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	 Non tutti nella vita sono dotati
	della stessa generosità e questo per l'umanità non è una buona cosa. Gli
	esempi virtuosi tuttavia non mancano, dobbiamo seguirli e crearne sempre di
	nuovi! 
	Carl William Brown 
	Bob Geldof Italia ultima negli
	aiuti. Il cantante accusa. Roma è indietro rispetto alle promesse per
	l'Africa fatte al G8 nel 2005 
	 
	LONDRA. Un anno dopo l'impegno solenne preso dai paesi del G8 per salvare
	l'Africa da povertà, malattie, sottosviluppo, un Paese si distingue dagli
	altri per l'inadempienza rispetto alle promesse: l'Italia. Questo,
	perlomeno, afferma Bob Geldof, il cantante irlandese che l'anno scorso
	organizzò il megaconcerto planetario "Live8" e la concomitante campagna di
	pressioni sui leader degli otto Paesi più ricchi della Terra, riuniti in
	Scozia per il loro summit annuale, affinché promuovessero un'iniziativa
	globale in soccorso del continente nero. Dodici mesi più tardi, un rapporto
	redatto da «Data», l'organizzazione che si batte per la cancellazione del
	debito, la lotta all'Aids e la fine delle sovvenzioni agricole che
	danneggiano l'Africa, fa il punto su quanto gli Otto Grandi si erano
	impegnati a fare e quanto hanno fatto. «Le promesse non sono state mantenute
	o sono state solo parzialmente mantenute», riassume Geldof citando le cifre
	del rapporto e chiamando in causa in particolare il nostro Paese. 
	«L'Italia è così indietro nell'incremento degli aiuti che non ho idea di
	come farà a rientrare in linea con gli impegni presi», accusa il cantante,
	che lo scorso dicembre finì sulla copertina del settimanale Time nsieme a
	Bill e Melinda Gates come «personaggi dell'anno» per il lavoro compiuto in
	favore del Terzo Mondo. Secondo il rapporto, entro fine anno l'Italia  
	dovrebbe mettere a disposizione dell'assistenza allo sviluppo dell'Africa
	qualcosa come 800 milioni di euro in più. Altre nazioni del G8 che non hanno
	fatto abbastanza in questo campo sono la Germania e il Canada. «Le promesse
	fatte dai  
	Paesi più ricchi ai Paesi più poveri sono le più sacre», commenta Geldof,
	«se non manteniamo gli impegni presi, uccideremo quei Paesi» 
	Mentre sul fronte della cancellazione dei debito i Paesi industrializzati
	stanno rispettando gli obiettivi che si erano fissati, un altro campo di
	inadempienza è quello dell'introduzione di regole commerciali più eque nei
	confronti dell'Africa: anche qui il primato negativo, secondo «Data», va
	all'Italia, che insieme alla Francia rappresenta l'ostacolo maggiore
	all'eliminazione delle sovvenzioni agricole alle esportazioni, sovvenzioni
	che i leader del G8 si erano impegnati ad abolire entro il 2013. Gli Otto
	dovranno fare di più, infine, anche per la lotta all'Aids in Africa, dove si
	sono compiuti progressi, ma gli sforzi dovrebbero ora raddoppiare per
	raggiungere il target stabilito: in questo campo Stati  
	Uniti, Gran Bretagna e Francia guidano i finanziamenti, mentre Italia,
	Canada, Giappone e Germania - conclude il rapporto - forniscono meno della
	quota equa di finanziamento. Enrico Franceschini  La Repubblica 
	Non mancano però segnali
	positivi, infatti chi vuole veramente fare qualcosa di grande per sé e per
	gli altri non può fare a meno di diventare anche un grande filantropo, vedi
	gli esempi di alcuni americani famosi, primo fra tutti il famosissimo Bill
	Gates; evidentemente dovrebbe essere chiaro a tutti, che fare del bene, può
	essere anche un'ottima azione per la propria gloria, le proprie aziende e
	forse anche per l'umanità! 
	 Etica e Capitalismo  La
	lezione di Warren e di Bill 
	Adesso sappiamo come - gestire con efficacia le risorse destinate alla lotta
	alla povertà! 
	 
