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PREMESSA
Innumerevoli sono gli studiosi che si sono occupati del fenomeno comico-umoristico
e che hanno cercato di spiegare le ragioni psicologiche e sociali del riso; tale
constatazione di fatto è una sicura prova dell'importanza che la questione riveste
nell'ambito della ricerca culturale. Per di più la letteratura anglo-sassone ha offerto
nel corso dei secoli brillantissimi esempi di scrittori satirici ed umoristici; perciò
vari anglisti hanno dedicato grande interesse a tali autori ed alle tematiche congiunte
alla loro scrittura.
Non va poi dimenticato che il riso, le battute di spirito, ed il linguaggio comico
in generale rivestono una grande importanza nel mondo teatrale e cinematografico, come del
resto nella vita sociale di ogni giorno.
Per tali ragioni e per un interesse del tutto personale, ho creduto opportuno
dedicare tale lavoro all'analisi dell'opera di uno scrittore umorista qual è George
Mikes.
Poichè non esistono su tale autore libri di critica, ho impostato la ricerca
basandomi sull'ampia bibliografia che tratta delle tematiche comico-umoristiche in
generale ed ho cercato quindi di valutare quale possa essere il contributo di una certa
letteratura, e nel caso specifico di tale autore, all'etica ed all'estetica
dell'esistenza.
Ho
cercato inoltre, applicando le diverse teorie sul comico all'analisi di una certa produzione artistica, di individuare,
attraverso confronti e parallelismi, quali siano effettivamente le caratteristiche del
fenomeno umoristico; soffermandomi con particolare attenzione sugli aspetti psicologici e
sociologici della questione.
CAPITOLO I°.
I.1 IL
TERMINE UMORISMO. LE ORIGINI.
Secondo la concezione ippocratica, ripresa poi nel II°secolo d.C. da Galeno e
successivamente, nella fisiologia medievale e rinascimentale, da Ben Jonson e Robert Burton, gli
"Humours" (umori) erano liquidi (1)
contenuti all'interno del corpo ed erano elementi fondamentali
per la preservazione dell'organismo. Il giusto equilibrio di tutti questi componenti era
necessario per una buona salute e la malattia derivava proprio dall'irregolarità di
questa mistura. Tale dottrina, detta dell'Umoralismo,
serviva quindi a stabilire il "temperamento" di un individuo, cioè il suo
"carattere" ed era alla base della individuazione patologica del tempo. Successivamente il temine
"Humour" venne ad indicare una condizione di squilibrio mentale, un vizio, una
mania, una valenza negativa dell'individuo.
Ben Jonson, nel suo "Every Man out of his Humour"
distingueva due tipi di "humour"; il primo legato alla natura intrinseca del soggetto
(True Humour) ed il secondo legato
alle condizioni sociali dell'epoca, alla moda (Adopted Humour). In
questo tipo di commedia, detta appunto "Comedy of humours" egli tratteggiò una
acuta analisi della società del suo tempo, che offriva umori e modi adatti alla
rappresentazione satirica. Non a caso nel Rinascimento apparve "L'Elogio
della Pazzia" di Erasmo da Rotterdam
che venne affermando l'embrione di quello che sarebbe stato il nuovo spirito critico delle
generazioni future.
L'opera è indicativa ed illuminante per poter meglio affrontare il fenomeno
umoristico, infatti parte proprio dall'autocritica e dall'analisi dei difetti dell'uomo
per evidenziare gli aspetti irrazionali o folli della psiche umana; guardando le cose alla
rovescia e facendo uso di strumenti come il paradosso e l'ironia, attacca satiricamente
tutte le classi sociali consolidate dell'epoca e va affermando una nuova libertà
intellettuale. Il mondo stava cambiando, il nuovo universo era alle porte, i grandi
pensatori non si accontentavano di un'interpretazione fissa della realtà, non accettavano
i "dogmi" e gli "idola" del passato e si battevano per affermare le
loro idee, le loro scoperte, i loro metodi. Fù di questo passo che attraverso le ricerche
e gli scritti di Galileo, Keplero, Copernico, Campanella, Bacone, Leonardo, Newton, Locke,
Hobbes ecc. la vecchia concezione del mondo
crollò e apparve l'attuale configurazione.
L'apporto della cultura e della ricerca anglosassone fu indispensabile al processo
di rinnovamento e nel frattempo nell'ambito letterario gli inglesi cominciavano ad essere
orgogliosi per l'eccellenza delle loro commedie e andavano affermando che queste erano
superiori a quelle degli antichi e dei moderni francesi grazie al loro "humour".
Il primo che cercò di spiegare la particolare eminenza dello humour negli inglesi fu William Temple che nella sua Of poetry del 1690 asserì che la natura
umoristica era propria della nazione inglese ed era dovuta alla ricchezza del suolo, alla
tolleranza del governo e all'incertezza del
clima. (2) Il termine perdeva così la sua valenza negativa di "affected manner"
e diventava un'espressione naturale e caratteristica di una nazione di uomini liberi e
ricchi.
William Congreve in Concerning humour in comedy (1695)
confermò le osservazioni di Temple ed un altro
scrittore nel 1777 condensò la storia del "True humour" in poche parole
dicendo: "At length Commerce, and her companion Freedom, ushered into the world their
genuine offspring, True Humour." (cfr. nota 2).
Un nuovo clima culturale, più liberale e democratico, più espansivo e
scientifico, andava sempre più affermandosi, grazie anche e soprattutto alla grande
Rivoluzione del 1688, che aveva reso consapevoli gli inglesi della loro libertà e
delle loro forti potenzialità. E' evidente che il concetto di "Humour" andava
sviluppandosi in stretta connessione con l'evoluzione del concetto di "Natura"
che appariva in tutte le sue più varie manifestazioni, proprio nelle classi che
avevano un ordinamento di regole più elastico, meno influenzato dai modelli culturali
dell'epoca e dove i sentimenti naturali e primordiali erano parte integrante di tale sistema di vita.
A questo punto il termine aveva assunto valenze positive, indicava lo stato d'animo
e la disposizione intellettuale di una classe liberale e ottimista, incline all'allegria,
estremamente fiduciosa nelle proprie possibilità, attenta alla fenomenologia del reale,
pronta a criticare e a divulgare. Lo spirito di questo nuovo atteggiamento è
riscontrabile in un celebre brano dell'Addison (3)
dove l'autore affermava che dalla Verità (Truth) nasce il Buon Senso (Good Sense), e da
questo lo Spirito (Wit), il quale Spirito, sposandosi con una parente di linea
collaterale, l'Allegria (Mirth) genera lo " Humour".
Sin dalle origini dunque tale "Humour" si
caratterizzò come una realtà complessa; questo contribuì a generare un po' di confusione, soprattutto in chi cercò di
definirlo, tanto che nell'edizione dell'Enciclopedia Britannica del 1771 l'autore dell'
articolo sull' Umorismo, invece di elaborare una
definizione precisa, rimandò i lettori
a due altre voci ecioè "Fluido" (Fluid) e "Spirito" (Wit). (4)
Dunque fù proprio in questo
periodo storico che si
preparò il terreno che genererà in seguito scrittori che esalteranno
con le loro opere la letteratura inglese e con-
tribuiranno al successo di quello che ormai era diventato un vero e proprio stile.
I.2 DALL'EPOCA
ROMANTICA AI TEMPI MODERNI.
