. Freud Il disagio della civiltà e altri saggi, Boringhieri,
Torino, 1971
32) Vedi nota 31
33) A. Camus Il mito di Sisifo, Bompiani, Milano, 1947
34) A. Camus L'uomo in rivolta, Mondadori, Milano, 1956
35)E. Severino Il declino del capitalismo, Rizzoli, Milano, 1993
36) A. Huxley Il nuovo mondo, Mondadori, Milano, 1935
37) Si consulti a questo proposito un buon dizionario filosofico, un'enciclopedia filosofica o un manuale di filosofia del '900.
38) D. McLellan Guida a Marx, Rizzoli, Milano, 1977
39) Si veda la nota 17
40) J.R. Saul I bastardi di Voltaire, Bompiani, MIlano, 1994
41) B. Russel Elogio dell'ozio, Tea, Milano, 1990
42) H. Marcuse L'uomo a una dimensione, Einaudi, Torino, 1967
43) Si veda la nota 28
44) I. Calvino Prima che tu dica pronto, Mondadori, Milano,...
45) K. Popper La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma, 1973
46) Si veda la nota 34


AFORISMI DI CARL WILLIAM BROWN

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