	Molta burocrazia, poca efficienza, una discreta propensione alla truffa
	nelle organizzazioni dei paesi donatori e agli illeciti arricchimenti ai
	vertici dei paesi che ricevevano sfondi. Poi qualcuno ha cominciato a
	ragionare in maniera diversa. Ad applicare alla gestione degli interventi di
	aiuto la stessa logica di efficienza applicata nella }  
	gestione delle multinazionali. A misurare i risultati, a correggere la rotta
	quando questi erano inadeguati rispetto alle risorse impiegate. Tutto ciò è
	soprattutto il risultato dell'impegno diretto di persone come Bill Gates,
	George Soros, Bill Clinton e altri di pari esperienza, nella gestione delle
	fondazioni da ciascuno di essi create. 
	Soros si è impegnato soprattutto nel "democracy building", la sua fondazione
	si è dedicata alla costruzione delle istituzioni delle giovani democrazie.
	Gates ha concentrato la sua attenzione sulla educazione e, ancora di più,
	sulla lotta alle malattie che affliggono le popolazioni del terzo mondo e
	sono un ostacolo enorme alla loro possibilità di  
	uscire dalla gabbia della povertà. Gli interventi sono stati collegati a una
	maggiore trasparenza delle istituzioni locali e già nel 2002 e nel 2003 si é
	potuto constatare che questo collegamento rendeva più efficaci gli
	interventi. Gates ha costruito per le attività della sua fondazione dei
	"misuratori di performance" che si sono dimostrati validi. 
	 
	Oggi sappiamo cosa fare per affrontare molti fattori che rendono la povertà
	una gabbia e aprirne i cancelli. Il problema, che è sul tavolo già da un
	paio d'anni, è come aumentare la scala degli interventi, dove trovare le
	risorse per una lotta determinata e finale. Le proposte di Gordon Brown (cartolarizzare
	i contributi degli stati ricchi previsti per i prossimi anni, così da avere
	subito una adeguata massa di manovra) e di Crac (imporre una tassa di un
	dollaro su ogni biglietto aereo) almeno per il momento sono rimaste lettera
	morta. L'unico fronte sul quale i paesi industrializzati si stanno muovendo
	con una certa continuità, anche se c'è ancora da fare, è la cancellazione
	del debito dei paesi più poveri. 
	Nelle scorse settimane due fatti hanno riportato la questione all'attenzione
	del mondo. Il primo è la decisione di Bill Gates di ritirarsi dai ruoli
	operativi nella Microsoft entro il 2008 per dedicarsi maggiormente alla sua
	fondazione (che ha un patrimonio di 60 miliardi di dollari, con la donazione
	di Buffet); il secondo fatto è la decisione di Warren Buffet di destinare
	alla Fondazione Bill e Melinda Gates 31 miliardi di dollari del suo
	patrimonio. 
	Le ragioni addotte da Buffet sono che non ha mai pensato di lasciare ai suoi
	figli tutto quello che aveva accumulato, anche se lascerà loro abbastanza da
	vivere molto bene, e che, dovendo scegliere come gestire i 31 miliardi che
	intendeva in qualche modo restituire alla società, ha individuato chi quel
	mestiere aveva dimostrato di farlo assai bene, e cioè la Fondazione Bill e
	Melinda Gates. 
	Le lezioni di questa vicenda sono tante. Quella più importante per la lotta
	alla povertà, è che ci sono ormai le competenze e le metodologie per
	affrontarla in maniera concreta. Approfittiamone. Non affidando a Gates
	tutte le risorse, anche se il suo impegno personale è una delle ragioni
	della svolta, ma almeno copiandolo,imparando i metodi da lui applicati. 
	Temo che la nostra cooperazione allo sviluppo non abbia mandato a Seattle
	(sede della Fondazione) neanche un borsista. 
	Marco Panara 
	 
	Le "Charities" applicano la finanza alla
	beneficenza. Negli Stati Uniti le Fondazioni private gestiscono con criteri
	manageriali decine di miliardi di dollari destinati a progetti contro la
	malaria, le malattie rare, l'emarginazione. 
	 