Con l'epoca romantica le definizioni si sviluppano ulteriormente, sino a delineare
il concetto di "Umorismo" in modo sempre più articolato e profondo. L'Umorismo
sembra diffondersi sempre più con l'evoluzione culturale della società stessa e sembra
diventare la caratteristica peculiare di quello che è ormai un nuovo spirito vitale,
tipico delle popolazioni anglo-germaniche, infatti come scriveva il Nencioni: "L'antichità, nel suo felice
equilibrio dei sensi e dei sentimenti, guardò con calma statuaria anche nelle tragiche
profondità del destino. L'anima umana era sacra e giovine allora, né il cuore e
l'intelligenza erano stati tormentati da trenta secoli di precetti e di sistemi, di dolori
e di dubbi. Nessuna penosa dottrina, nessuna crisi interiore aveva alterato la serena
armonia della vita e del temperamento umano. Ma il tempo e il Cristianesimo hanno
insegnato all'uomo moderno a contemplare l'infinito, a paragonarlo con l'effimero e
doloroso soffio della vita presente. Il nostro organismo è continuamente eccitato e
sovraeccitato; e secolari dolori hanno umanizzato il nostro cuore. Noi guardiamo
nell'anima umana e nella natura con una simpatia più penetrante, e vi troviamo delle
arcane relazioni e un'intima poesia ignote nell'antichità.... Il riso d'artista e la
comica fantasia di Aristofane, alcuni dialoghi di Luciano, sono eccezioni. L'antichità
non ebbe, nè poteva avere, letteratura umoristica.... Si direbbe che questa sia la caratteristica
delle letterature anglo-germaniche. Il cielo crepuscolare e l'umido suolo del Nord
sembrano più acconci a nutrire la delicata e strana pianta dell'Umorismo." (5)
Questa è un'opinione condivisa anche da Giorgio
Arcoleo, che evidenziò il ruolo fondamentale della Riforma Protestante e del Libero
Esame nello sviluppo di questa nuova mentalità; " Finalmente nella materia come
nello spirito sorge un nuovo mondo. E' un periodo di esultanza e al tempo stesso di
mestizia e di riflessione: ma si rivela con due tendenze spiccate, l'una presso le razze
germaniche, l'altra presso le latine: lì il Libero Esame o la Riforma: qui il culto della
bellezza e della forza, la Rinascenza. I contrasti si moltiplicano nelle istituzioni,
nelle leggi, nella letteratura.... Non è antitesi percepita dall' intelletto o intravista
dalla fantasia: non è lotta contro la natura umana, come nell'età di
mezzo; è dissonanza che stride in
tutte le sfere del pensiero e dell'azione: è il dissidio tra lo spirito nuovo e le forme
vecchie. In tale situazione il trionfo dell'uno o dell'altra ha influenza sulle
istituzioni, sulla scienza, sull'arte. Qui appunto va notata la differenza che spiega
in gran parte, perchè l'umorismo ebbe tanto sviluppo presso le prime, e riuscì quasi
nullo presso le seconde." (6)
Da allora una miriade di pensatori cercarono di analizzare e spiegare il fenomeno;
e tutti trovarono non pochi problemi nell'esprimere una definizione compiuta e
soddisfacente. Ognuno ha avanzato
ipotesi più o meno azzecate, ma all'interno di questa confusione babelica sul termine e
la natura degli umoristi, una cosa rimane evidente, ed è l'estremo interesse che la
problematica suscita. Un altro aspetto palese è la nuova sensibilità e capacità critica
di una cultura che porta l'uomo ad indagare sempre più nel profondo delle questioni,
conservando però una calma riflessiva ed un atteggiamento civile e tollerante. Il Pirandello, parlando nel suo saggio dell'essenza
dell'umorismo, notava argutamente: "La caratteristica, ad esempio, di quella tal
peculiar bonarietà o benevola indulgenza che scoprono alcuni nell'Umorismo, già definito
dal Richter: " Malinconia d'un animo superiore che giunge a divertirsi
finanche di ciò che lo rattrista." (7)
L'autore citato da Pirandello coniò parecchie definizioni dell'umorismo e
contribuì sicuramente a diffondere il prestigio di questo nuovo metodo nell'affrontare
l'analisi del reale. La descrizione migliore, secondo il suo modo di intenderlo, è
quella che riportò il Pirandello stesso nel suo saggio: "L'umore romantico è l'atteggiamento grave di chi compari il piccolo mondo finito con l'idea
infinita: ne risulta un riso filosofico che è misto di dolore e di grandezza. E' un
comico universale, pieno di tolleranza cioè e di simpatia per tutti coloro che
partecipando della nostra natura ecc. ecc.." (8). La nuova sensibilità romantica e
la tendenza ad affrontare la realtà in modo diverso e meno convenzionale risultano
evidenti in queste citazioni. Anche il Croce
rilevò, nel suo articolo sull'Umorismo le interpretazioni del Richter
: "Al Richter, com'è noto, risale la prima larga trattazione dell'umorismo, il quale
secondo lui, era il comico romantico, un sublime a rovescio, quella disposizione per cui
si cerca non più la stoltezza dell'individuo, ma la stoltezza del mondo." (9). Sigmund Freud nella sua opera (10) non tralasciò
il Richter e riportò queste sue frasi: "La libertà genera motti di spirito ed i
motti di spirito generano la libertà." e proseguì: "Profferire motti di
spirito significa semplicemente giocare con
le idee."
Dopo il periodo romantico, che ormai aveva digerito le varie conquiste
intellettuali del Rinascimento e dell'Illuminismo,
il mondo acquisisce un'inedita maturità e
scopre altre frontiere: ed in questa ennesima avventura anche l'umorismo gioca il suo
ruolo, come sottolinea indirettamente Domenico
Volpi che scrive: " Soprattutto
l'umorismo è una porta aperta verso "altre dimensioni" della realtà, la quale
non si ferma a ciò che è tangibile e
fruibile dai sensi, ma ha altri aspetti, può essere trasfigurato dalla fantasia, o
dall'umorismo. Vedere "l'altra faccia" delle cose è non farsi condizionare da
esse: superare la realtà immediata e conquistarne un'altra più profonda, da noi stessi
creata, è segno della libertà dello spirito. E' disponibilità dell'animo ad ogni dono o
sorpresa o scoperta gioiosa. E' un respiro più ampio. (11)
I.3 GEORGE
MIKES: NOTIZIE BIOGRAFICHE.
George Mikes nacque il 15 febbraio a
Siklós, un paese situato nell'Ungheria del sud. La famiglia era di origini ebraiche ed il
padre, avvocato, ne consentiva l'appartenenza alla classe dei professionisti, situata tra
l'aristocrazia e la classe dei lavoratori (contadini). Alfred Mikes era dotato di una
buona vena umoristica e si interessava di letteratura, non disdegnando l'hobby della
scrittura, doti che non mancheranno di influenzare il giovane George. La fanciullezza di
George fu spensierata, la sua educazione non eccesivamente severa, ma comunque ben curata;
egli stesso seguì infatti gli studi del fratello Tibor e della sorellastra, Hédy.
George restò orfano di padre all'età di dieci anni e due anni più tardi la
famiglia si trasferì a Budapest, dove la madre un anno dopo si unì in matrimonio col
fratello dell'ex-marito, che svolgeva l'attività di medico. George accettò di buon grado
la situazione, questo già a dimostrazione della sua serenità di spirito. Ecco come nella
sua autobiografia egli rievoca il fatto:
"My
very first reaction was to start crying bitterly and go on sobbing for a long time. It was
partly the shock, partly the effect of the tales of the Brothers Grimm. I had learnd from
those tales that people with step-fathers and step-mothers were the most miserable and
pitiable creatures on earth, so I felt very sorry for myself and Tibor. My second thought
was the peculiarity of my situation. I had never heard the expression: "deceased
wife's sister"- I only realised that Hédy my cousin was now to become my sister:
Dezso my uncle was now to become my father; and in a sense, my own mother by marrying my uncle, was to become my aunt. In Tibor alone could
I find reassurance, he seemed to be a rock in this sea of confusion, he was to remain my
brother. I need not have worried. Everything worked out well. Hédy and I fully accepted
each other as brother and sister from the very first moment to the last. I accepted my step-father, too." (12) |
La nuova famiglia non ebbe particolari problemi, grazie anche all'agiatezza della
situazione economica. La madre desiderava che il figlio diventasse egli stesso medico o
almeno avvocato, ma il piccolo George era di parere diverso ed aspirava invece ad
intraprendere la carriera giornalistica.
I risultati scolastici di George furono sempre soddisfacenti ed egli risultava
particolarmente brillante nelle materie letterarie, come del resto anche nelle
scientifiche. Finito gli studi liceali, ed ottenuta la maturità, George si iscrisse alla
facoltà di Legge ed iniziò contemporaneamente a frequentare la redazione di un giornale
locale: "A Reggel" (Il mattino.), l'equivalente dell'inglese
"Sundays". Negli anni a seguire George riuscì sia a diventare giornalista, sia
a laurearsi in legge (1934). Egli si interessava di vari argomenti, ma i suoi articoli
erano principalmente di critica teatrale, mondana e cinematografica. In questi anni
frequentava giornalisti, attori, intellettuali vari che si radunavano nei vari caffè di
Budapest e respirava un'aria dove il buon senso e, per meglio dire, il senso dell'umorismo
non mancava di certo: a questo proposito la
sua autobiografia è indicativa:
"The
joke was another speciality of Budapest. Jokes of course, were not invented there, not
even all the Budapest jokes. (I have written
a great deal about jokes and do not intend to repeat here what I have said before, but
during my previous researches I was struck by their ubiquitousness. The first appearance
of one joke was traced to the Paris Commune in 1871. It was resurrected in modern guise in
Hungary and Poland in 1945 and was being told in China in the late '70s.) Budapest prided
itself on its jokes, very often witty and to the point. But as Budapest regarded itself as
the City of Jokes, which had to respond with a joke to everything that happened...(Mikes
op. cit. pp.81). |
Il lavoro al giornale fu un tirocinio molto costruttivo, egli scrisse ogni genere
di articoli, con la sola eccezione di quelli sportivi e politici, che non mancheranno
invece nella sua produzione successiva.
All'epoca il periodo nazista non sembrava imminente e il giovane conduceva una vita
senza preoccupazioni. Cominciò a scrivere su una rivista di teatro e frequentava i soliti
amici giornalisti e attori. Poco tempo dopo la pressione nazista sull'Ungheria aumentò e
furono annunciate le prime leggi anti-ebraiche. Visto che George non aveva mai voluto
publicizzare il fatto di essere ebreo cominciò a maggior ragione a sentirsi in inbarazzo
e nel frattempo maturava l'idea di espatriare. Dapprima pensò di andare in Francia, poi
gli fu consigliato di recarsi in Inghilterra; e proprio la riuscì ad andare in qualità
di inviato di un paio di giornali di Budapest; avrebbe dovuto fermarsi una quindicina di
giorni per mandare notizie fresche da
Londra, ma in realtà non fece più ritorno, molto probabilmente anche a causa dello
scoppio della Seconda Guerra Mondiale. A Londra nonostante
i tempi non troppo felici e tranquilli, egli continuò ad avere una vita spensierata e
riuscì a diventare una grande giornalista e un
grande scrittore; proprio un individuo fortunato e felice, come egli stesso non tralasciò
di ammettere.
Per tutto il resto della sua vita egli visse a Londra, eccetto naturalmente i brevi
periodi, dedicati ai viaggi, trascorsi all'estero. Egli in un primo tempo continuò a
mandare articoli ai giornali di Budapest, poi successivamente riuscì ad impiegarsi presso
la B.B.C. (Sezione Ungherese.)
La Comunità Ungherese a Londra era cospicua e George viveva assieme ad altri
intellettuali ed artisti, frequentando persone destinate ad avere un buon successo nelle
rispettive carriere, come ad esempio Arthur Koestler, André Deutsch ed altri. La sua
attività di scrittore iniziò con dei libri che raccontavano storie di personaggi
coinvolti con gli incalzanti avvenimenti di guerra in Europa e non portavano neanche il
suo nome, ma erano spacciati per racconti autobiografici dei protagonisti. Di questo passo
George conobbe editori e scrittori vari ed iniziò a farsi strada nel mondo della
letteratura.
In questi anni Mikes si sposò, ebbe un figlio, Martin, e con altri amici fondò il
movimento degli Ungheresi Liberi di cui occupò varie cariche.
Alla fine della guerra, un suo libro, il lavoro di un reporter e non di uno
scrittore, come pensava lui, intitolato, We Were to Escape che raccontava
la storia di un capitano slavo scappato dalla Germania, ebbe un notevole successo e fu
venduto in un attimo. La recensione
del "Times Literary Supplement" diceva così: " There is a peculiar kind
of
Slav humour in this work, and all through this narrative it is more or less present. Even
without it, the story would be one of the best that has come out of the war... It is
something new in the way of escapes from P.O.W.
camps and is full of thrills and exiciting adventures with humour added, it has the light
touch that turns unpleasant and indeed horrifying experience into good reading. Even the
appalling monotony of camp life.... is presented in a comic light." (13)
Questa recensione fece capire a Mikes di avere buone possibilità di riuscita come
scrittore, egli infatti nella sua autobiografia scrisse:
"After
some heart-searching I was driven to the conclusion that I might as well attempt to write
something which would not cause me painful surprise to find described as humorous. One
phrase especially reverberated in my memory: "... the light touch that turns
unpleasant, indeed horrifying experience into good reading.". I sat down and told all
about my unpleasant, indeed horrifying, experiences among the English. The result was a
little book, called How To Be an Alien. (op.cit. pp. 162). |
Il piccolo libro ebbe grande fortuna, varie edizioni si susseguirono e gli editori
stranieri comprarono i diritti di pubblicazione. Questo diede a George Mikes una certa
stabilità economica e così nel 1951, cinque anni dopo la pubblicazione di How To Be an
Alien, lasciò
il suo lavoro
alla B.B.C.
Da allora, dopo essersi separato dalla prima moglie e sposato nuovamente, cominciò a girare il
mondo ed a scrivere libri, a cadenza quasi annuale, sulle sue nuove esperienze di vita nei
vari paesi del mondo. La sua produzione
letteraria quindi fu largamente influenzata dai suoi viaggi e soprattutto dal suo stile
umoristico. Mikes scrisse per quasi tutti i giornali inglesi e venne regolarmente invitato
ad esprimere le sue opinioni alla B.B.C. Nei primi anni cinquanta seguì proprio per la
B.B.C. la Rivoluzione in Ungheria, sulla quale scrisse anche un paio di libri.
Mikes conobbe parecchi uomini famosi, tra i quali figurano: Albert Einstein, Arthur
Koestler, Graham Green, J.B.Priestley ed altri; egli fu accettato nei Clubs più esclusivi
di Londra, questo a testimonianza che come voleva la madre egli era diventato un vero
"Gentleman" alla fine.
Negli ultimi anni della sua vita, Mikes non tralasciò di mettere a disposizione la
sua vasta esperienza ed abilità nel mondo della scuola e si prodigò quindi come preside
di un istituto.
Per gli ungheresi egli rimaneva l'uomo che era emigrato ed era diventato uno scrittore inglese, per gli
inglesi rimase
Mikes, l'Ungherese.
Egli scrisse sempre in modo brillante e divertente senza trascurare però di essere
acutamente critico e saggio, come risulta evidente dal brano conclusivo della sua
autobiografia:
"Unlike
Malcom Muggeridge, I do not look forward to death with eager anticipation. He hopes to get
to heaven but he may, of course, get the shock of his life-death by getting nowhere at
all. I do not expect to survive in any form or fashion and have no desire to do so. What a
horrible place this world would be if all the people ever born were still around. What a
burden it wuold be on the Ministries of Pension all over the world. Being born involves
the certanty of death. Only those countless millions, the unborn ones, are really safe.
They will not die, but neither can they have any fun. I think it is one of the beauties of
life that it is not eternal. It would be a frightful bore to go on and on and on, even in
reasonable health. Besides, I am used to being dead. Death is simple non-existence and we
are all used to non-existing. I did not exist in 500 b.C. or in 50,000 b.C. or in 1793.
Why should not existing in 2217 or 3117 be any different? Death is simply the end of the
story. If one is lucky, a good end to a pleasant story, for me, if I am lucky, it will be
simply the last anecdote." (op. cit. pp. 242-243). |
Infatti poco prima egli aveva asserito:
"Looking back at my life, it seems that it has been a long string of anecdotes."
Al tempo in cui scriveva
queste frasi, correva l'anno 1982, cinque
anni dopo, il 31 agosto, George Mikes moriva.
BOOKS BY
GEORGE MIKES.
THE EPIC OF LOFOTEN
|
1941 |
WE WERE TO ESCAPE
|
1945 |
HOW TO BE AN ALIEN
|
1946 |
HOW TO SCRAPE SKIES
|
1948 |
HOW TO BE AFFLUENT
|
? |
WISDOM FOR OTHERS
|
1950 |
MILK AND HONEY
|
1950 |
DOWN WITH EVERYBODY
|
1951 |
SHAKESPEARE AND MYSELF
|
1952 |
UBER ALLES
|
1953 |
EIGHT HUMORISTS
|
1954 |
LITTLE CABAGGES
|
955 |
ITALY FOR BEGINNERS
|
1956 |
THE HUNGARIAN REVOLUTION
|
1957 |
EAST IS EAST
|
1958 |
THE A.V.O. A STUDY IN INFAMY
|
1959 |
HOW TO BE INIMITABLE
|
1960 |
THE RICHES OF THE POOR
|
? |
SWITZERLAND
FOR BEGINNERS |
1962 |
PRISON (a
symposium edited by G. Mikes) |
1963 |
MORTAL
PASSION (a novel) |
1963 |
HOW TO
UNITE NATIONS |
1963 |
EUREKA:
RAMMAGING IN GREECE |
1965 |
TANGO: A SOLO ACROSS SOUTH AMERICA |
1966 |
THE DUKE OF BEDFORD'S BOOK OF SNOBS(main
author Bedford John Russel) |
1967 |
NOT BY SUN ALONE: A JAMAICA JOURNEY |
1967 |
BOOMERANG: AUSTRALIA REDISCOVERED |
1968 |
THE PROPHET MOTIVE: ISRAEL TODAY AND TOMORROW |
1969 |
THE LAND OF THE RISING YEN: JAPAN |
1970 |
HUMOUR IN MEMORIAM |
197O |
HOW TO RUN A STATELY HOME |
1971 |
ANY SOUVENIRS? CENTRAL EUROPE REVISITED |
1971 |
THE SPY WHO DIED OF BOREDOM |
1973 |
CHARLYE |
1976 |
HOW TO BE DECADENT |
1977 |
ENGLISH HUMOUR FOR BEGINNERS |
1980 |
TSI-TSA: THE BIOGRAPHY OF A CAT |
1981 |
HOW TO BE SEVENTY: AN AUTOBIOGRAPHY |
1982 |
ARTHUR KOESTLER: THE STORY OF A FRIENDSHIP |
1983 |
HOW TO BE POOR |
1983 |
HOW TO BE A GURU |
1984 |
HOW TO BE GOD |
1986 |
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|
I.4 EIGHT HUMORISTS. LE PRIME ANALISI SULL'UMORISMO.
George Mikes è un giornalista, un narratore, un attento testimone delle diverse
realtà che lo
circondano, ed essendo per di più un autore brillante costella tutta la sua opera
di considerazioni e riflessioni sull'umorismo.
Egli si ritiene solo un arguto osservatore, peraltro "molto saggio", come evidenzia nel corso dei suoi scritti (14), e non fa altro che cogliere tutti idiversi aspetti del mondo che ci circonda e li sottopone poi ad una spietata e rigorosa analisi attraverso le potenti lenti del suo raffinato microscopio intellettuale.
E' la realtà stessa che gli offre il materiale per le sue creazioni, egli si
limita a cogliere i lati paradossali e divertenti del mondo in cui viviamo, sempre in How
To Be a Guru egli riporta infatti:
"For a
long time I, as a beholder, was convinced that humour - as I have just pronounced - was in
my eyes. I could not help seeing everything around me as grotesque, funny, contradictory.