	"Le ingiustizie nel mondo sono il nostro obiettivo", proclama Bill Gates che
	lo scorso dicembre si è guadagnato la copertina della persona dell'anno di
	Time per il suo ruolo di Buon Samaritano. Il primo assegno di Buffet, da un
	miliardo e mezzo di dollari, arriverà in luglio nelle casse della
	Fondazione: è pari al budget di un intero anno di spese dell'Unicef, la
	fondazione delle Nazioni Unite per l'Infanzia. 
	 
	Gli uomini ricchi hanno fra i loro privilegi, quello di dar vita a grandi
	beneficenze dalle quali le masse hanno vantaggi duraturi, e così i ricchi
	stessi rendono la loro vita dignitosa. Andrew
	Carnegie 
	 
	Dio mi ha dato una gran massa di denaro, e io credo che sia mia dovere farla
	fruttare sempre di più per avere ancora altro denaro e fare con questo il
	bene dei miei consimili. John Rockfeller 
	 
	Voglio che tutti abbiano nella stessa misura in cui ho avuto io anche in
	termini di educazione: mi hanno insegnato a leggere, avere fiducia, capire
	com'è bello il mondo. Bill Gates 
	 
	La vita è terribile per miliardi di persone intorno al mondo, e io ho deciso
	di unire le forze con Bill per roidurre quanto più eè possibile queste
	diseguaglianze. Warren Buffet 
	 
	 
	New York nello stesso giorno in cui il "Wall Street Journal" sbatteva in
	prima pagina la faccia disegnata a matita di "VictorEmmanuel", ironizzando
	sui traffici loschi dei Savoia tra video poker e prostitute, Warren Buffett,
	il grande vecchio del capitalismo americano, ha spiegato le ragioni del suo
	regalo di 31 miliardi di dollari alla Fondazione Bill & Melinda Gates. "Non
	credo che ci sia posto, nel mondo di oggi, peri diritti diastici", ha detto
	Buffett in una intervista televisiva con Charlie Rose. "Ai miei figli
	lascerò quel che basta per vivere comodamente. Ma se vorranno esssere
	ricchi, dovranno guadagnarselo" 
	Buffett è un personaggio unico nel mondo della finanza mondiale. Grazie a
	una strategia oculata di investimenti, è diventato l'uomo più ricco del
	mondo dopo Bill Gates. Ma è avaro, non ha mai speso un centesimo per oggetti
	di lusso, mangia hamburger e beve Coca-Cola (di cui è azionista). E invece
	di essere geloso del cinquantenne fondatore della Microsoft, ha costruito
	con lui un rapporto di amicizia e di stima reciproca, sfociato nel dono alla
	Fondazione, che ne raddoppia la potenza economica. E' un dono che rimarrà
	anonimo, quello di Buffett. Quindi più altruista. Più generoso. E' anche un
	gesto che rinnova una tradizione che in America ha radici antiche. Nel 1889
	Andrew Carnegie, il businessman di origini scozzesi che, fondò il primo
	grane impero americano dell'acciaio (un po' come cerca di fare ora l'indiano
	Lakshmi Mittal su scala globale), scrisse un articolo intitolato "Wealth",
	Ricchezza, con una frase ché rimase celebre: "Chi muore ricco, muore in
	disgrazia". La spiegazione? "Gli uomini ricchi hanno il potere di
	organizzare una opera di beneficenza da cui le masse trarranno beneficio e
	loro stessi motivo di dignità". 
	Carnegie morì nel 1919. In tutto diede via 350 milioni di dollari di allora,
	cioè lo 0,42 per cento del pil (prodotto interno lordo) di quell'anno. Fu il
	capostipite dei filantropi americani e ancora oggi rappresenta un punto di
	riferimento. Poco dopo fu il turno di John Rockefeller, finanziere,
	costruttore, petroliere,. che alla sua Fondazione lasciò 450 milioni di
	dollari, l'equivalente dello 0,49 per cento del pil. "Dio mi ha dato i miei
	soldi", diceva Rockefeller. "Ritengo che sia mio dovere arricchirmi, fare
	ancora più soldi e poi usarli per il bene dei miei simili". 
	Dopo Carnegie e Rockefeller, arrivò Henry Ford, il pioniere dell'industria
	automobilistica moderna, la cui Fondazione è ancora la seconda della hit
	parade del settore dopo quella dei coniugi Gates. E su queste basi cioè
	l'importo che avrebbe incassato è sorta e si è sviluppata la cultura
	filantropica americana, intesa soprattutto come fattore riequilibrante delle
	ineguaglianze sociali del capitalismo e come elemento etico, spirituale, in
	contrapposizione con il materialismo della società industriale. 
	E' sempre difficile misurare la filantropia in termini quantitativi. Ma due
	cose appaiono chiare. Innanzitutto la beneficenza dei privati è molto
	inferiore, nei paesi ricchi, alle spese statali. E poi i ricchi americani
	appaiono, molto più generosi di tutti gli altri "colleghi" del mondo.
	Secondo il libro di Lester Salomon, della John Hopkins University, "Global
	civil society:-Dimensions of the non-profit sector", pubblicato nel 2004;
	gli Stati-Uniti guidano la classifica dei 36 paesi esaminati, con l'l per
	cento del pil (senza contare i doni di natura religiosa) tra il 1995 e il
	2000. L'Italia, invece, è all'ultimo posto assieme all'India, con appena lo
	0,1 per cento. 
	Certo, negli States c'è un legame più forte tra fede e spinta alla
	generosità. Ci sono anche leggi che favoriscono la beneficenza sotto il
	profilo fiscale. E i livelli della spesa sociale sono così bassi, così
	insufficienti, da spingere i privati ad aprire il portafoglio. Ma troppo
	spesso, dall'altra parte dell'Atlantico o del Pacifico, i super-ricchi si
	accontentano di pagare le tasse (molto spesso neanche quello e anzi cercano
	di fregare lo stato ed il prossimo in tutti i modi)) senza pensare ad altri
	doveri nei confronti della società. Spesso, anche le leggi sulla sucessione,
	che attribuiscono una quota prefissata dell'asse ereditario ai discendenti,
	impongono una rigidità che va a discapito della filantropia e a favore delle
	dinastie. 
	Qualcosa, lentamente, sta cambiando anche in Europa. Ma intanto la
	filantropia attraversa negli Stati Uniti un'altra "età dell'oro"
	paragonabile alla fine del diciannovesimo secolo. Anche prima della
	decisione di Bill Gates di "cambiare mestiere" tra due anni, per dedicarsi a
	tempo pieno della Fondazione, e del regalo di Warren Buffett, le statistiche
	di "Giving Usa", il rapporto annuale curato dal centro per la filantropia
	dell'università dell'Indiana mostravano un trend in rapido sviluppo. Nel
	1998 le donazioni dei privati hanno superato per la prima volta la soglia
	del 2 per cento del Pil, nel 2000 sono arrivate al 2,3 per cento, nel 2004
	hanno raggiunto i 248 miliardi di dollari (e l'erario ha "perso" 40
	miliardi: 
	cioè l'importo che avrebbe incassato se la cifra non fosse stata esentasse).
	Come si spiega il boom? E' l'effetto congiunto di tre fattori:-
	l'invecchiamento della popolazione americana, che spinge i più anziani, come
	Buffett, a provvedere alle donazione; il clima più solidaristico -imposto
	dall' 11 settembre; e la creazione, grazie al boom della new economy, di una
	nuova leva di imprenditori iperricchi. Nel 2004, ad esempio, Pierre Omidyar;
	fondatore di eBay, ha regalato 170 milioni di dollari a una associazione per
	aiutare i bambini malati. Tra il 2000 e il 2004 Gordon Moore, fondatore
	della Intel, ha dato 7 miliardi per sostenere cause ambientaliste. 
	Al di là di queste donazioni mirate e individuali, la nuova febbre della
	beneficenza sta anche rafforzando  
	il ruolo delle Fondazioni. Diventano dei centri di potere e di irradiazione
	politica. George Soros, ad esempio, che ha finanziato con 2,3 miliardi di
	dollari la sua Open society, la considera uno strumento per rafforzare le
	istituzioni nei paesi di giovane democrazia e per sostenere le cause sociali
	che gli stanno a cuore. 
	La Ford Foundation, che ha la sede a due passi dal palazzo di vetro dell'Onu,
	si muove su scala planetaria. La Clinton global iniziative ha raccolto
	impegni per 2,5 miliardi di dollari e dal 20 al 22 settembre riunirà a New
	York alcuni dei personaggi più in vista del mondo della finanza, della
	politica e della filantropia, da Gates a Rupert Murdoch, da Kofi Annan a
	Tony Blair, per presentare i suoi progetti. 
	Naturalmente la Fondazione Gates ha un peso diverso da tutte le altre.
	Innanzitutto per l'ammontare dei suoi fondi che ne fanno di gran lunga la
	numero uno al mondo: con l'arrivo dei 31 miliardi di Buffetti il suo
	capitale complessivo, che era fino a ieri di 30 miliardi, senza contare gli
	8 già spesi dal 1994 ad oggi, si raddoppia. 
	Quest'anno supererà, per esborsi nei tre settori chiave (scuole superiori
	negli Usa, informatica nelle biblioteche e soprattutto lotta alle "tre
	grandi malattie", aids, malaria e tubercolosi), il bilancio annuale dell'Unesco
	(1,36  
	miliardi di dollari rispetto a 610 milioni). E nel futuro assumerà sempre
	più il carattere di una "Onu privata": senza i laccioli del multilateralismo
	e guidata con piglio manageriale. Arturo Zampaglione 
	- 1975 Bill Gates crea la Microsoft
	insieme a Paul Allen. Nel 1986 la società quotata in borsa, è il più grande
	colosso dell'informatica. 
	- 1994 Con Melinda e il padre, Gates comincia le attività benefiche in
	America: oggi il 75% del bilancio è destinato alla "Salute Globale" 
	- 2006 A Giugno Gates ha annunciato che entro il 2008 lascerà la Microsoft
	per dedicarsi unicamente ai progetti umanitari della fondazione. La
	fondazione di Seattle è ora il maggior ente di beneficenza del mondo. 
	 