That was how and why I had been labelled as a humorist. I could not help it, that was my
destiny, the inevitable result of my genes and my early upbringing. Through no fault of my
own I reflected a distorted image of the world. Then slowly, very slowly, it dawned on me
that I was mistaken. I see the world as it is. It is the world that is grotesque, funny,
and paradoxical, not my view of it. It is the world that is distorted, not my vision. I am
a sober observer, objective and matter-of-fact. It is the world that is crazy." (pp.
11) |
Le deduzioni di Mikes sono le stesse di molti
altri illustri scrittori; Erasmo e Camus, Voltaire
e Twain la pensavano allo stesso modo ed Henry
Fielding nella sua prefazione a Joseph
Andrews scriveva: "And perhaps, there is one reason, why a comic writer
should of all others be the least excused for deviating from nature, since it may not be
always so easy for a serious poet to meet with the great and the admirable: but life every
where furnishes an accurate observer with the ridiculous." (15)
Mikes aveva iniziato ad esplorare l'umorismo con
una raccolta di saggi dal titolo Eight Humorists(16);
nella parte introduttiva del testo vi sono
alcune speculazioni letterarie di carattere piuttosto generale, ma egualmente
significative:
"By
trying to write a book of serious essays about humorists and thus - at least as far as
appearances are concerned - giving them the treatment usually allotted to more serious
writers, I have tried to do a service to my own literary class and - If I may say so -
first of all to myself." (pp.10) "A
humorist is a writer, like the rest. He may make superficial fun on manners, he may crack
jokes on the obvious or again he may be a serious and profound critic of society." (pp.11) |
L'opera è un'apologia dello scrittore
umorista e tende ad asserirne il valore, a volte sminuito da alcuni critici che
elargiscono i loro favori ad autori considerati più seri e nobili. Al tempo stesso Mikes
mette in luce alcune caratteristiche peculiari dell'umorismo: per esempio il suo piglio
intellettualistico:
"Great
tragedy is more emotional, and consequently less intellectual, than great humour." e
ancora: "Tears may be reckoned superior to laughter since tears cleanse us while
laughter makes us feel guilty." (pp. 12). |
Sembra emergere da queste affermazioni la natura inquisitoria, di giudice severo,
che pertiene all'umorista, intento a denunciare ed evidenziare i difetti del nostro
comportamento sociale e per questo a volte screditato, proprio perchè scomodo nei
confronti della falsa virtù e del vero vizio.
Mikes va già pian piano costruendo quella che è una vera e propria filosofia,
concernente tutte le tematiche fondamentali, dalla religione alla politica, dalla storia
alla sociologia, dalla psicologia all'economia. Già
in questo suo primo studio si chiede:
"What
is humour ? I don't know,.... Here it will suffice to say that essentially - at least for
me - it is no less and no more than the original Latin word denotes: flavour. It is simply
a special flavour, a way of looking at things." (pp. 13). |
Ciò implica l'idea di un attento osservatore che guarda, cerca di capire,
illustra, critica, ammonisce, spiega e racconta le assurdità della vita stessa e fa il
tutto con una certa soavità e con un brillante "fair play", consapevole che
nella nostra esistenza tutto è interrelato. Da
questa prospettiva egli si avvicina al pensiero del Nencioni
il quale considerava l'umorismo "Una naturale disposizione del cuore e della mente a osservare con simpatica indulgenza le contraddizioni e le
assurdità della vita." (17). Mikes continua:
"A
sense of humour is considered the flower of a noble soul. The man with a sense of humour
is supposed to be able to look at things with detachment and see the smallness in teh
great and the ludicrous in the magnificent. He is able to laugh at himself and this is
regarded as one of the supreme human qualities."(pp.14). |
Riscontriamo dopo queste affermazioni una
sorprendente analogia di opinioni con il già citato Richter che scriveva: "The observer of a
humorous situation must subjectively identify himself with the object of his laughter and
thereby the object of his laughter is himself as well, indeed all humanity, of which both
he and the object are a part...." (18).
Proseguendo nell'analisi ci si accorge
che non è del tutto semplice scoprire il vero significato della questione; per esempio il
Baldensperger
, ricordando anche le ricerche del Cazamian
edite nella Revue Germanique del
1906, sosteneva che l'umorismo sfuggiva alla
scienza per il grande numero delle sue variabili e affermava: " Il n'y a pas
d'humour, il n'y a que des humoristes." (19).
Dello stesso avviso troviamo un'altro illustre
studioso, il Croce che asseriva:
"Il critico letterario deve andare oltrequesteosservazioni generiche: deve
individualizzare. Per lui, non c'è l'umorismo, ma c'è Sterne, Richter, Heine..." (20).
Così anche Robert Escarpit (21) e quasi
tutti gli studiosi che hanno analizzato il fenomeno anche in tempi più recenti e sotto
altre angolazioni, come ad esempio il La Fave
(22) che conclude: "L'essenza dello humour attende ancora il suo scopritore.",
sono concordi
nella generale difficoltà di definire
lo Humour.
Dunque non è fuori luogo che anche Mikes non riesca a dare una definizione ed una
spiegazione assoluta all'umorismo. Egli scrive, con il suo caratteristico stile:
"The
first difficulty in the definition of humour was that people approached it from different
angles. Aristotle looked at it from an aesthetic point of view, Bergson as a philosopher
and Freud as a psychologist. It is the story of rain, all over again." (pp. 17) |
Per
capire il paragone bisogna considerare il seguente passo, riportato poco prima:
"And
now I should like to return to the question: what is humour ? Well, what is rain ? It is
something different for the meteorologist and the farmer; for the bank clerc it may be the
phenomenon which spoils his week-end, for the cinema owner it may be the phenomenon which
makes his week-end profitable.... One can also say that whatever different individuals may
have, rain is still rain, and scientific definition will lead to precise results. But this
is not true. There is nothing magic about the methods which claim to be scientific.
Different sciences may reach different results, even
when dealing with the very
same case. Legal insanity, for example, is vastly different from medical insanity.
Physicians may diagnose a man sick: judges may call him a criminal. Medically he may be an
invalid, but legally he will be hanged." (pp. 16-17) |
Da queste considerazioni ci rendiamo conto di come Mikes sia estremamente
pragmatico nell'affrontare la questione, è infatti questa una delle caratteristiche
fondamentali della sua vena letteraria che ci evidenzia come lo scrittore spiritoso sia
estremamente legato alla concretezza della visione .
Si tratta di un sano empirismo che riesce a mettere in rilievo, attraverso la
dialettica metaforica, la relatività delle considerazioni scientifiche, come del resto è
stato sottolineato da eminenti studiosi quali Thomas
Khun, Paul K. Feyerabend, Albert Einstein ecc. (23) e dimostra al tempo stesso la
fragile consistenza di quelle regole e convenzioni che regolano la nostra società e che
non sempre si rivelano degne di rispetto, perlomeno del rispetto dell'umorista che fonda
proprio la sua arte sul tentativo di demolire quanto di più ipocrita e instabile viene
forgiato dalla mente dell'essere umano.
In questa introduzione G. Mikes non tralascia di sferrare alcuni attacchi ad
eminenti pensatori: "I could summarise here all the leading
theories but I shall not do so. They have
been summarised often enough in excellent treatises (see, for instance, F.L. Lucas: Literature
and Psychology ) nor will I go into the various classification between humour and
wit; or into the categories of comedy, wit, joke, satire irony, mimicry - the last
subdivided into caricature, parody and travesty. There are also enlightening
classifications, they do everything except answer the basic question: what is humour
?" (pp. 17)
Egli prosegue sostenendo la sua tesi con varie metafore ed approda ad affermare,
quasi come il Croce, che il "problema
umorismo" è una questione filosofica, più che estetico-letteraria: "Of course,
the problem of humour is not a literary but a philosophical question." (pp. 17), dopo
di che elabora alcuni giudizi che suonano tutt'altro che superficiali:
"Philosophy
- if it is a science - is the king of all sciences: philosophers have taught us all the wisdom about everything under
the sun; they have raised a mighty monument of human knowledge but they have not yet
solved even the very first question they posed themselves thousands of years ago. In fact,
they have never solved anything. Whenever they have succeded in proving anything, other
philosophers have equally convincingly proved its opposite. They have not solved the
meaning of the universe and the aim of life; nor have they solved the question: what is
humour." (pp.17-18). e prosegue: "We do not need to know what humour is - in the
proper philosophical sense - to go on enjoying humour. Just as we don't have to know what
life is to go on living. (pp.
18). |
Se Eugenio Camerini scriveva: "Difficile è definire l'umorismo:
fu tentato invano da parecchi esteti: ma, come il moto fu da quell'antico provato col camminare, così noi spiegheremo
l'umore col dimostrare gli umoristi nel loro carattere essenziale e negli andamenti del
loro carattere. (24), Mikes con una fantastica capriola
retorica afferma la priorità dell'umorismo, cioè di quel "flavour" che
egli stesso non sa definire esattamente, ma che conosce a fondo e che sa costruire
linguisticamente al fine di ottenere l'effetto desiderato:
"I,
for one, am not certain at all that the Universe has meaning and the life has an aim: but
there is humour." (pp.
18). |
Di fatto, in mezzo a questo mare caotico di incertezze, solo una cosa sembra dotata
di metafisica solidità ed è proprio l'umorismo.