	I Precedenti 
	 
	Carnegie. Magnate della siderurgia alla fine dell'ottocento donerà gran
	parte della sua fortuna per costruire biblioteche, musei e università. 
	 
	Rockfeller. Dall'inizio del Novecento la famiglia dei banchieri ha avuto
	attività benefiche nella medicina e nell'educazione. 
	 
	Clinton. L'ex-presidente ha creato una fondazione che raccoglie fondi per
	combattere l'Aids e altre malattie del Terzo Mondo 
	 
	Le più importanti fondazioni benefiche
	americane 
	 
	1) 60.000.000.000 di dollari Bill & Melinda Gates (compresa la donazione di
	Warren Buffett) 
	 
	2) 11.615.906.693 Ford Foundation 
	 
	3) 9.105.401.000 Robert Wood Johnson Foundation 
	 
	4) 8.355.276.000 Lilly Endowment 
	 
	5) 7.298.383.532. W.K. Kellogg Foundation 
	 
	6) 7.120.799.000 William and Flora Hewlett Foundation 
	 
	7) 5.500.000.000 Andrew W. Mellon Foundation 
	 
	8) 5.360.000.000 John D. and Catherine T. MacArthur Foundation 
	 
	9) 5.200.000.000 Gordon and Betty Moore Foundation 
	 
	La superpotenza della filantropia. Gates e Buffett superano l'Onu Fondazione
	Gates  
	 