Un'altra certezza che sembra guadagnarsi un posto di tutto
rispetto nella concezione di Mikes è che il compito e la caratteristica di tutti
gli autori brillanti è quella di far ridere e di diffondere così il buon umore, egli
infatti scrive: "The one characteristic shared by humorists is that they make us
laugh - provided of course - that they do."(pp.15).
Si tratta di un'ulteriore e significativa constatazione, che oltre a ritrovare
riscontro in un passo del Krug (25), il quale
definiva appunto l'umorismo come: "una conformazione dello spirito a concepire e
rappresentare le cose in tal modo da mettere l'autore stesso e gli altri in buon umore;
rappresentazione che può avere molteplici sfumature, essere ora più seria, ora più
gaia, ora commovente, ora ridicola, avvicinarsi ora al sentimentale e ora al comico, ma
deve serbare sempre l'impronta della bonarietà, affinchè l'umore non diventi
malumore.", ci apre il campo a tutte le riflessioni sul riso e sul valore terapeutico
dello stesso e quindi per riflesso dell'umorismo in generale. Infatti senza che Mikes
conosca per esempio i moderni scritti di Moody.
o le affermazioni di Chapman e di Grecwald
(26) è chiaro come egli attribuisca un valore positivo all'elemento
"sorriso-riso"; ne abbiamo la conferma leggendo quanto segue:
"The
Old Testament says: "Even in laughter the heart is sorrowful; and the end of mirth is
heaviness:" But here the Old Testament is superficial. We are grateful to the man who
makes us laugh. Laughter is a cospiracy. We always laugh at somebody's expense, even if
that somebody is ourself. Tears purify, laughter makes us feel guilty. That is exactly why
we prefer laughter to tears. If someone makes us cry, he makes us aware of his
superiority. So we love laughter and dislike tears because we always prefer an accomplice
to a preacher. We always prefer sudden glory to lasting purity. I do, at least." (pp. 16) |
Nel passo riportato, a parte il giudizio sul Vecchio Testamento, che ci fa ricordare la nota avversione del
cristianesimo e di noti autori religiosi verso il riso, come bene evidenzia Ceccarelli nel suo saggio (27), Mikes
sottolinea l'importanza di saper ridere anche
di sé stessi, quindi è consapevole che ognuno di noi può essere loggetto del riso
che, al contrario delle lacrime purificatrici, ci fa sentire colpevoli. Dunque il riso
avrebbe il compito di accusare ed incolpare qualcuno, ma di quale reato ?
Come si sa si è sempre riso sin dai tempi più antichi di parecchie cose e
principalmente dei difetti e dei vizi dell'uomo, delle sue debolezze insomma, ma poichè
tali debolezze sono intrinseche al genere umano (Errare Umanum Est) Mikes non si sente di
infierire e di assumere il ruolo di implacabile accusatore ed ammonitore e perciò scrive
ed osserva in modo indulgente e simpatico, consapevole che la colpa è generale, e
probabilmente ciò non costituisce un reato, ma solo un'anomalia a cui bisogna cercare di
porre rimedio. Nel riso, perlomeno nel riso dell'umorista è implicita quindi una
compartecipazione alla colpa che permette l'instaurazione di un'intesa tra i ridenti, i
quali si pongono su uno stesso piano e socializzano. L'indulgenza tipica dell'umorismo è
condivisa da vari studiosi e possiamo spingerci oltre affermando che tale peculiarità è
da considerarsi basilare per spiegare il fenomeno . A tale proposito Umberto Eco scrive: L'umorismo non sarebbe
dunque didattico e moraleggiante come la satira, ma tenderebbe a inquadrare
complessivamente l'oggetto, temperando lo sdegno e la beffa nella benevolenza. Così
l'Umorismo diventa, oltre che uno strumento di costruzione narrativa e drammatica, anche
uno strumento di comprensione umana, un sussidio alla vita etica." (28)
Dunque , si cerca così di denunciare gli errori e le
debolezze del genere umano, ma senza infierire. In pratica gli individui ipoteticamente
superiori, che ridono delle manchevolezze altrui (29),
anche se impiegano mezzi arroganti, pieni di motti di spirito, e aggressivi, sono
in ogni caso intenzionati a far scaturire il "riso" o "sorriso" che
dir si voglia, al fine di creare una maggior solidarietà tra gli uomini e favorire così
una migliore e più pacifica convivenza. (30)
I.5 EIGHT HUMORISTS. MIKES E GLI ALTRI UMORISTI.
Analizzando ora ciò che Mikes scrive a proposito di alcuni artisti, che hanno in un modo o nell'altro a che fare con il mondo comico-umoristico, cercheremo di mettere ulteriormente in luce quelle che sono le sue posizioni di uomo e di scrittore nei confronti della tematica in questione.
Mikes non prende in considerazione
scrittori o artisti del passato; le sue
riflessioni riguardano i tempi e gli autori a
lui più vicini.
Il primo grande artista che egli
considera è Charles Chaplin, non solo un
grande clown, ma anche un grande pensatore,
filantropo ed eroe, come del resto è stato definito:
"Because
of his political views, he has been assailed on all
levels and from all angles: political, artistic and even moral. And - again because of his
political views - he has been acclaimed, by
the other side, not only as a great
clown but as a great thinker, philantropist and hero.
(ibid. pp.25) "This is the more surprising since Mr. Chaplin has no political views worth speaking of. First ofall,
instead of having political ideas, he is
merely possessed by certain emotions which
may be relevant also on a political plane. He
istinctively sides with the underdog and
revolts against authority and dignity.(pp.25) |
Ecco dunque che la grandezza
dell'artista Chaplin risulta essere istintiva
e proprio per questo più vera e sincera: ciò che viene interpretato come una filosofia
politica non è altro che una mera nobiltà
d'animo e di intelletto che lo portano a
schierarsi dalla parte dei più deboli ed a manifestare
nelle sue opere un atteggiamento di rivolta e di presa
in giro nei confronti dell'autorità: sono proprio queste caratteristiche d'azione che
suscitano il riso nei confronti dei
personaggi da lui ridicolizzati e un sentimento
di solidarietà per quelli invece perseguitati dalla
sfortuna e dalla società.
Le peculiarità di Mr. Chaplin sono senz'altro alla base di qualsiasi presa di posizione umoristica e mettono
in luce quelle che saranno le idee ed i
sentimenti di Mikes stesso, che, sebbene in
un'altra forma, esprimerà gli stessi contenuti.
"Mr.Chaplin
the subject of violent political controversy -
has, in fact, never expressed any political ideas...
He is an anarchist - certainly not a
confessed, probably even not a
conscious anarchist - but an anarchist all the
same. He has never attacked capitalism but he has
often shown that our whole social order is stupid,
wicked and even criminal; that tramps are worthier
people than the succesful climbers and murderers more honest than society at large; that this society is
not even worthy of a real fight; it
should be held in contempt and laughed at. (pp. 27) |
In queste osservazioni è chiaro che Mikes, analizzando la figura di Chaplin, non
fa altro che dare voce alle sue più sentite
convinzioni.
Al di là di come venga accettato l'umorismo anarchico di Chaplin, resta il fatto che questo grande artista
ha, forse più di ogni altro, interpretato
l'essenza della vita e dell'umorismo stesso
nel migliore dei modi, riuscendo a far ridere
tra le lacrime, e a sucitare un'estrema
simpatia nei
confronti
dei protagonisti dei suoi film. L'artista Chaplin, sempre
a detta di Mikes, con la sua opera sembra
incarnare al meglio la vera identità dell'umorismo; mescolando comicità ed
un sentimentalismo quasi patetico, dissacrando ciò
che non merita rispetto e suscitando la nostra solidarietà
verso i poveri, i deboli e gli indifesi egli inserisce
nella sua opera tutte le qualità necessarie e già individuate
per esempio dal Thackeray e dal Taine, dal Richter
e dal Shaftesbury, da Pirandello o dal Panzini per dar
vita ad una creazione che ha tutti gli ingredienti per
essere sublimamente umoristica.
Dunque Chaplin, mantenendo uno sguardo triste è riuscito a far ridere ed a divertire istruendo, è riuscito a
cogliere i lati tragici e comici
dell'esistenza sublimandoli in un'opera
artistica; egli è dunque un grande umorista ed un grande
clown (31), il più grande come Mikes conclude: "....
to remain the most ingenious of all clowns - the most
serious, thought-provoking and uproarious, the saddest
and most loveable clown who ever trod this globe.
(pp.36)
Come
Chaplin risultò essere un grande clown, così Stephen
Leacock (32), un professore universitario di economia, volle rimanere o meglio diventare un clown:
"He
was the professor who wished to remain - indeed, to become - a clown.... He thought it was
his duty to take himself seriously but never quite managed to do so. He never tried consciously to spread wisdom in
jocular form. He simply looked around in
his own world with his own eyes and described
things as he saw them (pp. 46) |
Mikes ribadisce ulteriormente
l'esistenza di un umorismo istintivo, innato,
senza regole precise,
frutto di un'osservazione della
realtà e dei suoi lati più divertenti.
Anche in questa analisi dunque egli non perde
l'occasione di far trapelare la sua
concezione più radicata:
"His
formula was that there was no formula, that life was confused, illogical and silly but
very amusing and worth living... His laughter was not cynical, nor sophisticated, it was
broad, loud and healthy... He didn't understand people but caught them in their
psychological negligée. He could not analyze, but he could draw a caricature. He could
not show us to ourselves - but he could show us up. (pp.47) |
In questo caso ci troviamo di fronte un
umorista più disincantato, integrato psicologicamente
nell'ambiente in cui vive. I suoi scritti non sono una spietata analisi della
società, e tuttavia egli rivela una grande ironia, ma soprattutto uno spiccato
gusto del "nonsense", tutti elementi che sono in ogni caso garanzia di Umorismo
anche se possono far assumere al suo pensiero un aspetto contraddittorio:
"He
was a revolutionary of a very mild brand - a revolutionary who detested revolution... He
was a conservative and while rejecting the rights of a hereditary class, he accepted the
rights of a propertied class... He was a republican who genuinely approved of the
monarchy.(pp.50) |
Dunque se, come affermava Pirandello, "l'umorismo è il sentimento del
contrario", Leakock deve essere senz'altro un'umorista: la sua fù più un'arte di
evasione che mirava a divertire divertendosi. In ogni caso le sue creazioni sono degne di
nota e raggiungono un livello considerevole:
"As a
humorist, S. Leacock relied on his sense of nonsense (the one being a sub-division of the
other) and was greatly fortified by an excellent sense of parody... His general and basic
technique was exaggeration.(pp.50) "Humour
- its essence, its nature - always excited and interested him. He wrote an essay on it for
the E.B. He kept returning to the subject but could not enlighten himself on the mystery
of his own practice....Humour can flourish in an happy world only - this was Leacock's
thesis. To him, humour was only a symptom of happiness; I believe it may be the cause of
it. He refused to accept the theory that humour could create happiness and make things
look and, in fact, be less dark.(pp. 59) |
Leacock dunque non si dimostrò un
grande teorico dell'umorismo: "His theory was dead: his humour was alive." Nonostante ciò riuscì a creare opere
veramente brillanti e divertenti. Leacock aveva una visione del mondo felice e
disincantata e rifiutò l'idea che l'umorismo potesse in qualche modo alleviare i dolori
della vita; credeva che si potesse scherzare solo a proposito di cose divertenti e non di
cose gravi e serie, anche se poi nella pratica si smentì in più di una occasione.
Mikes prende quindi lo spunto dall'ideologia di Leacock per puntualizzare che non
vi sono speciali argomenti per lo " Humour ", ma:
"Surely,
if the Humorist is of any use to society, his function is not to be the funnier than his
neighbour about funny things. He is to see the lighter side of serious, dark and even
tragic things.... a humorist is - per definition - a person who sees the light side of
darkness. |
Si evidenzia in questo saggio proprio
la dicotomia tra la teoria e la pratica dello " Humour " presente in questo autore, ciò lascia presagire
che al contrario nell'opera di Mikes sarà oltremodo evidente una grande coerenza tra il
pensiero teorico e la realizzazione concreta dell'umorismo.
Un'altro che gode dell'ammirazione di Mikes è James Thurber (34), un'autore
caratterizzato da un grande realismo che gli consente quindi di diventare un grande
umorista:
"He
sees the weak edge of grandeur: the silly edge of magnificence: and the shadow of
greatness in the erring, tottering, small men. And he sees the vanity of all things, a
futility behind all our efforts, dreams and high-sounding oratory. Often he expresses this
feelings in the tone of light jocularity....(pp. 110) |
James Thurber è estremamente conscio
della tragicità dell'esistenza e delle sue innumerevoli contraddizioni; proprio per
questa sua sensibilità e per la sua grande capacità di mantenere una sana e spensierata
visione del mondo egli è da considerare un'umorista:
"The
Thurber constant consists of a great deal of optimism and faith and, however much
disappointment, despair, and feeling of final futility is mingled in his philosophy,
basically he is a cheerful optimist.(pp. 111) |
Egli è dunque in grado di vedere e
mostrare il lato positivo e quindi meno drammatico della realtà: una realtà che è
l'unione di forze tragiche e comiche la cui somma non
può non dare che una risultante umoristica. Egli è uno spietato osservatore e come tale diventa
obbligatoriamente un profondo critico della
società, non tralasciando però di occuparsi
delle cose di più scarso rilievo:
"Thumber
is occupied with the small events of our everyday lives.... the silliest statements are
seriously examined and analysed.... It is Thurber's own way of looking at things: not
taking even the most tragic or disastrous events too seriously but treating, at the same
time, even the most nonsensical event and most idiotic statement with respect and
curiosity. (pp.117) |
James Thurber non fu solo uno scrittore, con la sua abilità egli diede anche un
notevole contributo al mondo del disegno e della caricatura; per Mikes egli è la
personificazione della grandezza umana e considerando che Thurber riusciva a scherzare
perfino sulla propria cecità, non possiamo non condividere il suo parere:
"He
does not complain about his loss; he complains about a gain: His failing eye-sight meant
that his ear had become much too sensitive: "Even the sound of a wrist watch prevents
me from sleeping, because it sounds like two men trying to take a wheel off a locomotive.
If I put stoppers in my ears, the racket is deadned somewhat, than the ticking is fainter
and farther away, a comparatively peaceful sound, like two men trying to take a rug away
from a bulldog. (pp.114)
|
La stima di Mikes per Thurber è palese, infatti egli lo considera uno degli
umoristi più seri e più bravi nel far scaturire il
riso; tuttavia, per rimanere coerente alla sua linea di franca schiettezza, egli
non evita di far notare anche i limiti dell'autore in questione, per concludere poi con un
ulteriore elogio della sua opera:
"The
early Thurber was a gay reporter on life in general; the late Thurber is a critic of it.
It has been said of him that "he has a firm grasp on confusion", if it is the
philosopher's aim to discover a higher and better inner order where other people see only
apparently unconnected phenomena, it may well be the humorist's task to see a higher and
inner disorder in things where others see only system and orderliness.(pp.118) |
Ribadendo un concetto, già espresso
tra le altre cose in precedenza, sull'incongruità e la confusione, Mikes si avvicina
notevolmente al pensiero espresso dal
Pirandello che sottolineava appunto: "
Di qui, nell'umorismo, tutta quella ricerca dei particolari più intimi e minuti, che
possono parer volgari e triviali se si raffrontano con le sintesi idealizzatrici dell'arte
in genere, e quella ricerca dei contrasti e delle contraddizioni, su cui l'opera si fonda,
in opposizione alla coerenza cercata dagli altri; di qui quel che di scomposto, di
slegato, di capriccioso, tutte quelle digressioni che si notano nell'opera umoristica, in
opposizione al congegno ordinato, alla composizione dell'opera d'arte in genere."
(35)
E' il turno di Evelyn Waugh (36), considerato da alcuni un genio comico, uno dei
migliori autori del '900. La sua maturazione incide notevolmente
sulla sua produzione letteraria e, a detta di Mikes, molti critici, abituati a ridere con
i suoi scritti, si dimostrarono annoiati dell'evoluzione della sua vena creativa, quando
questa cessò di essere così divertente:
"There
are three more or less distinct phases in Mr. E. Waugh's development. The first was the
era of lighthearted slapstick, Puckish humour; then his humour became blended with a
misanthropic streak and increased in bitterness; finally a new theme appeared , the Search
- the vain Search - for Goodness. (pp. 132-133) |
In questo saggio Mikes non mette in risalto alcun aspetto umoristico dell'opera di
Waugh, al contrario evidenzia la sua devozione cattolica e la sua inclinazione satirica:
"He is
a powerful satirist but only a mediocre missionary. In his capacity of missionary he
endeavours to convince and finally to convert one single person - himself; as a satirist
he does not intend either to amuse or to improve us by making us laugh at ourselves. He
seeks to awaken shame in us. (pp. 142) |
Questo
è dovuto soprattutto al fatto che Mikes non gradisce molto l'umorismo macabro in
generale:
"But a
man who cannot think of anything funnier when he is in the mood for humour than rotting
corpses or cancer and tries to turn that into a joke is not a born humorist but a born
bore..... You can laugh even at death and cancer in certain circumstances; but death and
cancer are not funny per sè. And anybody who thinks they are is not a man with an
exquisite sense of humour but a neurotic trying to be funny. (pp. 109) |
Di conseguenza non apprezza tantomeno lo stile narrativo adottato da Waugh nel suo
libro più divertente The Loved One:
"I
found that nauseating. Perhaps the fault is mine; I may be too squeamish, and although, as
a rule, I find myself impatient with people who protest that this or that theme is not
proper for humour, I find that corpses of children are not pre-eminently siutable subjects
for light-hearted jocularity. (pp. 136) |
In ogni caso Mikes considera E. Waugh uno dei
più grandi maestri della prosa inglese, un grande osservatore
ed un grande genio nel costruire e strutturare i suoi racconti.
Per esempio The Loved One, nell'ottica di Mikes, non è solo una satira sui riti
funerari della California del Sud:
"I
have read into it a satire on a declining, half-mad civilisation which has lost its values
and has replaced them by empty and meaningless conventions (pp.137) |
Concludendo Waugh per Mikes risulta
più un autore satirico che non un fine umorista; anche se poi in un suo successivo libro,
e precisamente Humour in Memoriam del 1970, parlando dei jokes inerenti alla morte
affermerà: " One of the humorous masterpieces of the century, Evelin Waugh's The
Loved One, is about Californian funeral rites and habits."(pp.27)
Diverso è il discorso per quanto
riguarda R.P.G. Wodehouse (37) definito da Mikes il "Court jester to the upper
classes".