	Quartier generale Seattle, 500 Fifth Avenue North 
	Bilancio 60 miliardi di dollari (di cui 30 donati da Warren Buffett) 
	Presidenza Bill Gates, Melinda Gates (moglie) William H. Gates (Padre) 
	Dipendenti 241 
	Missioni nel mondo 100 paesi 
	Donatori Famiglia Gates e Berkshire Hathaway di Warren Buffett 
	Obiettivi 104 milioni di dollari per la lotta alla tubercolosi 
	260 milioni di dollari per la Malaria 
	360 milioni per l'Aids 
	750 milioni per il piano delle vaccinazioni 
	 
	Nazioni Unite  
	 
	Quartier Generale New York, First Avenue, 46 Street 
	Bilancio 20 miliardi di dollari 
	Segretario Generale Kofi Annan (mandato di 4 anni, scadenza a dicembre) 
	Dipendenti 53.589 (i costi di gestione sono pari a 1.5 miliardi di dollari)
	(e gli stipendi sono belli alti, alla faccia della povertà) 
	Donatori Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e
	Canada 
	Obiettivi 25 agenzie umanitarie specializzate in tutti i settori
	dell'intervento del soccorso e sviluppo umanitario 
	 
	L'organizzazione Mondiale per la Sanità (che svolge molte missioni simili
	alla fondazione Gates) ha un bilancio pari a 429 milioni. 
	 