"He
pictures the upper middle class and the aristocracy as they wish to see themselves; stupid
but honest; foolish, extravagant, ascetically abstaining from work, and drinking too much,
but hospitable, generous, truthful and clean-living.(pp. 153) |
Mikes riconosce l'abilità letteraria
di Wodehouse e il suo particolare senso dell'umorismo; il sapiente uso dell'understatement
e dell'overstatement applicati a frasi dal contenuto assurdo ed irrilevante.
L'umorismo di Wodehouse è del tutto particolare; egli non scherza mai su soggetti seri ed importanti; il suo
campo d'azione è al contrario solare e
divertente, allegro e spensierato. Ugualmente
inesistenti sono i riferimenti alle problematiche
sociali e politiche e questo nell'ottica di Mikes
è sostanzialmente una carenza:
"But
Mr. Wodehouse would not dream of making fun of really, important subject - such as
religion, for example - (pp. 158) e più oltre: "He never makes jokes on serious
subjects" (pp. 159) e ancora: "The problem his heroes have to face are not
world-shaking or methaphisical problems." (pp. 162) |
Mikes considera Wodehouse un'artista "snob" e sostanzialmente da un'immagine della sua arte tutto sommato
mediocre anche se non tralascia di rilevare che i suoi romanzi sono caratterizzati da una
grande abilità architetturale. Sempre per Mikes egli è un maestro nel creare tipiche
situazioni da farsa e le sue invenzioni migliori sono gli idioti che egli sa
ritrarre nel migliore dei modi e in una vasta gamma , grazie alla sua "felicity of
phrase." Leggendo il testo si avverte comunque una forte simpatia nei confronti
dell'autore; infatti Mikes ha sempre considerato positivamente l'umorismo di tipo
"nonsensical" e Wodehouse in fin dei conti ne è un abile cultore:
"He
does not describe the world as he sees it; he creates a world of his own and populates it
with people of his own imagination. Not a world as it is to his mind; but a world which
would be funny if it existed.(pp.158) He cannot be spiteful; he has no hatred in his
heart. He refuses to notice any ugliness in this world..... He is the escapist, who
actually does escape. (pp.
161). |
Si tratta dunque di un autore estremamente originale e prolifico, che suscita in
ogni caso un motivato interesse. I suoi personaggi sono figure semplici e stereotipate ed
egli cogliendo i lati più reconditi della loro psicologia riesce a creare delle
macchiette strabilianti. Wodehouse
è in fondo un autore evasivo che detesta i lati negativi del mondo e purtroppo non fa
nulla per cercare di migliorarli, come conclude Mikes è insomma contento di essere uno di
quegli umoristi "who do not wish to be taken seriously." (pp.
162)
Mikes analizza poi altre forme di umorismo, vale a dire quello generato da un
famoso fumetto e da un famoso giornale. Per quanto riguarda il fumetto, egli scrive:
"Li'l
Abner, the best of them, although wildly overestimated by many, is drawn and written by an
able satirist.... But the form in which his ability gains expression remains, even in his
hands, ugly, unaesthetic and repulsive....(pp. 77) |
Mikes non sembra evidentemente
attribuire molta importanza a questa forma di letteratura e conclude piuttosto rapidamente
asserendo: "Mr Steinbeck may be right. Literature
began with comic strips; if we are not careful may also end with them."
Passando al "Punch" tiene a
precisare che, al di là del valore letterario di questo giornale o delle altre opere da
lui considerate, siamo comunque di fronte a fenomeni sociali degni di nota, anche se si
possono esprimere forti riserve sul loro valore artistico.
"The
fact remains that Punch, for simply having achieved the not unconsiderable feat of
staying alive for well over a century, has become the Official representative of British
and Imperial Humour. If you do not enjoy Punch, you have no sense of humour - so you do
enjoy it, whatever the sacrifice. (pp. 88)
|
Per Mikes dunque, anche in questo caso, non siamo in presenza di un buon umorismo;
il Punch rappresenta la tradizione, ma la sua longevità non è sinonimo di saggezza, al
contrario il settimanale pare sia andato degradandosi col tempo.
"When
Punch first appeared it was the "enfant terrible"
of British journalism. It fought against injustice of every kind.... Punch was not only
admired but feared; it was not only a mild entertainer but a social force.... Punch today
follows public opinion - or the richest section of it - like a well-trained, obedient and
absolutely house-clean little dog, but it never barks aloud." (pp. 90)
|
Criticando lo stile umoristico dei "Punch", l'autore evidenzia quindi la sua ottica sul ruolo
dell'umorismo e degli umoristi; il loro compito è quello di individuare l'ingiustizia e
denunciarla, di rappresentarla in modo comico e satirico al fine di favorire la critica e
la discussione; la loro missione è quella di provocare la società e favorire una maggior
sensibilizzazione.
Quando invece si prendono di mira, accettandole, situazioni già approvate e
consolidate e si cerca solo di compiacere le classi più agiate, non si conclude altro che
fare dell'inutile e sterile umorismo.
La
trasformazione del Punch, che poco piace all'autore, è
confermata da Harold Nicolson che al contrario ne pare soddisfatto, poichè
scrive: "I shall exclude from my analysis the period between 1841 and 1860, since
during the first nineteen years of its existence Punch was a satirical publication which
devoted its space to attacks upon the existing order, the propertied classes, the Catholic
Church and the Royal Family." Questo è probabilmente dovuto al fatto
che il critico, parlando del senso dell'umorismo, non vuole applicare le sue speculazioni
al campo satirico; sta di fatto che il Punch ha scoperto negli ultimi tempi: "that it
would prove more profitable to comfort the burgeois than to insult them." (38)
Questa inversione di rotta non trova il consenso di Mikes che vede l'umorismo come
uno strumento più critico e graffiante; paragonando il Punch al New Yorker egli ribadisce
ulteriormente la sua opinione:
"The
New Yorker is incomparably more interesting,
witty and informative. The New Yorker is the voice of liberation, Punch is the voice of a
ghost from the 19th century. The New Yorker is a serious paper which talks of important
issues in a lively and lighthearted tone; Punch is a respectable country gentleman,
cracking ancient jokes. (op.
cit. pp. 100) |
Il settimanale americano, più moderno
e progressista, in questo caso assume maggiori
potenzialità critiche ed espressive rispetto al conservatore Punch,
organo di una nazione più statica e conservatrice.
Matthew Hodgart esprimerà lo stesso
parere e considerando di pessima forma lo stile del Punch, elargirà il suo consenso al più illuminato New Yorker (39).
Viene
dunque confermato quanto disse J.B. Priestley: " The greatest weakness of his humour has
always been its lack of ideas and what we
must call for want of a better word- its snobbery." (40)
Anche nell'Umorismo vi sono dunque vari atteggiamenti e Mikes senza dubbio è a favore di quelli più critici e progressisti.
(1) I quattro "Umori"
corrispondevano ai quattro elementi della natura, secondo la concezione tolemaica dell'universo; abbiamo così il seguente schema:
Bile gialla (choler) =
fuoco
Bile nera (melancholy) = terra
Sangue (blood)
= aria
Flegma (phlegm) =
acqua
(2)
"Wealth, liberty and varied weather produce a brilliant crop: health, courage,
beauty, genius, goodness of nature
and among all these, humour." (Voce "Humour" dell'Enciclopedia Britannica. 1962.)
(3) "Spectator",
numero del 10 aprile 1710, cfr. Addison
Works (ed. di Londra 1721) II, pp. 474-477. Citato in Croce B.
"L'umorismo", in Problemi di Estetica e Contributi alla Storia dell'Estetica
Italiana. Laterza, Bari 1923.
(4)
Humour: see Fluid - see Wit. riportato in Escarpit R. L'humour.
Presses Universitaires de France, Paris 1960.
(5)Nencioni, E. "L'umorismo e
gli umoristi." articolo
apparso sulla rivista La Nuova Antologia (1884) cit. in Pirandello L. L'Umorismo
(1909) A.M.E. Milano, 1986 (pp. 29-34).
(6) Arcoleo G. "L'umorismo
nell'arte moderna." contenuto in
Due conferenze al Circolo Filologico di Napoli. Detken Ed. Napoli 1885. (cit. in
Pirandello op. cit.,pp.36).
(7) Pirandello, op. cit. pp. 130. (
L'autore in questione è J.P.Richter
che scrisse un trattato di estetica, Vorschule der Aesthetik. Amburgo 1804, e si
ispirò forse, per alcune delle sue opinioni, a Giordano Bruno che aveva adottato per sè
il motto: "In tristitia hilaris, in hilaritate tristis."
(8) (Pirandello, L. op. cit. pp. 130)
(9) (Croce, B. op. cit. pp. 282)
(10) Freud, S. Il motto di spirito.
(pp. 45) Newton Compton
Ed., Roma 1976. (tit. orig. Der
witz und seine beziehung zum unbewusstein. 1905).
(11) Volpi, D. Didattica
dell'umorismo. (pp. 41) La Scuola Editrice, brescia 1983.
(12)
Mikes, G. How to be seventy. André Deutsch,
London 1982.
(13)
Mikes, G. (op. cit. pp 161-162).
(14)
"I am a very wise man. Not terribly intelligent, highly educated or brilliantly
clever, but very wise." Si legge nel suo libro How To Be a
Guru. (pp. 1) How
To Be a Guru. André Deutsch,
London 1984.
(15) Fielding, H. Joseph Andrews. Penguin Classics. London, 1985. (ed.
org. 1742) (pp. 26).
(16)
Mikes, G. Eight Humorists. Allan Wingate. London, 1954. I
personaggi analizzati da Mikes nel libro sono: Charles Chaplin, Stephen Leacock, Li'l
Abner, Evelyn Waugh, P.G.Wodehouse e il giornale "Punch."
(17) (citato in Pirandello, cfr. nota 5)
(18)
Dall'articolo sull'Umorismo riportato nell'Enciclopedia Britannica. 1962.
(19)
Baldensperger, F. "Les Definitions de l'Humour." In Etudes d'histoire
littéraire. Hachette,
Paris 1962. (riportato in Pirandello op. cit.
pp. 133)
(20) (Croce, B. op. cit. pp. 287)
(21) Escarpit, R. L'Humour. Presses
Universitaires de France,
Paris 1960.
(22) La Fave, L. in "Valutazioni
di Humour come Funzione dei Gruppi di Riferimento e delle Classi di Identificazione. In
La Psicologia dello Humour. a cura di Goldstein and McGhee 1972. (trad. italiana,
Angeli, Milano 1976.)
(23) Ci si riferisce qui ai seguenti
lavori: Thomas Kuhn, La Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche. Torino 1978(I
ed.1962); Paul K. Feyerabend, Contro il Metodo, Milano 1979 (I ed. 1975); Albert
Einstein, Come Io Vedo il Mondo. La Teoria della Relatività. Newton Compton Editori, Bologna
1975.
(24)
Camerini, E. Gli Umoristi. Daelli, Milano 1865 (riportato in Croce op. cit. pp. 285)
(25) W.J.Krug.
Allg. Handworterbuch d.philos. Wissenschaften Lipsia
1827. (cit. in Croce.
cfr. nota 3)
(26) La constatazione che l'umorismo
possa in qualche modo contribuire a vistosi miglioramenti
della salute in soggetti afflitti da determinate patologie è condivisa sia da
psichiatri e psicologi quali appunto Anthony Chapman e H. Grecwald (citati in: LaDidattica
dell'Umorismo. di Domenico Volpi La
Scuola Ed. Brescia 1983) sia da altri terapeuti come ad esempio Moody R.A.jr che ha sostenuto le sue tesi nel libro
Il Riso Fà Buon Sangue. Mondadori, Milano 1979. (Ampliare)
(27) Ceccarelli, F. Sorriso e Riso.
Saggio di antropologia biosociale. Einaudi, Torino 1988
(28) Eco, U.
Articolo sull'Umorismo in il Grande
Dizionario Utet. Torino 1973
(29) Il concetto di
superiorità non a caso richiamato a tale punto, è inerente ad una teoria sul
riso elaborata da Thomas Hobbes. Per il filosofo il riso scaturirebbe dalla improvvisa percezione di qualche superiorità in noi stessi, a
paragone con la debolezza altrui o con la
nostra precedente. (Human Nature
IX, 13. in The English Work of T. Hobbes, II vol.
London, 1839-45. riportato in Cecarelli op. cit.)
(30) Ci si riferisce per queste considerazioni al testo di F. Ceccarelli (cfr. nota 18) nel quale sono ampiamente messe in rilievo le
caratteristiche sociative e coesive dei messaggi comunicativi che pertengono al
sorriso-riso, (pp.77, 232, 259, ecc.) e quindi necesariamente anche all'umorismo.
(31) Interessante a questo proposito è
la seguente citazione riportata nell'Enciclopedia dell'Umorismo. a cura di G. Guasta Omnia
Ed. Milano 1964 che recita: "Per me il solo, l'unico che meriti la qualifica di
umorista è il clown. di M. Baroni.
(pp. 26)
(32) Sthephen Butler Leacock nacque a Swanmoor, Hampshire, nel 1869, terzo di undici figli; ma ben presto si ritrovò a vivere in Canada, nell'Ontario, dove la famiglia era emigrata. Gli affari non andavano molto bene ed il lavoro nella tenuta terriera non rendeva; il padre decise allora di seguire uno zio e se ne andò verso il West, non facendo più ritorno. La vita non fù semplice in questo periodo,comunque, grazie ad una piccola rendita che la madre ricevette dalla Inghilterra, la numerosa famiglia riuscì a tirare avanti. Stephen frequentò l'Upper Canada College e dopo aver conseguito il diploma divenne un insegnante della Uxbridge High School; egli odiava il suo lavoro e a trent'anni, grazie ad un prestito, si recò a Chicago per studiare economia e scienze politiche. Presa la laurea egli entrò nell'ateneo, dove nel 1908 assunse la direzione del dipartimento di scienze economiche. La sua carriera letteraria iniziò con la pubblicazione a proprie spese di brevi saggi umoristici, raccolti poi in un volume dal titolo Literary Lapses (1910). Una volta conosciuto dal mondo editoriale, egli publicò dal 1910 al 1944 almeno un libro all'anno, riscuotendo notevole successo. S. Leacock morì a 75 anni. Tra i suoi libri ricordiamo: Nonsense Novels del 1911, Behind the Beyond del 1913, The Garden of Folly del 1924, Mark Twain del '32, Charles Dickens del '33, Funny Pieces del '36 e How to Write del '43.
(33) (Pirandello, L. op. cit. pp. 135)
(34)
James Grover Thurber nacque nel dicembre del 1984 a
Columbus nell'Ohio, secondo di tre figli. Il padre Charles era un abile uomo
d'affari ed un membro dell'amministrazione locale. James iniziò a scrivere ed a disegnare
molto presto tra i dieci ed i quattordici anni, frequentò la Ohio State University ma non
riuscì a terminare gli studi. Negli anni venti lavorò come impiegato a Washington ed a
Parigi, divenne poi giornalista del Dispatch di Columbus ed infine Managing Editor del New
Yorker. Nel 1951 egli fu nominato dottore in Letteratura (ad honorem) al Williams College
a Williamstown. Tra i suoi
libri ricordiamo: Is Sex Necessary del 1929, The Owl in the Attic del 1931, My Life and
Hard Times del '33, Men,Women and Dogs del '44 e The Thurber Album del 1952.
(35) (Pirandello, L. op. cit. pp. 167)
(36) Evelyn Arthur St. John Waugh
nacque a Londra nell'ottobre del 1903. Il padre Arthur era un noto saggista e critico
letterario, oltre che direttore di una casa editrice. Evelyn frequentò la Lancing School
e poi l'Oxford University. Egli desiderava diventare un pittore, ma al contrario esercitò
la professione di insegnante e poi quella di giornalista al Daily Express. Allo scoppio
della guerra Waugh fu arruolato nella Royal Navy e più tardi andò
volontario nei Commandos. Il suo primo libro pubblicato fu una biografia di Rossetti,
seguì Decline and Fall sempre del 1928 che gli procurò un immediato e ben meritato
successo. Negli ultimi anni della sua vita visse sempre più ritirato , morì nel 1966.
Tra le sue opere ricordiamo: Black Mischief del '32, Put Out More Flags del '42, the Loved
One del '48, Helena del '50, Men at Arms del '52, Love Among the Ruins del '53.
(37) Pelham Granville Wodehouse nacque
a Guildford nel 1880 da una famiglia borghese e fu educato nel College di Dulvich.
Terminati gli studi, lavorò prima come impiegato in una banca e poi dal 1903 come
giornalista e collaboratore di vari giornali comici, per dedicarsi infine all'attività di
romanziere. Visitò gli Stati Uniti nel 1904, poi ritornò in Inghilterra, e dopo lo
scoppio della I° Guerra Mondiale si stabilì quasi definitivamente oltreoceano.
Tra il 1910 ed il 1940 egli ha
pubblicato circa due nuovi libri ogni anno;
sempre nel 1940 egli fù catturato dai tedeschi e per alcune sue trasmissioni radiofoniche
alla radio tedesca fù anche accusato dalla nazione inglese di aver collaborato con il
nemico e di essere un nazista; tesi che verrà poi rifiutata da vari intellettuali, tra i
quali George Orwell ed il nostro Mikes.
Tra
le sue molteplici opere ricordiamo: A Good Bet del 1904, Love Among the Chickens del 1906,
Enter Psmith del 1909, Psmith: the Journalist del 1915, Very Good, Jeeves del '30, Thank
You, Jeeves del 34, Nothing Serious del 50, e Pigs Have Wings.
(38)
Harold Nicolson. The English Sense of Humour. Constable and Company Ltd. London
1956 (pp.48-49)
(39)
Hodgart, M. La Satira. Il Saggiatore. Mondadori, Milano 1969.(pp. 118) (tit. orig. The Satire.
1969)
(40)
Priestley, J.B. English Humour
Longmans, Green and Company, London, New York, Toronto, 1929. (pp. 57)
Bibliografia Indice Capitolo II° Capitolo III° G. Mikes C.W. Brown Sommario
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