	 
	NEW YORK - Metti insieme i due uomini più ricchi del mondo, tutti e due
	animati da una grande voglia di fare del bene al prossimo, e lo
	straordinario risultato sarà una super charity da 60 miliardi di dollari:
	una fondazione che farà impallidire le Nazioni Unite, con i suoi 12 miliardi
	di dollari spesi ogni anno dalle sue agenzie, creando una vera superpotenza
	della filantropia. 
	Da ieri tutto questo è una realtà. Warren Edward Buffett, il secondo uomo
	più ricco al mondo (stando all'ultima classifica pubblicata da Forbes) ha
	deciso i regalare una grandissima parte della sua immensa fortuna - 44
	miliardi di dollari (circa 55 miliardi di euro) - all'unico al mondo che è
	più ricco di lui:Bill Gates. Tutti quei soldi non andranno nelle tasche del
	mago del software e fondatore di Microsoft,le cui fortune ammontano a 50
	miliardi di dollari (63,5 miliardi di euro), ma  
	serviranno per rendere ricchissima la "Bill & Melissa Gates Foundation", la
	fondazione caritatevole creata dal  
	suo amico-rivale, impegnata da anni negli aiuti all'Africa e non solo) e che
	i due guideranno insieme nel prossimo futuro. 
	Le donazioni —pubblicizzate con una pagina sul New York Times di domenica e
	confermate ieri a NewYork in una conferenza stampa da Buffett e Gates -
	rappresentano un record storico e difficilmente battibile anche nell'America
	dei ricchi filantropi che ha visto tra le sue fila gente del calibro di John
	D. Rockefeller, Paul Getty, Andrew Carnegie, W. K. Kellogg,e, da ultimo,
	dello stesso Bill Cates; tutti ricchissimi industriali e imprenditori che si
	sono privati di somme ingenti per sovvenzionare quelle che sono oggi tra le
	più ricche fondazioni al mondo. Un fenomeno che contribuirà a intensificare
	il trend della beneficienza in stile imprenditoriale. «Approccio molto
	efficace per far sì che gli obiettivi vengano effettivamente raggiunti»,
	spiega Uwe Reinhardt,professore di economia a Princeton citato dal Wall
	Street Journal. Con la fama del suo- business, Gates imprime credibilità
	alla sua azione. E inoltre ha accesso diretto ai leader mondiali, a
	differenza di altre associazioni. 
	Oltre che alla Bill&Melissa Gaffes Foundation - cui andranno 30,7 miliardi
	di dollari - una «piccola» quota di quell'85 per cento della ricchezza di
	Buffet servirà a finanziare le charity familiari del guru degli
	investimenti: 3,07 miliardi alla "Susan Thompson Buffet Foundation",
	l'associazione caritatevole dedicata alla moglie (da cui si era separato 28
	anni fa e morta nel 2004) che si occupa di pianificazioni familiari, borse
	di studio per gli studenti poveri e prevenzione delle armi nucleari; 1,07
	miliardi alla "Susan A. Buffet Foundation" (la figlia), per i bambini delle
	famiglie più povere nei primi anni di scuola; 1,07 miliardi alla "Howard G.
	Buffet Foundation" (il figlio) il cui scopo primario è l'ambiente, l'acqua
	pulita e gli aiuti umanitari e 1,07 miliardi di dollari infine alla "NOVoFoundation"
	che si occupa di diritti umani. 
	Cifre consistenti, ma poca cosa rispetto ai quasi 30,7 miliardi chwe
	finiranno ai coniugi Gates. Il perché è presto spiegato.  
	Nonostante la differenza di età Buffet ha 75 anni, Gates 50 - i due uomini
	più ricchi del mondo vantano un sodalizio che data al 1991, l'anno del loro
	primo incontro. Oltre a viaggiare spesso insieme nei paesi del Terzo Mondo
	per iniziative caritatevoli, oltre ad avere la stessa passione per il bridge
	(giocato prevalentemente online) Gates e Buffet negli ultimi 15 anni sono
	rimasti costantemente in contatto, scambiandosi l'un l'altro consigli e
	vedute sia sul piano professionale che personale. Un'amicizia vera, rara nel
	mondo delb business, rarissima tra due uomini così ricchi e potenti. Chi li
	conosce bene si aspettava una mossa delgenere, anche se una cifra così alta
	nessuno l'aveva prevista. A convincerlo è stata la decisione di Bill Gates,
	resa pubblica recentemente, di lasciare il suo business miliardario per
	dedicarsi all'impegno umanitario. I due lavoreranno insieme, perché anche
	Buffet farà parte del trustee della charity di Bill&Melinda, che grazie a
	lui raddoppierà l'attuale patrimonio per raggiungere l'incredibile cifra di
	quasi 60 miliardi di dollari. «Bill e Melinda sono i migliori del mondo, i
	Tiger Woods della beneficenza. Per questo li ho scelti per distribuire il
	mio denaro», ha detto Buffett.'«Susie e io non abbiamo mai pensato di
	lasciare così tanti soldi ai nostri figli. Ho sempre pensato  
	che, quando i figli hanno tutti ivantaggi, non sarebbe né giusto né
	razionale inondarli di sóldi»: «Siamo impressionati dalla decisione del
	nostro amico Warren», gli ha fatto eco Bili Gates: «Abbiamo la grandissima
	opportunità di cambiare in positivo la vita della gente. Le ingiustizie del
	mondo sono il nostro obiettivo». Al contrario di Bill Gates, Warren Buffet
	fuori dagli States è praticamente uno sconosciuto. Negli Stati Uniti
	l'amministratore delegato della Berkshire Hathaway è invece una leggenda
	vivente: il guru degli investimenti, «l'oracolo Omaha» dal nome della città
	del Nebraska  
	dove è nato e dove continua ancora a vivere nella stessa casa dove abita da
	decenni. E, dove ogni anno ventimila persone arrivano da ogni parte
	d'America per ascoltare - in quella che viene definita la «Woodstock del
	capitalismo» dall'oracolo di Omaha" il rapporto annuale, condito di consigli
	seri e di molte facezie, della Berkshire Hathaway. Alberto Flores D'Arcais 
	
	Leggi altri articoli sulla realtà
	della beneficenza e del volontariato!    |